Come si misura il benessere di una società

Come si misura il benessere di una società

Sempre più si pone il problema della definizione di come sia da considerare il benessere di una società. A maggior ragione oggi che la sempre più complessa articolazione sociale ed economica interna ai singoli paesi e la globalizzazione pongono il quesito sulla valutazione delle condizioni di vita degli esseri umani.

“What we measure effect what we do”. Dal rapporto Stiglitz del 2012, commissionato dal Presidente francese Sarkozy e stilato dalla commissione Stiglitz-Sen-Fitoussi, emersero acuti elementi e argomentazioni rilevanti circa la misurazione del benessere di una società.

Certamente, così come espresso nel 1934 dal fondatore della misurazione del PIL (Prodotto Interno Lordo) Simon Kuznets al congresso USA, “il benessere di una nazione […] non può essere facilmente desunto da un indice del reddito nazionale”.

Quali distinte traiettorie si andavano delineando? L’una prediligeva indici di misurazione tipo il Pil l’altra, invece, si proponeva di voler misurare l’effettivo “stato di salute” della società.

Per gli economisti classici il Pil era una misura necessaria al fine di favorire indirettamente il progresso della società: concezione assunta in seguito all’indubbia importanza che il Pil ebbe durante la Grande Depressione – del dopo 1929 – fungendo da bussola gestoria, contrastando le oscillazioni economiche e favorendo l’espansione.

Oggi giorno, consapevoli delle critiche al Pil come strumento di misurazione del benessere, è possibile immaginare politiche volte al suo superamento che avallino la traiettoria del voler misurare l’effettivo “stato di salute” della società?

Sulla scia del percorso di formazione ASviS, promosso dal Centro di Cultura “G. Lazzati” dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Taranto, dal Politecnico di Bari e dalla Camera di Commercio di Taranto – in previsione della prossima Summer School per l’estate 2019 e nell’intento di far divenire Taranto Bes City considerando il macro-obiettivo Agenda 2030 – continua il progetto di comunicazione educativa per docenti che avranno il compito di trasmettere il programma conoscitivo acquisito ai giovani.

Due eventi dalle tematiche congiunte e contigue: l’uno organizzato lo scorso mercoledì 21 novembre presso l’Aula Magna “Attilio Alto” del Politecnico di Bari, l’altro in data 26 novembre scorso presso la biblioteca della Camera di Commercio di Taranto.

Nell’ambito di un sistema dinamico in continua evoluzione è indispensabile, infatti, dotarsi di strumenti statistico-economici puntuali al fine di orientare al meglio i processi decisionali. In tal senso, l’Italia si è fatta autrice del BES (Benessere Equo e Sostenibile) una metodologia statistico-economica nazionale dinamica nata dal lavoro congiunto di Cnel, Istat e di altre parti sociali, introdotta nel Bilancio dello Stato italiano con la Legge di Bilancio n.163/2016, capace di misurare concretamente e direttamente il benessere della società.

A Taranto, nel marzo 2017, venne organizzato dal Centro di Cultura “G. Lazzati” dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Taranto, dal Politecnico di Bari e dalla Camera di Commercio di Taranto con il patrocinio di Anci, Istat e Unioncamere il Corso di Alta Formazione Accademica, primo nel suo genere in ambito nazionale, in “Progettazione e Gestione di Città e Territori Sostenibili” avente tematica la metodologia Bes che consentì ai corsisti partecipanti – dopo aver appreso le nozioni cardine, mediante lezioni frontali, focus tematici, simulazioni grafiche specifiche e attività di laboratorio – di applicare il Bes all’area vasta di Taranto predisponendo e redigendo, infine, un complesso elaborato scritto in lingua italiana da cui è stato possibile evincere come la città pugliese e la sua provincia si posizionino – relativamente i livelli nazionale, regionale e provinciale – circa le tematiche analizzate.

Nel tentativo di far fronte all’impellente necessità di “bisogno urbano” avvertito dalla città di Taranto, i corsisti ebbero la possibilità di redigere un modello applicativo concreto, frutto di analisi accurate, rappresentativo della possibilità tangibile di utilizzo della metodologia Bes quale risposta alla pianificazione strategica.

Gli indicatori statistici nazionali – oggigiorno già in uso – rappresentano il vasto ventaglio metodologico di cui si compone il Bes. Al riguardo, importanti constatazioni emersero dall’evento barese del già citato 21 novembre scorso: i livelli nazionale e regionale detengono un’adeguata copertura rappresentata da un ingente quantitativo di indicatori statistici ufficiali; al contempo, però, è evidente una carenza quantitativa degli stessi afferenti il livello locale (comunale e provinciale).

In tal senso, l’Istat in linea con il suo compito essenziale – offrire un quadro di informazioni quantitative affidabili e di altissima qualità in grado di imporsi come punto di riferimento così da facilitare le scelte rilevanti per il futuro dell’Italia anche nel contesto globale – consapevole dell’impellente necessità di mappare i comuni italiani più piccoli, sta lavorando costantemente al fine di incrementare gli indicatori statistici ufficiali di livello locale.

Quindi: così come già suggerito dal rapporto Stiglitz sopra citato occorrerebbe un vero e proprio cambio di priorità: dalla produzione delle merci al benessere delle persone valutato in un contesto di sostenibilità. Agire secondo “l’ordine della complessità” – tematica pregevolmente delineata durate l’incontro del 26 novembre scorso presso la biblioteca della Camera di Commercio di Taranto da “l’artigiano della complessità”, così gradisce definirsi il Dott. Alessandro Giuliani primo ricercatore dell’Istituto Superiore di Sanità di Roma (ISS) – implica necessariamente che i risultati dipendano strettamente dalla metodologia utilizzata, mettendo in risalto quanto quest’ultima sia importante. Inevitabilmente viene da chiedersi: qual è il rischio derivante dalla complessità ovvero dalla maggiore quantità di dettagli appresi? Tanto la perdita in semplicità quanto dell’argomento principale, situazioni certamente evitate qualora i dati conosciuti non siano gestiti in maniera frammentata ma messi in relazione gli uni agli altri. Diremo, quindi, che la complessità ha valore solo qualora siano evidenti le relazioni tra gli oggetti (dati) che origineranno l’evento (risultato). L’approccio fondante questi due incontri formativi e altamente riflessivi svoltisi nella città pugliese di Taranto è teso a voler riprogrammare la gestione della realtà complessa secondo logiche che mettano al centro “il benessere della società” che vedono nella metodologia economico-statistica nazionale Bes e nelle relazioni non frammentarie le risposte puntuali al concreto cambio di paradigma atteso e fortemente voluto da Taranto.

Karen Ricchiuti