La fiera delle ipocrisie – di Massimo Brundisini

La fiera delle ipocrisie – di Massimo Brundisini

Nel caos medio-orientale, definibile anche come tragico ginepraio, voglio soffermarmi su due eventi recenti e dirimenti.

Il primo riguarda la storica, pur se timida e tardiva, decisione degli Stati Uniti di sanzionare i coloni israeliani, e pare anche un battaglione dell’esercito di ultra-ortodossi distintosi per atti particolarmente efferati. Mentre si protraggono i tragici fatti di Gaza, che a mio parere hanno l’evidente scopo, fin dall’inizio della vicenda (come illustrato con tranquilla sicumera da Netanyahu alle Nazioni Unite (CLICCA QUI) ), di espellere i Palestinesi, continuano infatti le violenze anche in Cisgiordania: la regione, già è quasi completamente frammentata dagli insediamenti abusivi, con l’evidente obbiettivo di sabotare per sempre l’idea dei due popoli e due stati. Ecco allora l’evidente e grande ipocrisia di chi, nell’Unione Europea e quindi anche in casa nostra, continua a ripetere quell’inutile refrain, che non costa nulla pronunciare, illudendosi così di potersi salvare l’anima. Ma in realtà c’è un solo modo che può permettere quel salvataggio, ed è il riconoscimento dello Stato della Palestina.

In proposito, cito la dichiarazione, di lapalissiana evidenza, di Martin Konecny, Direttore dell’European Middle East Project, in questo articolo (CLICCA QUI) : “Gli insediamenti illegali israeliani in Cisgiordania impediscono di fatto la possibilità di uno Stato palestinese”. L’esperto accusa i governi europei di incoerenza. “La questione del riconoscimento è solo uno dei tanti esempi di incoerenza tra il sostegno retorico dell’Ue a favore della pace, della soluzione dei due stati e del diritto internazionale e la mancanza di azioni concrete corrispondenti”. C’è poi, secondo l’esperto, la questione degli insediamenti illegali israeliani in Cisgiordania, che di fatto impediscono la possibilità di uno Stato palestinese perché occupano il territorio dove questo Stato dovrebbe essere stabilito. “Continuiamo a commerciare con loro come se fossero legittime entità, ma allo stesso tempo le dichiariamo illegali. È un altro esempio di incoerenza”.

Anche la timida e balbettante Europa si è affiancata agli USA nel sanzionare i coloni, trovando il coraggio di agire senza fermarsi alle solite dichiarazioni che lasciano Il tempo che trovano (CLICCA QUI)

Si è poi dimesso (22 Aprile) il capo dell’intelligence militare di Israele, chiedendo però una commissione d’inchiesta sui tragici fatti di ottobre (CLICCA QUI), di cui avevo parlato in un precedente articolo (CLICCA QUI).

Nel frattempo gli Stati Uniti hanno posto l’ennesimo veto sulla risoluzione che chiedeva la piena adesione della Palestina come membro effettivo delle Nazioni Unite. Tra i 15 membri del Consiglio di Sicurezza, si è registrata l’astensione di Gran Bretagna e Svizzera, ma soprattutto è da considerare il voto favorevole degli altri 12 membri: tra questi, hanno espresso parere favorevole Francia, Cina e Russia (CLICCA QUI).

Ricordiamo che lo Stato di Palestina è riconosciuto da 139 paesi del mondo. Fino a quando politiche miopi e deprimenti si opporranno alla Pace? E come non capire le proteste studentesche? È chiedere troppo al “moderato” Tajani un gesto di coerenza con se stesso? O, incapaci di riconoscere tutti gli errori del passato, accettiamo, per ignavia o interessi particolari, di correre incoscientemente verso conflitti sempre più allargati? Perorare il riconoscimento dello Stato di Palestina dovrebbe essere il primo atto di un Partito della Pace, se si presentasse alle elezioni europee. Al delegato USA, che aveva dichiarato che il negoziato deve avvenire tra Israele e Palestinesi, il rappresentante russo al CdS ha così replicato: «a chi dice che il riconoscimento dello Stato palestinese deve avvenire attraverso negoziati e non attraverso una risoluzione dell’Onu, diciamo: “Come è stato costituito lo Stato di Israele? Non è stato attraverso una risoluzione delle Nazioni Unite, la Risoluzione 181?”». L’isolamento degli Stati Uniti a livello mondiale in questo frangente è evidente. Se poi si guarda la mappa del Pianeta, è impressionante la netta divisione tra l’occidente, ampiamente minoritario, isolato e abbarbicato a visioni antiquate, e il resto del mondo che riconosce lo Stato di Palestina.

