“Prima l’Italia” – di Giancarlo Infante

“Prima l’Italia” – di Giancarlo Infante

Gli slogan non ci piacciono perché, spesso, sotto la patina c’è solo emotività e scarsa sostanza, ma adesso è forse venuto il momento di dire “prima l’Italia” e concederci anche noi un abusato anglismo del tutto melenso: “Italia first”?

Il Governo Conte 2 intravede il capolinea. Il capostazione di turno, stavolta a differenza di quel che fu Matteo Salvini con il Conte 1, è Matteo Renzi. Renzi oggi è pronto a passare all’opposizione, ma anche a sostenere il Recovery Plan. Vuole anche il Mes. Ieri sera a si è lamentato di Conte perché, invece di ascoltare le sue proposte, risponde raggruppando i cosiddetti “responsabili” che, per Renzi, sarebbero capitanati e organizzati da una vecchia conoscenza: Clemente Mastella. Renzi ha dato per finito i giochi e per certo che Conte sia riuscito a raccogliere i voti necessari a sopravvivere anche senza quelli suoi.

Quanto è finito per essere rappresentato come uno scontro personale tra i due sembra partire dal presupposto che, comunque, non si vada allo scioglimento del Parlamento. Questo convincimento, tutto da verificare, aiuta a far mantenere il punto ai contendenti, mentre tutta l’attenzione si sposta alla lista dei parlamentari per vedere chi potrebbe fare i conti più giusti. Grande è l’impegno nella conta dei “responsabili”.

In realtà, le voci raccolte ieri al Senato non fanno escludere che tra questi vi siano anche alcuni cosiddetti “renziani”. Forse, egli ha fatto male a far circolare la voce che la sua vera ambizione sarebbe quella di trovare una “sistemazione” personale oltre confine. Inevitabile il quesito per questi poveri suoi parlamentari: e io poi che fine faccio?

In ogni caso, la decisione di  mettere al sicuro il Recovery Fund può essere considerata un sussulto a favore del Paese costretto ad occuparsi di quella che appare una delle poche ciambelle di salvataggio cui ci si possa aggrappare nel pieno della pandemia che causa lutti, sofferenze e caos nella sanità, ma anche un aumento vertiginoso del debito pubblico. Resta, così, l’ammonimento di Francesco Balassone della Banca d’Italia : “È indispensabile che l’utilizzo di Next Generation EU avvenga in una prospettiva di equilibrio di lungo periodo delle finanze pubbliche” ( CLICCA QUI ). Vorrà dire anche stabilità politica che, ovviamente, non significa unanimismo irrealistico?

L’intesa trovata sul Recovery Fund porta a riconoscere che Giuseppe Conte, il grosso della maggioranza e Matteo Renzi si sono impegnati per trovare ogni sorta di possibile compromesso. Magari un po’ aiutati da una situazione drammatica e dal disdoro che avrebbe loro portato un mancato accordo sull’attivazione dei fondi straordinari messi a disposizione dall’Europa .

Dato un colpo al cerchio, con una qualche generosità, guardiamo adesso alla squinternata  botte che ci troviamo di fronte. Difficile menare la seconda botta perché il recipiente rischia davvero di finire in mille pezzi. In realtà, visto che il tutto sembra essere riportato alla singolar tenzone in corso tra Giuseppe Conte e Matteo Renzi, meglio sarebbe tornare con la memoria alla giara di pirandelliana memoria. Solo che non si sa chi sia  il sospettoso e iracondo Don Lolò Zirafa e chi assuma le sembianza dell’orgoglioso vasaro Zi’ Dima Licasi. Può darsi in ogni caso che entrambi finiscano per ritrovarsi bloccati nella giara e, con loro, l’intero Paese?

E’ attorno a questa domanda che siamo costretti a tornare al tanto abusato “Italia first” e alla necessità che tutti i parlamentari ascoltino la loro coscienza e la responsabilità assunta nei confronti della collettività, anche se questo dovesse cozzare con gli ordini di scuderia.

