La libertà di stampa paese che vai…. – di Giuseppe Careri

La libertà di stampa paese che vai…. – di Giuseppe Careri

La Norvegia, per il settimo anno consecutivo,  è il primo paese nel mondo in tema di libertà dell’informazione. Seguono Irlanda, Danimarca, Svezia nei primi quattro posti. I peggiori, nella classifica annuale stilata da Reporter sans Frontieres, sono India, al 179° posto e, ultimo in assoluto, Nord Korea al 180°. L’Italia risale di ben 17 posizioni passando al 41° posto prima degli Stati Uniti al 45° per aver perso nel 2022 tre posizioni.

Ogni anno il 3 Maggio si celebra la Giornata mondiale della Libertà di Stampa come diritto fondamentale per difendere i media dagli attacchi del “potere” alla loro indipendenza e per ricordare tutti i giornalisti uccisi nell’esercizio della loro professione.

Nell’indice 2022 di Reporter senza frontiere si legge: “In molti paesi le autorità sono sempre più aggressive verso la professione dei giornalisti. La libertà dei media è sempre più minacciata. L’Onu afferma che l’85% delle persone vive in paesi in cui la libertà di stampa è diminuita negli ultimi cinque anni”.

Nella Repubblica Popolare cinese la Costituzione prevede e sancisce la libertà di stampa, ma le notizie relative alla politica e all’economia possono essere pubblicati solo con l’autorizzazione del Partito Comunista Cinese.

Anche ll Messico è un paese che teoricamente non limita il lavoro del giornalista né la libertà di espressione, viceversa ha il più alto numero di giornalisti uccisi dal narcotraffico per via delle inchieste giornalistiche dei reporter.

In Italia la libertà di stampa è sancita dall’articolo 21 della nostra Costituzione dove è scritto che: “Tutti hanno  il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.

L’articolo 21, così chiaro e impegnativo, fu adottato anche da un giovane siciliano di Cinisi che si era ribellato alla sua famiglia di mafiosi, dal padre, lo zio e il cognato.

Giuseppe Impastato, questo il suo nome, venne cacciato da casa e, ancora giovanissimo, fonda il giornale “l’Idea socialista” con il quale conduce le sue battaglie in difesa dei contadini espropriati dalle loro terre dalla mafia palermitana. Nella notte tra l’8 e il 9 maggio, all’età di soli 30 anni, Peppino Impastato viene ucciso con una carica di tritolo posta sotto il suo corpo adagiato sui binari della ferrovia. Il delitto mafioso di questo giovane cronista siciliano ha poco risalto nella stampa nazionale perché nella prima mattinata dello stesso giorno viene ritrovato il corpo di Aldo Moro assassinato dalle Brigate rosse e ritrovato adagiato all’interno di una Renault Rossa parcheggiata in via Caetani, una stradina tra Piazza del Gesù e via delle botteghe oscure, sede del partito comunista.

Il terrorismo di quegli anni continua a mietere vittime in tutto il paese. Molti giornalisti sono gambizzati come Indro Montanelli e il Direttore del Tg1 Emilio Rossi un uomo mite che subì undici operazioni alle gambe che lo resero claudicante per il resto della sua vita. Era il giugno del 1976.

Due anni più tardi, il 28 maggio 1980, un mercoledì, viene ucciso sotto casa dai terroristi della Brigata XXVIII marzo l’inviato speciale del Corriere della Sera Walter Tobagi. Aveva compiuto da poco 33 anni. Lascia la moglie e due figli di 6 e 3 anni. In occasione dell’anniversario della sua morte, il Presidente Mattarella scrisse: “In questi anni la società è cambiata, ma la sfida della libertà, dell’autonomia, dell’autorevolezza della professione giornalistica è sempre vitale per portare alla luce elementi nascosti e semi di speranza”.

A scorrere la cronaca di questi anni si scopre il sacrificio di tanti cronisti che per amore della professione hanno rischiato la vita anche per  noi. In Italia è troppo lungo l’elenco dei giornalisti uccisi molti dei quali dalla mafia, Cosa Nostra, la camorra, il terrorismo, la guerra. Tra loro Tullio De Mauro, Carlo Casalegno, Giuseppe Fava, Giancarlo Siani, Maria Grazia Cutuli. Marco Luchetta e tanti altri. Proprio per onorare tutti i cronisti caduti occorre che ognuno di noi vigili sulla libertà dell’informazione, sul pericolo delle notizie false che appaiono sempre più spesso nei social, nelle televisioni, nei dibattiti e, a volte, nell’auto censura.

La libertà di stampa è un patrimonio di noi tutti, giornalisti e fruitori delle notizie, ed è un bene necessario per salvaguardare la nostra democrazia.

Giuseppe Careri