La storia raccontata da uno scatto – di Giuseppe Careri

La storia raccontata da uno scatto – di Giuseppe Careri

Guerra del Vietnam, 8 giugno 1972. Una foto tristemente famosa mostra una bimba di 9 anni nuda che fugge a braccia aperte dalle bombe al napalm sganciate da un aereo americano su un piccolo villaggio del nord Vietnam, Trang Brang. La bimba si era denudata per evitare il fuoco sui suoi vestiti.

La foto, vincitrice del premio Pulitzer, è stata scattata dal fotografo vietnamita  Huynh Cong «Nick» Ut che in una dichiarazione disse più tardi:  “Piansi quando vidi quella bimba correre, poi trasportai subito i bimbi della foto nel più vicino ospedale e mi assicurai che venissero curati”. 

La bimba, Kim Phuc, oggi una donna di 57 anni, ha rivelato in un libro, “Il fuoco addosso” l’orrore subito nella guerra del Vietnam. “Ho passato la vita a cercare di scappare da quella bambina della foto, ma sembrava che quello scatto mi perseguitasse”.

La foto di Kim Phuc è uno dei 139 scatti presentati dal World Press Photo 2020 al Palazzo delle Esposizioni di Roma in una rassegna aperta fino al 2 agosto. La mostra Press Photo annuale premia i professionisti che nell’anno precedente hanno realizzato le migliori foto e reportages in varie zone del mondo. Quest’anno il concorso ha visto la partecipazione di oltre 4 mila fotografi di 125 paesi. Alla finale sono arrivati 44 fotografi provenienti da 24 paesi. Tra questi anche sei fotoreporter italiani. Quest’anno ha vinto il giapponese Yasuyoshi Chiba della France Press con uno scatto che ritrae un giovane illuminato dai telefoni cellulari dei suoi compagni nel corso di una manifestazione di protesta durante un blackout a Khartum, capitale del Sudan. Complessivamente i professionisti hanno presentato ben 74 mila immagini, di guerra, sfruttamento, amore, esecuzioni sommarie, rivoluzioni. Tutti i partecipanti sono tenuti a tenere un codice etico e la giuria, indipendente, sottopone a rigorose verifiche i lavori presentati per verificare l’attendibilità delle immagini presentate.

All’ingresso c’è una grande sala con le foto sistemate alle pareti laterali; al centro della mostra un grandissimo tabellone con foto e illustrazione dell’avvenimento e dell’autore che ha  realizzato l’istantanea.

Tra  le 139 foto scattate dai fotoreporter sono rappresentati avvenimenti storici che hanno attraversato la nostra era. Tra queste spicca la foto datata 1989 di Charlie Cole di Newsweek che riprende il piccolo grande uomo cinese che sfida i carri armati del regime a Piazza Tienanmen per protesta contro il regime autoritario di Pechino. E poi la foto agghiacciante del 1968 dell’americano fotoreporter Eddie Adams, the Associated Press, che riprende il Capo della polizia nazionale del Vietnam del Sud durante l’esecuzione di un sospetto membro dei Vietcong.

Durante una dura protesta in Venezuela contro il Presidente Nicolas Maduro il fotografo Ronaldo Schemidt dell’Agenzia France-Presse, riprende un ragazzo che prende fuoco tra i violenti scontri con la polizia antisommossa di Caracas.

Infine l’Italiano Alessio Memo, l’Espresso, documenta in una foto suggestiva alcune donne di spalle con il velo dove s’intravvede un bambino di 2 o 3 anni. Una delle donne tiene il bambino in braccio mentre sono in coda a un ospedale di fortuna nel campo rifugiati di Hal-Hol nel nord della Siria.

Infine una inquietante immagine ripresa ad Hong Kong da Nicolas Asfouri, Danimarca – France Press; mostra un uomo a terra tenuto fermo da un poliziotto con il ginocchio che preme sul collo di un ragazzo reso inoffensivo dall’agente. La foto scattata a Hong Kong ricorda in maniera impressionante a quella americana di   George Floyd, l’Afro americano soffocato dal ginocchio di un poliziotto e poi morto in seguito per soffocamento.

Nella rassegna sono presenti diversi aspetti documentati dai diversi professionisti fotoreporter. In definitiva è uno spaccato della modernità, rappresentata quasi sempre da professionisti dello scatto, dell’istantanea, per documentare le storture della società, i soprusi, le violenze, le ingiustizie di un mondo che non sempre protegge i più deboli, i diseredati, gli ultimi. Anzi!  E le immagini di questi reportages portano spesso a denunciare questi abusi di potere. Ma non tutto è così. Ci sono anche le foto di chi, in questa terra, aiuta i più fragili e gli indifesi. E la foto serve anche a questo. A chiedere giustizia per tutti coloro che hanno subito violenze di ogni tipo. Grazie, dunque, a chi spesso rischia di persona per il bene degli altri.

Giuseppe Careri