Coronavirus e Debito pubblico

Coronavirus e Debito pubblico

Sulla nota pandemia di cui stiamo in questi giorni soffrendo la seconda ondata che potrebbe essere peggiore di quella del 1° semestre 2020, il Governo italiano ha approvato una serie di D L (Decreti Legge), di cui l’ultimo il 14/08/2020 n. 104, che avevano avuto lo scopo di aiutare sia la popolazione e sia le imprese in difficoltà, sia per altre situazioni di difficoltà finanziaria e/o di investimenti.

Gli interventi di cui ai vari decreti hanno aumentato notevolmente il debito pubblico.

Il rapporto Debito Pubblico/PIL che era nel 2018 di 134,8% è previsto che possa essere alla fine del 2020 a 155,00%. Ciò a seguito della contrazione del PIL causata dalla mancata crescita dovuta a stasi degli investimenti e della produzione e dall’incremento della spesa pubblica per pandemia da Covid 19.

Si prevede pertanto nell’anno 2020 quanto segue::

  • un calo del PIL del 10,5% (previsto inizialmente all’8,3% e poi corretto al 9,1%;
  • l’incremento del rapporto debito pubblico/PIL che andrà dal 134,8 al 155,00 % se non 166,1%;
  • un maggiore rapporto Deficit/PIL (di bilancio dello Stato) che salirà al 12,7%;
  • conseguenze molto serie nel mercato del lavoro con incremento della disoccupazione dovuto al calo della produttività e alla mancanza degli investimenti, come risultato del lockdown che ha ridotto al minimo l’attività delle grandi e piccole imprese manifatturiere e di servizi.

Attualmente stiamo assistendo ad un aumento molto serio di casi positivi da coronavirus (ieri 28 ottobre in Italia si sono sfiorati i 25.000 casi positivi mentre in Francia i casi sono stati addirittura di circa  60.000) e tutto lascia prevedere un eventuale nuovo lockdown generale con i necessari e dovuti interventi di immissione massiccia di liquidità al fine di aiutare la popolazione a basso o addirittura senza reddito e le imprese che si troveranno in una fase di fermo e/o di stagnazione produttiva. Tali interventi avranno come conseguenza un ulteriore serio aumento del debito pubblico che porterà il rapporto debito/PIL al di sopra del 155% sopra indicato. Stessa situazione anche in Europa per cui si dovrà seriamente considerare l’opportunità in sede di Commissione europea e di Consiglio d’Europa di urgenti interventi di immissione di liquidità da parte della BCE.

Tale situazione non soltanto italiana ma dell’intera Europa avrebbe portato conseguenze serie all’economa dell’intera Europa, se non ci fossero state misure adeguate adottate dalla Commissione Europea, dal Consiglio europeo, dalla BCE e dalla BEI al fine di immettere risorse e liquidità al sistema economico dei singoli Stati europei.

Riporto per memoria quali sono state le misure e mi soffermerò brevemente su due di esse: il R.F. e il MES (fondo salva Stati).

Le misure prese fino ad ora sono state le seguenti:

  • Il programma Q E (Quantitative Easing) gestito dalla BCE per un totale di 1.350,00 miliardi di euro. Tale programma riguarda principalmente acquisti di titoli del debito pubblico contrassegnati con la sigla PSPP (Public Sector Purchase Program) e che si riferiscono al Q E (Quantitative Easing) del settore pubblico ed è cioè “un programma di acquisti di titoli di debito non condizionato a specifiche esigenze di un Paese membro”(Marcello Minenna – La moneta incompiuta) dell’U E;
  • Recovery Fund 750 miliardi di euro;
  • MES o ESM (fondo salva Stati o meccanismo europeo di stabilità), 240 miliardi di euro;
  • SURE “fondo di sostegno temporaneo per attenuare i rischi di disoccupazione in caso di un’emergenza” –(Il Sole 24 ore di lunedì 18 maggio 2020), 100 miliardi di euro;
  • BEI (Banca europea per gli investimenti), 200 miliardi di euro.

Recovery Fund 

Riporto quanto già scritto in un mio precedente articolo (CLICCA QUI ))“Il Consiglio Europeo del 17-18 luglio, con proseguimento ad oltranza fino alla conclusione dell’accordo, ha approvato IL 21/07/2020 lo strumento del Recovery Fund quale documento di “Bilancio comune”. I fondi di tale strumento sono finanziati a mezzo “l’emissione di debito comune e rimborsabili con risorse proprie di Bruxelles”.

E’ stato confermato l’intervento di immissione di liquidità per 750 miliardi di euro, ma divisi diversamente da come aveva proposto in un primo tempo la Commissione europea.