I dati sulla pandemia sono impressionanti. Non solo. A giorni, con l’insediamento di Biden, ci troveremo a scrutare le evoluzioni che la nuova amministrazione statunitense inevitabilmente innescherà nei rapporti con l’Europa, nel Mediterraneo, in quelli bilaterali con noialtri.  L’Italia ha assunto la Presidenza del G 20 dallo scorso 1 dicembre. Previsti eventi di grande rilevanza mondiale ( CLICCA QUI ) che un qualche interesse e, soprattutto, un senso di responsabilità , almeno un pochino, ci dovrebbero pure stimolare. Ma di questo, stando agli interventi resi pubblici, sembra essersene accorto solo Silvio Berlusconi ( CLICCA QUI ), come ci ha scritto pochi giorni fa Mattia Molteni.

L’Europa sta entrando nel vivo del settennato 2021 – 2027 con una previsione di spesa di 1074 miliardi cui sono da aggiungere i 750 del Recovery Fund ( CLICCA QUI ). Roba di poco conto dirà chi da sempre si muove in una logica da “giardino di casa” pensando che, al di là della propria palizzata, il mondo ci stia ad aspettare. Questo lo si fa in un Paese, il nostro, che è stato sempre tra gli ultimi a volere e a sapere utilizzare i fondi europei, per i quali siamo stati appena poco sopra il 30 percento nei sette anni appena passati. Peccato che ne abbiamo un doppio danno: versiamo la quota che ci spetta, siamo il terzo paese contribuente, ma non utilizziamo ciò che ci potrebbe ritornare. Siamo fatti così…

Una costante che ci siamo portati dietro pure nella Seconda Repubblica. Quella che con il maggioritario e il bipartitismo avrebbe dovuto farci diventare migliori e portarci la squadra di governo subito la sera stessa del giorno delle elezioni… destinata a durare cinque anni. Pensando all'”Italia first” tacciamo, compassionevoli.

Sembra che molto congiuri o per un Conte ter o per un esecutivo del tutto nuovo, a seconda di come andrà la conta dei parlamentari. Su questo deve stare attento molto Matteo Renzi perché, se è vero che Giuseppe Conte rischia l’uscita da Palazzo Chigi a causa sua, è altrettanto vero che, ottenutane la testa, potrebbero essere costretto a mangiare quel che passerà il convento perché, in alternativa, resterebbero solo le elezioni anticipate che lui non si può permettere di affrontare.

Già le elezioni anticipate. Nessuno le vuole. Gli arditi funamboli dei giochi della politica volteggiando da un trapezio all’altro, ma ben rassicurandosi che sotto ci sia la rete di protezione. Non è detto però che qualcosa non sfugga di mano e quello che sembra uno “scherzo” possa diventare una drammatica realtà e finire, così, per consegnare l’Italia al sovran – populismo proprio mentre questi è sconfitto in Europa e negli Usa.

Probabilmente, allora, tanto per mettersi in una effettiva sicurezza, se proprio il Governo deve cambiare, non sarebbe il caso che chi non vuole uscire dall’Europa, non vuole rompere i contatti con l’Occidente e pensare ad una politica realista e costruttiva, dica a chi va detto che è davvero l’ora di tifare per “prima l’Italia”? Alla luce del sole, senza guardare al proprio tornaconto personale o di partito, bensì pensando davvero al Paese. Per il resto, ci sarà sempre tempo…

Oggi è necessario un impegno unitario che può essere da tutti assicurato indipendentemente dalla partecipazione alla maggioranza e al Governo. Su questo, gran parte della destra dimostra di non essere ancora in grado di capirlo.

E’ necessario inoltre accettare il fatto che la Seconda Repubblica è finita e che è il momento di pensare a qualcosa di nuovo cui si può giungere anche attraverso una legge elettorale in grado di portare linfa vitale e fresca dalla società civile ad un sistema politico che ha fatto il proprio tempo… assieme a tanti danni.

Giancarlo Infante