L’altro evento, di non secondaria importanza, è l’incontro avvenuto ad Ankara tra il Presidente Erdogan e il capo di Hamas, Haniyeh (CLICCA QUI). Sicuramente sono poco rassicuranti le parole di Erdogan, che ha promesso completo e duraturo supporto alla causa palestinese, definendo Hamas un’organizzazione di resistenza. D’altra parte, se un popolo sente la necessità di scavare, sembra, 720 chilometri di tunnel (CLICCA QUI) , forse la cosa non ci dovrebbe apparire normale: forse si sentivano come topi in gabbia? Con questo scenario, davvero Israele pensa di poter risolvere tutte le problematiche sul campo con la politica portata avanti da Netanyahu negli ultimi decenni? Tale politica, assieme all’assassinio di Rabin, ha di fatto impedito la possibilità di trovare soluzioni che mirassero all’accordo e alla convivenza di due popoli che nella loro maggioranza vorrebbero vivere in pace. Tale distorta visione, in un crescendo catastrofico, finora è stata unicamente funzionale alla sopravvivenza politica dello stesso primo ministro israeliano.

Dopo mesi di stallo gli Stati Uniti hanno approvato il pacchetto di misure tese ad intervenire direttamente sugli scenari caldi del Pianeta. È lecito chiedersi, al di là del contingente, quali siano gli scopi ultimi di tali sovvenzioni? Di fatto, i 61 miliardi all’Ucraina e i 26 a Israele servono alla continuazione nel tempo di tali conflitti, perpetuando così le spese in armamenti, con gli otto miliardi a Taiwan ci si organizza per auspicabili conflitti futuri. Ora, considerando il fatto che, come scritto da Euronews (CLICCA QUI), dei 61 miliardi, in realtà, circa 48, tra spesa per armamenti e gestione militare, ritorneranno negli USA, ecco tornare alla mente il famoso avvertimento del Presidente Eisenhower che aveva messo in guardia sulla nefasta influenza del complesso militare-industriale sulle decisioni politiche. Da questo articolo della rivista Analisi Difesa (CLICCA QUI)  si evince che gli aiuti all’Ucraina sono principalmente in armamenti, che a volte sono anche scaduti: grandi affari per tanti, ma al costo di ancora tanti morti.

Alimentare conflitti ha quindi solo due possibilità di sbocco: la guerra infinita e relativi guadagni sulla pelle di tante popolazioni, o la guerra totale definitiva. Un partito dedito seriamente alla ricerca della Pace, con proposte alternative che esulino dagli scenari che ci vengono propinati ad arte, è l’unica possibilità per l’Umanità di liberarsi dall’ossessione guerresca.

Faccio in proposito una proposta concreta: di recente il Consiglio d’Europa ha dato un primo assenso all’ingresso del Kosovo nella UE (CLICCA QUI) . Si sono subito levati venti di guerra (CLICCA QUI).   Da ascoltare con attenzione la dichiarazione del Ministro della Difesa Serbo nel video all’interno dell’articolo. I decisori politici sono quindi di fronte ad un bivio: andare avanti ad oltranza, innescando nuovi conflitti di cui non si avverte la necessità, o ricercare mediazioni politiche che possano conciliare gli interessi delle parti. Si potrebbe tentare in quello scenario di inaugurare un nuovo modo di affrontare le controversie, che possa testimoniare una certa evoluzione rispetto a quello risalente ai tempi in cui si utilizzava la clava, magari ricordando che il Kosovo era terra serba.

Massimo Brundisini