Giacomo Matteotti una vita per la libertà. Una mostra e un libro – di Giuseppe Careri

Giacomo Matteotti  una vita per la libertà. Una mostra e un libro – di Giuseppe Careri

30 maggio 1924: In una infuocata seduta del Parlamento, il Deputato socialista Giacomo Matteotti denuncia i brogli, i ricatti e le violenze fasciste contro gli avversari politici durante l’ultima campagna elettorale dell’Aprile1924.

In un clima incandescente, Matteotti è interrotto in continuazione da urla e minacce provenienti dai banchi dell’estrema destra e dalle urla scomposte dei fascisti. Quello del Deputato socialista è un intervento appassionato e coraggioso per le denunce rivolte al regime fascista sulla politica finanziaria, sulle concessioni petrolifere e sui residuati bellici della prima guerra mondiale. E’, in definitiva, la denuncia di un uomo politico che si batte per la libertà del suo paese contro le ruberie, le violenze fasciste, l’autoritarismo di Mussolini e dei suoi camerati.

Al termine del suo intervento, Matteotti, sfinito per la tensione accumulata nell’aula, percepisce che ha colpito al cuore il sistema di potere di Mussolini e del sorgere di un fascismo violento e autoritario. Finito il discorso dice: “Ora preparatevi al mio funerale”, sembra abbia sussurrato questa frase ai suoi colleghi di partito.

Nel paese il clima è infuocato. All’inizio del regime Mussolini aveva istituito una polizia segreta, la CeKa, con il compito di reprimere qualsiasi protesta e far ammutolire gli avversari politici con atti di violenza e sopraffazioni inaudite. A capo delle operazioni sul campo della polizia segreta, venne posto Amerigo Dumini che si avvalse di un gruppo ristretto di fascisti per colpire i dissidenti e gli antifascisti. In due anni il gruppo della Ceka fece aggressioni in Francia per colpire antifascisti esuli; a Roma le loro aggressioni colpirono, tra gli altri, Giovanni Amendola e devastarono il giardino di Francesco Saverio Nitti. Ora è giunto il momento di Giacomo Matteotti. I fascisti della polizia segreta iniziano, così, i sopralluoghi per rapirlo e dargli una dura lezione. Si appostano vicino alla sua abitazione, a Lungotevere Arnaldo da Brescia, con una automobile americana per controllare i suoi movimenti, trascinarlo altrove e dargli una lezione definitiva. E’ il 10 Giugno del 1924, ore 16.30, solo 10 giorni dopo il suo accorato intervento in Parlamento:

“Il sole illumina tutto il Lungotevere Arnaldo da Brescia. Il parlamentare socialista attraversa la strada per salire sul lato del marciapiede dal lato del fiume. Un uomo scende al volo da una vettura. Matteotti intuisce qualcosa, ma gli sono addosso in quattro. Uno lo colpisce con un pugno violento. I quattro sollevano di peso Matteotti e lo portano verso la vettura che ha tutte le porte aperte…Dentro l’auto la colluttazione è violenta. Matteotti si difende con tutte le sue forze. Poi, disperato si sente un grido di un fascista: “E’ Morto”!

Questo è il racconto, in chiave cinematografica, del libro appena uscito di Giancarlo Infante dal titolo “Intrigo all’italiana, il delitto Matteotti tra politica, affarismo e spie (CLICCA QUI). Tra il 12 e il 28 giugno vengono arrestati quattro dei cinque assassini, il quinto sfugge alla cattura riparando in Francia da dove verrà estradato a dicembre dello stesso anno. Il corpo del Parlamentare socialista fu ritrovato due mesi dopo in un bosco sulla flaminia, a Riano, una macchia della Quartarella, scoperto casualmente da un carabiniere in licenza.

A cent’anni dall’assassinio di Giacomo Matteotti, a Roma è stata allestita una grande mostra a Palazzo Braschi con filmati dell’aggressione a Matteotti e poi tanti ritagli di giornali, documenti inediti, grandi foto, racconti sulla vita del parlamentare socialista e della sua famiglia.

Quando Matteotti fu assassinato aveva compiuto 39 anni; era nato, infatti, a Fratta Polesine nel 1885 da agiati proprietari terrieri. Penultimo di sette figli, soffrì molto la perdita di suo fratello maggiore morto in età giovanile.

Matteotti studia al Liceo classico di Rovigo conseguendo la licenza nel 1903. Si laurea con lode nel 1907 all’Università di Bologna in Diritto penale. Tra il 1910 e il 1912 viaggiò in Inghilterra, Austria e Ungheria per studiare la legislazione penale e il sistema carcerario di quei paesi. I suoi studi e la conoscenza che ne consegue, accentuano in Matteotti il desiderio di giustizia e di ideali, soprattutto rivolti ai più deboli, ai contadini, i braccianti del suo paese e di tutti coloro che sono sfruttati. Nel Polesine, subito dopo la seconda guerra mondiale, i contadini e i braccianti conducevano una vita di stenti e di povertà. Matteotti conosce bene lo squadrismo fascista, emanazione diretta degli interessi degli Agrari, soprattutto quello del Polesine e di Ferrara. Per questo, in Parlamento denuncia più volte gli squadristi fascisti che tentarono di colpire anche lui a Landinara in provincia di Rovigo.

Per tutta la vita Giacomo Matteotti difese i più deboli dai soprusi e dalle violenze degli squadristi fascisti. Lo fece per convinzione profonda, per difendere i diritti e la libertà di ogni cittadino. Lo fece in piazza, ma soprattutto lo fece con coraggio in Parlamento. Ha rischiato ed ha pagato per il suo coraggio e per i suoi ideali di libertà. Per questo è interessante “leggere” il delitto Matteotti scritto da Giancarlo Infante e vedere la mostra di Palazzo Braschi che racconta la sua drammatica storia.

Per non dimenticare.

Giuseppe Careri