Ucraina, una vita in una valigia – Giuseppe Careri

Ucraina, una vita in una valigia – Giuseppe Careri

Un bunker affollato di donne e bambini con i loro poveri resti; vicino a loro una valigia con dentro la storia della loro vita minacciata da una invasione armata di missili e carri armati russi. Sono immagini che mostrano cittadini ucraini e i loro figli che fuggono terrorizzati dalle loro città e che appaiono nei teleschermi di tutto il mondo ormai da sei giorni, dal momento che il Presidente russo Vladimir Putin ha deciso di invadere il territorio dell’Ucraina seminando morte e distruzione anche tra la popolazione civile. Terrore nei visi della gente, con le mamme a proteggere con il corpo le loro bambine impaurite.

Danne e bambine Impaurite dal continuo suonare delle sirene, lo stesso suono di morte dell’ultima guerra, seguito poi dal fragore delle bombe e dell’artiglieria russa che scoppiano anche sulle loro case, le loro piazze, i loro beni, la loro vita.

Si proteggono come possono, nei bunker, nei sotterranei, nelle metropolitane, nei rifugi improvvisati, mentre i loro uomini difendono con coraggio la città dai carri armati e dal lancio dei missili sovietici. Città semi distrutte, case abbandonate, edifici colpiti con morti e feriti; colpito il palazzo del Governatore di Kiev colpito dai carri armati e dai missili.

Gli uomini ucraini combattono valorosamente per la loro patria, uomini valorosi costretti a salutare la partenza della propria famiglia, moglie e figli, che abbracciano commossi, con la speranza che possano salvarsi fuggendo da un luogo ormai martoriato, circondato da da 60 km di carri armati alle porte di Kiev e dalla ferocia di chi cerca di cancellare la storia di un paese europeo.

Si assiste, così, a immagini televisive dei corrispondenti di guerra della Tv e dei giornali che ogni giorno, a tutte le ore, mostrano città semi deserte, persone che fuggono, con il suono delle sirene che li insegue, e poi, improvviso e devastante, lo scoppio, il fumo e il fuoco, i morti. Quanti sono i morti? Nessuno sa dirlo con certezza. Si parla di oltre 350 vittime tra adulti e bambini oltre a centinaia di feriti. Gli italiani presenti in Ucraina sono 2.300, 1600 dei quali ormai residenti in questo paese coinvolto nella guerra voluta dallo Zar della Russia, Vladimir  Putin.

In Italia la popolazione segue con apprensione le sorti dell’Ucraina e dei suoi abitanti. Persino i bambini sono costretti a chiedere notizie di un avvenimento ancora sconosciuto alla loro tenera età.

Una bambina di 7 anni scrive direttamente a Putin; gli chiede di “smettere di fare la guerra, di pensare che ci sono tanti bambini che hanno paura, che pregano per il loro genitore costretto a combattere per una guerra che non ha voluto”.

Ma i bambini non sono i soli a ribellarsi a un conflitto assurdo voluto per sete di potere da un uomo solo al comando. In Italia ci sono decine di manifestazioni, vi partecipano cittadini ucraini residenti nel nostro paese e gente comune con l’intenzione di far sentire la voce dell’Europa che protesta per l’invasione.

I cittadini dell’Ucraina presenti nel nostro paese sono circa 25 mila, tra Milano, Napoli, Roma, Reggio Emilia. Gran parte di loro sono donne laureate con un’età che varia dai 40 a 45 anni. Molte di loro hanno parenti in Ucraina, mamme, sorelle, nonne, nipoti. Ascoltano le notizie proveniente dal loro paese di origine. Con determinazione continuano a manifestare contro la Russia di Putin anche a Milano, Napoli, Roma e altre città italiane. Si manifesta a Berlino dove sfilano 500 mila persone per protestare contro la guerra voluta da Putin e dal suo apparato militare. I cittadini russi contrari alla guerra manifestano anche a Mosca e San Pietroburgo, ma vengono arrestati dalle centinaia di poliziotti che presidiano le piazze principali. Ragazzi e ragazze, giovani che rifiutano la violenza della guerra.

Encomiabile gli interventi in Ucraina della Croce Rossa Internazionale e di tanti volontari della Protezione Civile partiti dall’Italia per dare un aiuto concreto a chi ne ha più bisogno. L’Italia sta organizzando centri di accoglienza per ricevere i profughi ucraini che fuggono dalla guerra portando con se solo una valigia.

Anche la Fifa e l’Uefa hanno condannato l’aggressione russa all’Ucraina. Le squadre della nazionale e di club sono state escluse da tutte le manifestazioni sportive. Pertanto la nazionale russa non parteciperà ai mondiali del Qatar del 2022 e le squadre di club non potranno partecipare alle prossime gare sportive. L’Europa, almeno questa volta, ha reagito prontamente all’invasione dell’Ucraina. Ha predisposto sanzioni economiche stringenti. Misure che colpiscono al cuore l’economia russa, anche se dovremo sopportarne le conseguenze soprattutto per il mancato rifornimento energetico di cui abbiamo necessità. Inoltre, è di ieri la decisione dei governi europei, compresa l’Italia, di inviare armi e uomini per la difesa del popolo ucraino.

Purtroppo la riunione tra i rappresentanti russi e i dirigenti ucraini in Bielorussia non ha portato a nessuna decisione positiva per la pace. L’Ucraina aveva chiesto il cessate il fuoco e il ritiro delle truppe sovietiche, mentre la Russia pretendeva la neutralità dell’Ucraina. Nessuno di queste richieste ha avuto una risposta positiva. Laconicamente si dovranno rivedere, forse oggi stesso.

Rimane, dunque, il dolore delle perdite umane, di città distrutte, donne disperate di aver perso tutto; per loro continuerà, ancora per lungo tempo, il ricordo del suono assordante delle sirene, del boato spaventoso dei missili, dei carri armati che  colpiscono le loro abitazioni, i loro ricordi, la loro storia.

Nei social circola una foto che raffigura una colomba con il ramoscello dell’ulivo e nella stessa immagine Vladimir Putin, elegante con giacca e cravatta, che la osserva quasi sorridente. La colomba invece di lanciargli il ramoscello della pace gli fa la “cacca” in testa. Non è certo una grande soddisfazione per chi ha subito la violenza della guerra e ha perduto tutto, ma almeno è il pensiero di ciò che pensa gran parte del mondo dell’invasione voluta dal dittatore Vladimir  Putin.

Giuseppe Careri