L’idea di scuola della destra e la Costituzione

L’idea di scuola della destra e la Costituzione

Se appena si gratta via la vernice delle parole edulcorate e suadenti, i toni accomodanti con cui la destra ha avanzato, al primo esordio, le sue proposte, compaiono i modi, se non ancora autoritari ed imperativi, sicuramente assertivi e poco inclini al confronto con cui enuncia i suoi reali orientamenti di fondo.

Il piglio è da padroni del vapore, come se, con il 27% del consenso di poco più della metà degli italiani, il suo legittimo e doveroso compito non fosse solo governare, finché goda della fiducia del Parlamento, bensì anche quello di mettere gli italiani al passo.

Per ora il proposito è cambiare l’Italia, ma non vorremmo che, in effetti, si vogliano cambiare anche gli italiani, sull’onda di una manovra che alcuni autorevoli esponenti della maggioranza definiscono “patriottica”.
Insomma, un po’ alla volta non è escluso che si vada verso una sorta di dottrina dell’ “uomo nuovo”, come si conviene ad ogni forza che senta l’ora del destino battere sul quadrante della storia od altre fesserie del genere.
Le dichiarazioni del Ministro Valditara che il “Corriere della Sera” riporta stamane, ad esempio, aiutano a comprendere come la denominazione di “Ministero dell’Istruzione e del merito”debba, in effetti, intendersi estesa al
“demerito”.

Pensavamo fosse pacifico per tutti considerare la scuola il più rilevante momento di inclusione sociale e di piena affermazione di quella pari dignità di ogni persona, che rappresenta il pilastro della Costituzione repubblicana.
Scopriamo, al contrario, che può essere concepita come strumento di una selezione darwiniana destinata a distinguere chi sia adatto e chi lo sia meno o niente del tutto.

In vista, se ne dovrebbe dedurre, non tanto della crescita personale di ognuno, ma al fine di affermare la potenza del collettivo, secondo un indirizzo che inclina ad una concezione statalista che non ci piace ed è in palese contraddizione con l’ articolo 2 della Costituzione, il quale afferma con chiara fermezza come la persona preceda lo Stato.

Sembra di capire che chi non ce la fa debba essere, sostanzialmente, abbandonato al suo destino o addirittura punito.
Zavorra, insomma. Senza considerare come dietro ogni ragazzo in difficoltà al punto di abbandonare la scuola ci sia una vita, una storia in ogni caso umanamente ricca, se pure frustrata ed in attesa di quel tanto di empatia e di accompagnamento che docenti, altrettanti ricchi, siano in grado di offrirgli.