Di fronte alla proposta iniziale di 500 miliardi di trasferimenti diretti (fondo perduto) e 250 di prestiti, il Consiglio Europeo ha approvato quanto segue:

  • I trasferimenti diretti ossia le sovvenzioni a fondo perduto, passano da 500 a 390 miliardi;
  • I prestiti salgono da 250 a 360 miliardi.

I trasferimenti a fondo perduto che spettano all’Italia salgono da 173 a 208,8 miliardi tra finanziamenti a fondo perduto e prestiti da rimborsare (81,4 a fondo perduto e 127,4 come prestiti).Questo aumento per l’Italia è dovuto all’andamento previsto dell’economia dei vari paesi europei nel 2020 e nel 2021.

Dalla delibera del C.E. si evince che la governance del Recovery Fund si muove su tre binari:

  • Regole per accesso ai fondi in cambio di riforme e investimenti;
  • L’equilibrio tra gli aiuti sotto forma di trasferimenti diretti (a fondo perduto) e i prestiti;
  • Nuovo calcolo degli sconti (cosiddetti rebate)a favore di Austria, Svezia, Danimarca, Olanda e Finlandia.

I Paesi beneficiari del Recovery Fund presenteranno dei “piani nazionali per la ripresa e la resilienza” per il periodo 2021-2023. Tali piani dovranno prevedere investimenti per la transizione verde e digitale e per incentivare “la crescita e la creazione di posti di lavoro”

“La valutazione di tali piani sarà approvata dal C.E. con votazione a maggioranza qualificata su proposta della Commissione”. 

Valutazione sui vantaggi possibili del Recovery Fund all’Italia.

I 209 miliardi assegnati all’Italia rappresentano il 12% circa del reddito nazionale che equivale al crollo che l’economia italiana sta avendo a seguito del covid-19 (Rapporto debito pubblico/PIL del 12,8%). Questa iniezione di liquidità spalmata negli anni in cui si renderanno disponibili i finanziamenti del R.F., permetterà di effettuare investimenti pubblici tali da risollevare l’economia del nostro Paese”

Per l’Italia il R.F. rappresenta un ottimo strumento di aiuto e di immissione di liquidità nel sistema economico europeo e tuttavia ha nella lentezza della sua applicazione il suo limite. Lentezza da evitare perché le risorse servono subito e con urgenza. Inoltre perché si possa uscire dalla recessione in atto saranno necessari ingenti investimenti pubblici e privati nella transizione verde e digitale e con tali investimenti poter accedere ai fondi da R.F. che dovranno pertanto essere disponibili subito e con urgenza. Importante è evitare:

  • la lentezza delle approvazioni dei progetti che si presenteranno;
  • la lentezza dovuta al ginepraio delle norme che alcune volte mancano di interpretazione autentica e di coerenza;
  • la lentezza per il mancato accordo tra i partiti di governo dovuto alla corsa di tutte le componenti politiche a dividersi la torta, ognuna per i propri interessi di cui sono portatrici.

Tutto ciò si aggiunge alla lungaggine dei tempi previsti per l’approvazione dei progetti da parte della Commissione europea e del Consiglio d’Europa.

Quindi bisognerà velocizzare ridurre i tempi di approvazione dei progetti che dovranno essere coerenti con quanto stabilito nella relazione conclusiva del Consiglio D’Europa del luglio 2020.

Purtroppo i primi fondi del R.F. non arriveranno prima del luglio 2021.

Nel frattempo con la pandemia che incalza i governi dell’Europa dovranno aiutare le categorie che saranno danneggiate dai lockdown che si succederanno e si dovrà immettere massicce dosi di liquidità e fare ricorso ad aumento senza condizioni del debito pubblico.

Per aiutare i Paesi e nello specifico l’Italia in questo massiccio sforzo finanziario sarà necessario l’intervento della BCE (Banca Centrale Europea) che dovrà immettere una massiccia liquidità nel sistema oltre quella già programmata e approvata con lo strumento del Q E (Quantitative easing).

Non potrà più valere come deterrente di tale manovra la politica dell’austerity che non sarà, come detto dal FMI, più “inevitabile nel mondo messo in ginocchio dal Covid. Anzi, le economie più avanzate possono scegliere di continuare a prendere denaro a prestito senza temere sconquassi nelle loro finanze pubbliche (Gianluca Mercuri – Financial Times del 15/10/2020).

