Abbiamo bisogno di ragionevolezza – di Giancarlo Infante

Abbiamo bisogno di ragionevolezza – di Giancarlo Infante

Alla luce delle fibrillazioni che stanno scuotendo il quadro politico italiano, le parole di fine anno del Presidente  Mattarella assumono ancora di più il valore dell’attualità. Sicuramente, confermano l’attenzione con cui dall’osservatorio del Quirinale si sta seguendo quanto è in corso nei palazzi della politica e delle istituzioni che esso sovrasta.

La crisi del Governo c’è. Giuseppe Conte e Matteo Renzi sono arrivati davvero ai ferri corti, ne più ne meno come accadde al Presidente del consiglio con Matteo Salvini. Assisteremo ad un analogo show in Parlamento?

Meno facile è prevedere, però, gli sbocchi di un contrasto che potrebbe essere risolto se nella maggioranza ci si dovesse mettere d’accordo su come riempire di contenuti una frase di Sergio Mattarella: “cambiamo ciò che va cambiato”. Altrimenti l’alternativa sarà quella di assistere alla fine del Conte 2. Il problema sarebbe quello di vedere se si dovesse arrivare al Conte “ter” o se, per salvare la legislatura, dovesse finire sacrificato Giuseppe Conte.

In ogni caso, sta emergendo tutta l’imprevedibilità offerta dai numeri oggi presenti alla Camera e al Senato.

La vecchia politica della cosiddetta Prima repubblica insegnava che le crisi si aprono quando si è in grado di uscirne con una soluzione o, al contrario, se si è pronti ad andare allo scioglimento delle Camere. Salvini se ne dimenticò nell’agosto dello scorso anno. Lui, che a differenza di Umberto Bossi la Prima repubblica l’aveva vissuta solamente a Milano, si ritrovò di colpo all’opposizione. Proprio mentre sembrava avere in mano l’Italia intera.

E’ probabile che Matteo Renzi ci stia riflettendo. Egli ha i numeri per mettere in difficoltà Giuseppe Conte, ma non ha del tutto la certezza di contribuire alla sua sostituzione e divenire, così, l’artefice di un nuovo cambio di guida dell’Esecutivo, a differenza di come gli riuscì un anno e qualche mese orsono.

Le stesse riflessioni dovrebbero albergare nel Presidente del Consiglio. Sembra intenzionato a rispondere alle “spallate” di Renzi con la sfida al confronto in Parlamento perché conta sui cosiddetti “responsabili” in grado di  compensare l’eventuale venire meno dei voti dei “renziani”. Anche ieri, però, molti di quelli definiti tali hanno preso le distanze da una simile ipotesi. Alcuni di loro, come ha fatto il senatore Quagliariello, dicono di esserlo a loro insaputa e di aver scoperto sui giornali di essere indicati come soccorritori di un esecutivo contro cui hanno votato finora.

Gli esperti di quella pratica del conteggio dei numeri, capace di ridurre la politica ad un essenza che non piace, ma dalla quale, al momento del dunque, non si può proprio prescindere, dicono che se lo scontro Conte – Renzi arrivasse alle estreme conseguenze potrebbe non esserci alcuna maggioranza possibile. A meno che non facesse un passo decisivo Silvio Berlusconi che potrebbe rivelarsi l’ago della bilancia nel momento compiesse un gesto simile a quello che consentì la nascita del Governo d’emergenza di Mario Monti.

Guardando ai numeri, anche ai Gruppi misti di Camera e Senato, cresciuti notevolmente negli ultimi mesi e divenuti sempre più variegati, mancando questo passo da parte della maggioranza dei parlamentari di Forza Italia, nessuno può dire quale sarebbe lo sbocco della crisi.

Il quadro pieno d’incertezze è arricchito dai sentimenti che stanno animando i parlamentari di Cinque stelle e del Pd. Certamente poco entusiasti dal comportamento di Renzi e del suo interloquire con l’opposizione, ma al tempo stesso consapevoli che se si dovesse andare allo scioglimento delle Camere senza una nuova legge elettorale molti di loro potrebbero essere costretti a restarsene a casa. E’ da escludere allora che venga, nelle forme più varie, proprio da loro un invito a Conte perché si mostri più disponibile nei confronti del capo di Italia Viva? Magari avviando un “rimpastino” in grado di “restituire” a Renzi quel peso governativo perduto dopo la sua uscita dal Pd.

Il centro destra, lo confermano l’intervento di Silvio Berlusconi sul Corriere della Sera dello scorso 26 dicembre ( CLICCA QUI ) e quello di Giorgia Meloni di ieri sullo stesso quotidiano milanese ( CLICCA QUI )è nei fatti diviso.

Entrambi seguono gli scambi di “messaggi” tra i due Matteo. Salvini e Renzi sono finiti accomunati sui giornali per le separate visite natalizie fatte al senatore Denis Verdini a Rebibbia. Quella di Salvini è nelle cose, visto il suo fidanzamento con la figlia dell’ex senatore di Forza Italia. Ha colpito, in ogni caso, come questa lodevole opera di misericordia sua e di Matteo Renzi sia stata volutamente resa pubblica ed enfatizzata.

Nella già citata intervista al Corriere della sera, la leader di Fratelli d’Italia  è apparsa molto guardinga, come se non si fidasse dell’aria che tira. Ha continuato a sostenere l’idea della mozione di sfiducia a Conte, eppure sa che la cosa, invece, lo rafforzerebbe. La Meloni precisa che non farebbe mai la ministra con esponenti della sinistra, ma parla solo di se stessa, non dell’atteggiamento che avrebbe il suo partito se si creassero le condizioni per dare vita ad un esecutivo di più larghe intese. Insomma, con un occhio ostile guarda a Conte, ma con l’altro non perde una sola mossa di quelle che fanno i suoi alleati del centrodestra. Del resto, Conte potrebbe restare in piedi e nel frattempo ci dovrebbero essere le elezioni regionali in Calabria, poi seguite da quelle di importanti città, tra cui l’amata Roma. La Meloni sa che se la destra non fosse unita rischierebbe di vincere pochino. Insomma, come fanno tutti i politici italiani, si parla di un largo orizzonte, ma ci si preoccupa di più delle cose concrete dell’immediato.

Restano tutti intatti i problemi del Paese e si tratta di vedere se una eventuale crisi politica faccia loro bene e se l’emersione, non tanto di “responsabili” che potrebbero sembrare dei mercenari, bensì di una più generale ragionevolezza non possa davvero aiutare in un momento altamente drammatico. Non solo per le già pesanti conseguenze sanitarie a seguito del diffondersi di una pandemia che sembra inarrestabile, ma soprattutto perché stanno arrivando molto velocemente al pettine quei nodi che possono essere sciolti o con quella che semplicisticamente, ma efficacemente, potremmo definire la “fine” dell’Italia o con l’avvio di un processo di rigenerazione autentico.

Giancarlo Infante