Referendum, battaglia sul voto – di Giuseppe Careri

Referendum, battaglia sul voto – di Giuseppe Careri

L’8 ottobre 2019 l’Assemblea della Camera “ha approvato la proposta di legge costituzionale, già approvata in seconda deliberazione dal Senato, che riduce il numero dei parlamentari previsto dalla Costituzione a 400 deputati e 200 senatori elettivi”.

E’ utile ricordare che in Parlamento siedono attualmente 630 Deputati alla Camera e 315 Senatori al Senato. Dopo l’approvazione in Parlamento, è seguita, quindi, la richiesta del referendum per l’approvazione definitiva o  la bocciatura da parte dei cittadini.

Continua, così, la “melina” tra il Movimento 5 Stelle e il Partito Democratico sui correttivi da adottare alla legge elettorale prima del referendum del 20/21 settembre; da mesi il Segretario del PD Nicola Zingaretti sollecita una risposta dal Movimento 5 Stelle.

Solo nei giorni scorsi Vito Crimi ha assicurato i vertici del PD che il Movimento grillino avrebbe mantenuta la promessa della riforma elettorale sancita peraltro dall’accordo firmato prima della formazione del nuovo governo giallo-rosso.

Ricordiamo, inoltre, che la proposta di legge è stata approvata in Parlamento dalla grande maggioranza dei partiti di governo e di opposizione. Le uniche riserve al taglio dei parlamentari sono giunte da Più Europa e dai piccoli partiti.

Per la verità, il Partito Democratico per ben 3 volte aveva votato NO al taglio dei parlamentari; ma per far nascere il governo giallo-rosso il partito di Zingaretti ha votato SI agli art.56/57 e 59 della Costituzione, salvo apportare modifiche alla legge elettorale prima del referendum. Ancora oggi, però, non è dato sapere se queste modifiche ci saranno, nel qual caso il PD valuterà come votare al Referendum. Nei prossimi giorni ci sarà una riunione della Direzione del Partito Democratico per decidere l’indicazione di voto da comunicare ai propri elettori.

Intanto alcuni partiti minori come Più Europa, Azione di Carlo Calenda, l’Associazione dell’Anpi, l’Arci, il movimento delle sardine e 185 costituzionalisti si sono schierati senza indugio per il No al taglio dei parlamentari.

Tra i sostenitori del No è opinione diffusa che il taglio dei parlamentari è un attacco alla democrazia rappresentativa. Del resto, come propagandato da Più Europa sui social, per Davide Casaleggio, della piattaforma Rousseau, “il Parlamento in futuro forse non sarà più necessario”.

E’ iniziata pertanto la corsa al referendum a colpi di SI nella scheda per il taglio dei parlamentari, e il NO per mantenere inalterato il loro numero in Parlamento.

L’ex presidente del Consiglio Matteo Renzi, oggi segretario di Italia Viva, lascia a sua volta libertà di voto ai propri elettori. In una intervista a Repubblica dice: “Libertà di voto al Referendum, ma non condivido chi parla di attacco alla democrazia, ma neanche l’entusiasmo grillino”. Come dire, un colpo al cerchio e uno alla botte!

Ben più categorico Carlo Calenda di Azione che dice: “Io voto NO! I grillini vanno fermati, sono la vera casta”.

Votano SI tutti i partiti di Governo e tutte le opposizioni con il distinguo di varie personalità politiche che hanno avuto, o hanno, un ruolo importante all’interno del partito. Matteo Orfini, ex presidente del PD, ha dichiarato al Post: “Ci fu garantito che il taglio sarebbe stato preceduto da una nuova legge elettorale proporzionale e accompagnato da modifiche costituzionali che garantissero che quel taglio non sfasciasse l’impianto costituzionale; quegli impegni non si sono ancora realizzati”.

E Gianni Cuperlo, membro della direzione del partito nazionale rimarca: “La democrazia non ha prezzo: la riforma non è stata accompagnata dalle misure concordate per garantire un equilibrio a tutela della rappresentanza”. Ha già dichiarato di votare NO.

Un’altra voce autorevole orientata verso il NO è il Sindaco di Bergamo Giorgio Gori che è naturalmente contrario al taglio lineare dei parlamentari senza il voto a una nuova legge elettorale.

I sostenitori del Si, da parte loro, sottolineano l’importanza di un risparmio di milioni di euro e di una migliore capacità  di legiferare.

Dai tempi della nascita del governo giallo-rosso, il Partito Democratico è stato, per lo più, subordinato ai vari diktat dei grillini, a partire dalla legge sicurezza sui migranti, mai modificata, fino al rifiuto di accedere, prima dei risultati del  referendum, ai 36 miliardi del MES indispensabili per la disastrosa situazione sanitaria del nostro malridotto paese.

Del resto a Zingaretti e al PD non basta aver contrastato la lega di Salvini, occorrono iniziative legislative in favore dei cittadini, dei più deboli, degli ultimi.

I 5 Stelle, a loro volta, dimostrano coraggio e iniziative. Il taglio dei parlamentari è una loro battaglia, sia pure demagogica, che li fa apparire difensori di uno Stato che contrasta la casta, senza neppure immaginare che la casta ormai sono loro.

I grillini, se vinceranno il referendum sul taglio dei parlamentari, metteranno la loro bandierina sulla diminuzione dei parlamentari, come fecero in passato quando urlarono da un balcone: abbiamo sconfitto la povertà;

nella loro continua propaganda politica nei Tg pubblici e privati, potranno di nuovo affermare: noi siamo contro gli sprechi e siamo per un Parlamento efficiente, anche se, è stato calcolato, il risparmio per i cittadini sarà poco più di un caffè all’anno.

Il Partito Democratico, a sua volta, dica apertamente ai suoi elettori se avranno libertà di voto; se voteranno convinti per il SI, o per il NO; non dimentichino la loro storia e la loro natura di partito di sinistra; solo così potrà di nuovo aspirare a condurre battaglie identitarie condivise da tutti i componenti del partito e dei suoi milioni di elettori.

Giuseppe Careri