INSIEME e le proposte per l’Europa di domani (2): la Pace

INSIEME e le proposte per l’Europa di domani (2): la Pace

La Segreteria di INSIEME ha approvato un documento in vista del prossimo appuntamento di giugno per il rinnovo del Parlamento europeo e dei vertici dell’Unione. Dopo la prima parte dedicata ad un’Europa più eco-sociale e solidale di ieri (CLICCA QUI), pubblichiamo la seconda dedicata all’idea di un’Europa più capace di essere attore internazionale responsabile e di pace

Una UE più capace di essere attore internazionale responsabile e di pace. In un quadro internazionale diventato più incerto e rischioso, nel quale il ruolo egemonico degli Stati Uniti è decrescente (anche per le spinte isolazioniste interne alla Trump), la Russia di Putin punta aggressivamente al recupero di un ruolo imperiale e di grande potenza, la Cina improntata ad un nazionalismo più spinto (vedi questione Taiwan) vuole affermare la sua visione e posizione nel sistema mondiale e crescono in generale le spinte multipolari (ma senza ancora un sistema di governance di questa realtà), l’Unione Europea, che è comunque una delle unità internazionali di maggiori dimensioni, deve assumere più esplicitamente e con decisione il compito di essere un attore internazionale responsabile e orientato alla costruzione di realtà di pace.

L’Unione Europea non parte da zero in questo campo. Basti qui segnalare quanto la sua stessa creazione originaria
abbia contribuito a creare una intesa pacifica tra i sei stati fondatori e quanto l’ammissione progressiva di altri paesi europei abbia esteso questa area di pace in zone potenzialmente gravide di conflitti. Segnaliamo anche la partecipazione di molti paesi europei alle missioni di peace keeping delle Nazioni Unite e i contributi economici non indifferenti ad azioni internazionali contro la povertà e le carestie.

Però tutto questo oggi non basta più. L’UE e i suoi paesi membri si sono finora accontentati di queste azioni chiudendo gli occhi su altri gravi elementi di instabilità che covavano nel mondo e spesso proprio in aree vicine ai propri confini. Tre aree principali di crisi richiedono oggi all’Unione una assunzione più cosciente e forte di responsabilità:

1.il confine Est dove la Russia di Putin ha infranto il principio, basilare per la pace europea, del rispetto dell’integrità territoriale di altri stati (Georgia, Ucraina) e ha apertamente proclamato il disegno di eversione del paese confinante (“denazificare l’Ucraina”, “l’Ucraina non esiste”);

2. il Medio Oriente dove la mancata soluzione alla questione palestinese ha fornito le basi per una drammatica ripresa del conflitto tra le forze estremiste palestinesi e Israele;

3. l’Africa dove instabilità politiche, conflitti etnici, e crisi climatiche accentuano i problemi di sottosviluppo e
alimentano migrazioni interne (vedi Sudan) ed esterne di massa.

Queste tre aree di crisi richiedono interventi diversi per ristabilire e consolidare condizioni di pace.

1. In Ucraina, nella prospettiva auspicabile del ristabilimento di un ordine europeo cooperativo, fondato sul diritto internazionale e sulla conciliazione degli interessi di tutte le parti (ivi inclusa la Russia sperabilmente ritornata nel futuro a comprendere che l’Europa più che la Cina le offre uno spazio di crescita civile), la priorità è difendere il principio del rispetto della sovranità e integrità degli stati e quindi fare arretrare l’invasione russa. Bisogna inoltre lavorare per stabilire condizioni molto forti di sicurezza per l’Ucraina contro riprese future dell’aggressione e mettere in campo ingenti risorse per la ricostruzione del paese.

2. Nel Medio Oriente la ricerca di un ordine che garantisca la sicurezza di Israele e contemporaneamente uno spazio politico autonomo alla popolazione palestinese e le assicuri condizioni di vita dignitose richiede da parte dell’Unione
Europea la capacità di parlare con molta “franchezza” (nel senso usato in diplomazia) con entrambe le parti, di mettere a disposizione forze di garanzia e interposizione, nonché aiuti umanitari e per la ricostruzione. 3. Per quanto riguarda l’Africa l’Unione Europea deve prima di tutto riconoscere che il continente africano non è solo una realtà ricca di problemi, ma anche di grandi opportunità se si pensa alla sua configurazione demografica, alle sue risorse naturali e alle sue prospettive di crescita (dopo l’Asia è il continente con le prospettive di crescita maggiori). L’UE
deve quindi rafforzare in maniera significativa le politiche già esistenti di partenariato in campo economico, sanitario, della ricerca e dell’istruzione facendo convergere e coordinando le politiche africane degli stati membri, troppo spesso tentate da riflessi postcoloniali e paternalistici o indebolite da rivalità intraeuropee. L’assistenza al consolidamento delle istituzioni politiche degli stati africani e anche delle loro strutture di cooperazione interstatali che possono trarre esempio da quelle europee è un altro campo da coltivare.

Che cosa fare:

1. La UE deve prendere sul serio la responsabilità di essere un attore importante di pace senza delegarla ad altri soggetti (gli Stati Uniti in primis).

2. L’UE ha bisogno quindi disviluppare una vera politica estera, cioè la capacità innanzitutto di “vedere” le crisi emergenti ai propri confini e poi di predisporre azioni adeguate ad evitarne o comunque contenerne gli sviluppi
più negativi per sé stessa e per le popolazioni interessate;

3. Oltre agli importanti strumenti del soft power (influenza economica, tecnologica e culturale) di cui dispone, l’Unione Europea deve progressivamente (e in coordinamento con lo strumento già esistente della Nato) sviluppare una politica di difesa che riduca la sua dipendenza dagli Stati Uniti e le consenta una maggiore autonomia di azione dove è necessario e dove altri soggetti sono riluttanti ad agire.