Lo stesso Victor Gaspar, direttore del dipartimento degli affari fiscali del FMI, ha cosi dichiarato al Financial Times: “Crediamo sia un rischio sospendere prematuramente il sostegno finanziario, e i governanti che possono scegliere farebbero bene a mantenerlo finchè la ripresa non avrà solide basi e l’impatto del virus non sarà percepito come sotto controllo”.  (Gianluca Mercuri – Financial Times del 15/10/2020).

Praticamente un massiccio intervento dello Stato nell’economia sotto forma di investimenti pubblici e sostegno alle fasce deboli danneggiate dalla pandemia.

Come dicevo tale forma di interventismo dovrà essere fatto ed incrementato anche a livello europeo attraverso le operazioni di Q.E. e di immissione di pura liquidità da parte della B.C.E.

L’altro strumento di cui ritengo opportuno ritornare a parlare è lo strumento del M E S (o ESM).

Mes

Un discorso a parte ora va fatto sul MES o ESM, che è un fondo sovranazionale di assistenza finanziaria, chiamato anche Fondo salva stati.

Riporto quanto da me scritto in altro articolo (CLICCA QUI )

“Tra le misure finanziarie c’è lo strumento del MES che viene contrastato nel nostro Paese da una parte politica perché troppo oneroso. L’ESM o MES  va bene e funziona in periodi ordinari della vita economico-produttiva dei Paesi dell’UE, mentre in periodi straordinari ed eccezionali, come quello della pandemia da coronavirus in atto che stiamo vivendo attualmente, l’ESM non funziona perché si dimostra inadeguato e insufficiente per periodi di emergenza”. E pertanto in questo momento si ragiona sull’opportunità o meno di utilizzare da parte del nostro paese lo strumento del MES.”

Il MES  “prevede una quota di contribuzione reale da parte dei Paesi partecipanti” .

Tale strumento, pienamente operativo dall’ottobre 2012, prevedeva nel momento della sua formazione una possibilità di accesso ai prestiti di 700,00 miliardi, formato per 80 miliardi da una “quota di contribuzione diretta” e per il resto “per il tramite di emissione diretta di obbligazioni ESM specifiche” .(Marcello Minenna – La moneta incompiuta)

Le condizioni per ottenere prestiti attraverso il MES, sia per i costi finanziari sia per i tempi di rientro, sono abbastanza onerose per il suo utilizzo in periodi ordinari della vita economico – produttiva, per cui tale strumento di finanziamento non risulta essere conveniente in momenti di crisi e/o di grave emergenza economica come si prevede possa esplodere in conseguenza della pandemia da Covid-19 in atto.

Tuttavia per permettere l’accesso ai prestiti tramite il MES l’Eurogruppo nella riunione dell’08/05/2020 ha approvato lo strumento del MES senza le condizioni originarie previste e solo per affrontare le spese sanitarie (dirette e indirette) circa la cura, la prevenzione e la sanità in generale. I Paesi dell’Eurogruppo per coprire i costi delle spese sanitarie potranno accedere al prestito nella misura massima del 2% del Pil e all’Italia spettano circa 36 o 37 miliardi del fondo previsto ed inoltre i tempi per il rientro del prestito ottenuto (avranno lunga scadenza) passano da 2 a 10 anni e il tasso di interesse dello 0,1%.

A queste condizioni lo strumento del MES si rivela per l’Italia molto vantaggioso sia per costi finanziari sia per la tempistica di rientro dei prestiti ottenuti e i 36 o 37 miliardi disponibili saranno utili e necessari per coprire i notevoli costi socio-sanitari sostenuti a seguito della da coronavirus. “Non ci saranno, quindi, programmi di aggiustamento macroeconomico richiesti agli Stati, perché, viene sottolineato <<lo scopo molto specifico e limitato>> di questa linea di credito”. (Francesca Basso – Corriere della Sera – prima ora).

Tuttavia una critica all’utilizzo del MES viene portata da qualche economista per cui “non si placa ma anzi si accende oltre la ragionevolezza il dibattito sull’uso dei prestiti del Meccanismo europeo di stabilità MES:
Prestiti che se richiesti aumentano il debito pubblico allo stesso modo dei titoli di Stato. E che diventano debito prioritario. Il tasso a cui vengono concessi questi prestiti è sostanzialmente zero, per una durata di 10 anni. Oggi per finanziarsi sui mercati emettendo titoli di Btp a 10 anni l’Italia paga poco meno dello 0,7%, gli interessi più bassi di sempre. Quindi se raccogliesse i 36 miliardi emettendo Btp, pagherebbe 250 milioni l’anno in interessi. Questo il risparmio che garantirebbe il ricorso al Mes. però basta un aumento degli interessi dello 0,1% per azzerare i benefici – Il condizionale è utile, perché esiste quello che viene definito “effetto stigma”, ossia il fatto che il ricorso ad un aiuto “esterno” venga visto dai mercati come un segno di debolezza e pertanto gli investitori chiedano qualcosa di più in termini di interessi per prestare i loro soldi
.– (Massimo Bordignon docente alla Cattolica di Milano).

