Putin continua a incassare … anche con la guerra

Putin continua a incassare … anche con la guerra

Volodymyr  Zelensky ha quantificato i danni economici inferti all’Ucraina dall’invasione russa: 600 miliardi di dollari statunitensi. Un conteggio che include le perdite economiche, la distruzione di infrastrutture, le conseguenze delle bome e dei missili sulle città e i centri abitati minori del suo paese. Per una nazione che ha registrato nel 2020 un Pil complessivo di 150 miliardi di dollari non è poco.

Intanto è appurato che la Russia ha praticamente raddoppiato i suoi ricavi dalla vendita di combustibili fossili all’Unione europea durante i due primi mesi di guerra in Ucraina. Questo anche grazie al consistente aumenti dei prezzi che si erano impennati ben prima l’avvio dell’invasione decisa da Mosca.

Stando ai dati del CREA, Center for Research on Energy and Clean Air ( CLICCA QUI) Mosca:

  • ha incassato 63 miliardi di euro a fronte della esportazione di combustibili fossili. L’UE ne ha importato il 71%, per un valore di circa 44 miliardi di euro.
  • I maggiori importatori nell’ordine sono stati Germania (9,1 miliardi), Italia (6,9 miliardi), Cina (6,7 miliardi), Paesi Bassi (5,6 miliardi), Turchia (4,1 miliardi) e Francia (3,8 miliardi).
  • Un quarto delle spedizioni di combustibili fossili della Russia è arrivato in soli sei porti della UE: Rotterdam (Paesi Bassi), Maasvlakte (Paesi Bassi), Trieste (Italia), Danzica (Polonia) e Zeebrugge (Belgio).
  • Le consegne di petrolio nell’UE sono diminuite del 20% e di carbone del 40%, mentre le consegne di GNL (gas naturale liquefatto) sono aumentate del 20%. Le consegne di gas ai paesi UE tramite gasdotti sono aumentati del 10%.
  • Le consegne di petrolio verso destinazioni extra UE sono aumentate del 20%, e con importanti cambiamenti nelle destinazioni. Le consegne di carbone e GNL al di fuori dell’UE sono aumentate rispettivamente del 30% e dell’80%.

In ogni caso le sanzioni funzionano: i volumi di esportazione della Russia stanno cadendo. In particolare, quelle via mare anche perché sono diventate progressivamente più stringenti i controlli diretto all’elusione dei provvedimenti adottati dai paesi occidentali.

  • Le consegne di petrolio dalla Russia ai porti esteri sono diminuite del 20% nelle prime tre settimane di aprile, rispetto al periodo gennaio-febbraio precedente al invasione.
  • Significativa la contrazione delle spedizioni marittime che rappresentavano circa la metà delle esportazioni.
  • I dati sulle spedizioni mostrano che la Russia sta facendo di tutto per deviare verso altre destinazioni i carichi non più richiesti dai compratori europei con un sensibile aumento delle navi in ​​partenza dai porti russi
    senza avere una destinazione definita (o “per ordini” o segnalando il passaggio da tappe intermedie come quelle del Bosforo o di Gibilterra).
  • Crescono le spedizioni di petrolio verso India, Egitto e altre destinazioni “insolite” per le esportazioni russe. Tuttavia, le spedizioni verso queste nuove destinazioni non sono affatto sufficienti a compensare il calo delle esportazioni verso l’Europa.

Gli esponenti della CREA, organizzazione indipendente dedicata alla salvaguardi dell’ambiente, fanno notare che Putin può sostenere lo sforzo economico della guerra grazie alle entrate assicurate alla Russia dalla vendita dei combustibili fossili ed è quindi necessario rapidamente rendersi indipendenti da essi.

CV