Né con Saviano né con la Meloni – di Domenico Delle Foglie

Né con Saviano né con la Meloni – di Domenico Delle Foglie

(pubblicato su www.politicainsieme.com)

Né con Saviano né con Meloni.  Dopo aver ascoltato a Rai radio 1 l’accorata richiesta di schierarsi a fianco di Roberto Saviano nella difesa del suo diritto di dare della “bastarda” a Giorgia Meloni, mi è venuto naturale pensare che vada difeso il sacrosanto diritto di non schierarsi. Non di lavarsi le mani, anzi. Ma di non partecipare a questo ennesimo duello politico-mediatico.  E pure giudiziario. Soprattutto in una vicenda dai contorni opachi, giunta ora in un’aula di tribunale, a causa della querela per diffamazione sporta dall’attuale premier contro l’autore di Gomorra e dalla recente costituzione di parte civile del vicepremier Matteo Salvini.

L’antefatto: nel 2020, nel corso di una puntata di Piazza Pulita(La7), lo scrittore definì “bastardi” Meloni e Salvini, a quel tempo semplici parlamentari. L’epiteto fu scagliato dopo che, in trasmissione, era stato mostrato un video con l’intervista a una donna migrante il cui figlio di sei mesi era morto in mare, in seguito al ribaltamento della barca su cui stavano viaggiando, nel tentativo di raggiungere l’Italia.  Per la precisione, riportiamo la frase integrale pronunciata da Saviano: “Vi sarà tornato alla mente tutto il ciarpame sulle Ong: taxi del mare, crociere. Mi viene solo da dire ‘bastardi’ a Meloni, a Salvini: bastardi. Come avete potuto? Come è stato possibile descrivere così tutto questo dolore?”.

Ora, è del tutto evidente che si è trattato di un sfogo dettato dall’emozione. Sopra le righe? Forse. Discutibile? Può darsi. Adeguato? Chi può dirlo. Lo scrittore avrebbe potuto essere altrettanto efficace utilizzando altre parole? Non possiamo saperlo. Forse molti di noi avrebbero preferito dire che Meloni e Salvini erano stati semplicemente “disumani” . Ma avremmo colpito con altrettanta violenza verbale gli spettatori di una tv sempre più bellicosa e aggressiva, votata allo scontro più che al dialogo? Certo, oggi non staremmo qui a scriverne e a parlarne. E soprattutto non ci verrebbe offerta un’ulteriore occasione per dividerci.

Ecco, di tutto questo avremmo fatto sinceramente a meno. Compreso lo schierarsi di tanti conduttori della Rai a favore di Saviano e delle parole da lui pronunciate a sua difesa al termine della prima udienza. Ovvero, della libertà dello scrittore e dell’intellettuale di utilizzare parole anche offensive (“per quanto dure esse possano essere”), per condannare il comportamento di un politico. E soprattutto il suo diritto a non incorrere nel giudizio di un tribunale. Tesi a dire il vero bizzarra perché pretende un salvacondotto riservato agli scrittori. E perché no ai giornalisti o agli stessi politici?

In ogni caso, la Premier farebbe bene a ritirare la querela (dando seguito alle intenzioni espresse dal suo avvocato) , così evitando che uno scrittore di indiscutibile successo possa continuare a presentarsi come una vittima dello strapotere politico. E’ nel suo interesse perché non può e non deve avvalorare l’immagine del potere che perseguita i propri avversari, sia pure in un’aula di tribunale.  E magari si rassegni all’idea che quello di Saviano è solo l’inizio. Rotto infatti l’argine dell’ingiuria, è quasi certo che altre accuse infamanti seguiranno. Nella consapevolezza che non c’è in giro un Pasolini capace di scorticare il Palazzo con le sue righe affidate al Corriere della Sera. Almeno quelle non gli procurarono guai giudiziari, ma ne ebbe tantissimi e per svariate ragioni legate alla sua movimentata vita privata e soprattutto per i contenuti delle sue opere cinematografiche. In ogni caso, Pasolini si difese nei processi e non dai processi. Dispiace dirlo, ma Saviano non sembra volersi difendere nei processi, ma dai processi. Comportandosi esattamente come hanno agito in passato i politici bersagliati dalle sue frequentissime invettive. Nel suo caso, appellandosi al tribunale supremo degli intellettuali…

Ora, chiedere a uno scrittore di misurare le parole è forse impossibile. Ma chiedere ai politici  (a tutti i politici) un po’ di pazienza e sopportazione,  forse è più facile. Non che i politici siano di questi tempi meno aggressivi… Ma forse dovrebbero essere più abituati degli scrittori a lasciarsi scivolare di dosso le parole sgradevoli. O no?

Domenico Delle Foglie