Quanto appena detto considera lo strumento del MES (fondo salva Stati) sotto i seguenti due aspetti:

  • Nella sua versione originaria con le condizioni previste dalla normativa esistente e non nella versione approvata dall’Eurogruppo nel maggio 2020 senza le condizioni originarie previste e solo per affrontare le spese sanitarie (dirette e indirette);
  • considera l’utilizzo dello strumento del MES in periodi ordinari della vita economico – produttiva di un Paese, mentre invece ci si trova in un momento straordinario ed eccezionale della vita economica dovuto alla pandemia in atto e che pertanto bisognerà adattare l’economia al momento eccezionale che si sta vivendo, momento dove le regole della scienza economica vengono stravolte.

Il prof. docente della Cattolica di Milano, parla di mercato. Ebbene quando si parla di mercato si parla della “inconoscibile realtà”, frase pronunciata in una delle lezioni di Ragioneria ed Economia Aziendale dal grande prof. Domenico Amodeo, per cui criticare lo strumento del MES così come approvato dall’Eurogruppo e cioè senza condizioni e appiattendolo (sic et simpliciter) sulle variazioni del mercato, rappresenta una mera posizione scolastica e fuori luogo, specie e soprattutto quando il mercato è turbato e continua ad esserlo in caso di emergenza sanitaria, con i riflessi in campo economico – sociale. Il mercato, in momenti straordinari e di emergenza della vita economica e sociale, potrà variare e andare al di sopra ma anche al di sotto dello 0,1% programmato. In tempo di guerra le regole trovano un limite nella soddisfazione dei bisogni e dei servizi primari!

Bisogna guardare al presente e carpire il momento positivo ed oggi le condizioni di costo dell’utilizzo dello strumento del MES sono favorevoli e bisogna accettarle e approfittare ad utilizzarlo, mettendo così risorse nelle casse dello Stato al fine di migliorare il sistema sanitario!

E’ un momento che definirei di guerra e in questi momenti le previsioni saltano e la necessità dovuta al bisogno di avere una Sanità efficiente, in grado di poter affrontare l’emergenza e di conseguenza salvare vite umane, fa superare ogni remora e quindi  crea le condizioni per utilizzare i fondi esterni del MES senza pensare che tale utilizzo potrebbe creare la sensazione di debolezza, perché tale sensazione comunque non ci sarebbe viste le condizioni di estremo vantaggio dello strumento del MES e quanto sopra detto. Si è perso già molto tempo e chi si pone di traverso per mere posizioni di parte e/o ideologiche, spero che non lo sappia, sta giocando con le vite umane.

Questo perché l’impressione negativa dei mercati della condizione di debolezza di un paese che dovesse ricorrere al MES potrebbe (uso il condizionale) avvenire solo in condizioni normali e non in condizioni e situazioni eccezionali di gestione dei mercati in cui v’è uno stato di stravolgimento dei fondamentali della scienza economica. Diceva il già citato, in altro mio articolo, economista mio esimio professore Giuseppe Palomba “in tempo di guerra economia di guerra” e la situazione della pandemia e delle sue conseguenze in campo economico, sociale e sanitario è quella di guerra in cui vengono stravolti i principi economici. In questi casi, si cercano di mantenere le condizioni minime per soddisfare i bisogni primari in assenza o quasi di tessuto produttivo. Importante che funzioni la catena alimentare e quella dei servizi essenziali. E in questi casi si immettono massicce dosi di liquidità nel sistema senza pensare al pareggio di bilancio, alla politica dell’austerity e al problema annoso di preoccuparsi di aumentare il debito pubblico. L’aggiustamento da riduzione del debito avverrà in un secondo momento e in tempi ordinari.

Nel nostro caso di pandemia da Covid-19, siamo di fronte alla flessibilità della scienza economica che si cala nel tipo di società, di civiltà e nei tempi ordinari e straordinari della vita economica e ne interpreta gli interessi, la creazione e gestione della ricchezza, il tipo di sviluppo e la gestione, anche fuori dalle regole, delle risorse in momenti difficili, quali la pandemia da virus e/o la guerra.

Antonio Mascolo

 

Immagine utilizzata: Pixabay