Come cambia la guerra in Ucraina con l’arrivo dell’inverno – di Giuseppe Sacco

Come cambia la guerra in Ucraina con l’arrivo dell’inverno – di Giuseppe Sacco

Con l’arrivo del grande freddo, la guerra in corso in Ucraina sembra entrata in una fase nuova e diversa.  Diversa soprattutto per il modus operandi di quel formidabile alleato che è sempre stato per la Russia il “generale inverno”, quale lo si era visto all’opera non solo nell’invasione napoleonica del 1812, ma ancora in quella molto più recente da parte delle 90 divisioni di Hitler.

Se allora esso creava enormi difficoltà principalmente all’esercito invasore, in genere non abituato ad operare nelle condizioni climatiche contro un difensore familiare con il territorio, in questo caso, tra Russi e Ucraini, i due eserciti sono quasi alla pari. E a ciò si aggiunge la maggiore sofisticazione, rispetto a quelli in dotazione all’esercito tedesco, degli armamenti del ventunesimo secolo, che chiaramente gioca a pieno il suo ruolo, oggi che gli Stati Uniti sono di fatto diventati l’inesauribile arsenale dell’Ucraina e del suo presidente Zelensky.

Non è questo però il caso della popolazione civile che vive sul campo di battaglia, gli Ucraini, e che vengono colpiti in pieno dalla forza del “generale inverno”. Un evidente dato di fatto di cui la Russia ha immediatamente approfittato, rispondendo con un cambiamento strategico altrettanto significativo, e che si vede all’opera nella scelta degli obiettivi per la pioggia di bombe e di missili che cadono sulle infrastrutture energetiche del paese invaso.

E’ questa, la distruzione sistematica delle infrastrutture essenziali, un elemento di novità, che è stato messo in atto solo nella fase matura del conflitto, all’avvicinarsi dell’inverno, e che era stato quasi completamente assente nelle prime fase della “operazione speciale”. Il ché non mancò di essere notato come piuttosto peculiare, e anche fonte di una certa sorpresa, da parte di qualcuno dei più esperti generali italiani.

Al buio ma non in silenzio .

Di fronte a quella che sembra essere la sistematica distruzione dei centri di produzione elettrica dell’Ucraina e della relativa rete di distribuzione, difficilmente l’industria bellica americana potrà trovare una contromisura immediata. Certo! Si tratta di distruzioni che forniranno ampie occasioni di business, forse anche – e magari soprattutto – alle imprese cinesi, quando verrà il momento della ricostruzione. Ma alle quali, per il momento, sembra difficile porre rimedio in tempi e modi che evitino per la popolazione ucraina un terribile inverno trascorso al buio e al gelo.

Con una sola parziale eccezione, tuttavia. Quella dei sistemi di comunicazione che, per la loro miniaturizzazione, la loro portabilità, e la possibilità di farli funzionare con batterie ed alimentatori relativamente piccoli, riescono in una qualche misura a proteggere gli Ucraini dall’isolamento e dal silenzio, mantenendone vigile l’impegno e lo spirito critico. La popolazione, insomma, è al buio e al freddo, ma non è tagliata fuori dallo scontro politico che coincide con quello militare.

Non poco complicato è però diventato – a meno di quella escalation ulteriore verso la Terza Guerra Mondiale, di cui certo non a caso ha parlato il Cancelliere tedesco – evitare che si crei in Ucraina la situazione psicologica e politica cui Mosca sembra mirare: una situazione nella quale l’esasperazione e il finora non udito – ma assai logico – “grido di pace” del martoriato popolo ucraino diventi così forte da pesare politicamente. E da costringere il Presidente ed i suoi alleati internazionali a moderare lo spirito di riconquista dell’intera Ucraina, compresi i territori perduti nel 2014, a ridimensionare l’ambizione di imporre una umiliante sconfitta alla Russia, e a rinunciare al progetto, esplicitato da Biden durante la visita in Polonia, di favorire l’ascesa al Cremlino di una persona diversa da Putin.

Più profughi?

Al momento, per fronteggiare questa crudele strategia di Mosca, le autorità ucraine sembrano orientate a mettere in atto una politica di evacuazione delle popolazioni più direttamente minacciate, e che verrebbero ad accrescere la folla dei rifugiati, anche al di fuori dei confini ucraini. Rifugiati che questa guerra ha già creato, sin dai primi giorni di combattimento, in numero eccezionalmente alto, se si compara a quello di altri conflitti recenti. E che si spiega probabilmente col carattere inevitabilmente fratricida, e da entrambe le parti previsto come tale, data la lunghissima convivenza dei due popoli nella stessa patria e sotto la stessa bandiera.

Ma è difficile valutare quanto una scelta difensiva di questo genere possa diventare applicabile all’intera Ucraina. E se l’abbandono forzato delle proprie case non sia destinato a determinare sconvolgimenti anche più gravi degli attuali nella vita della popolazione, rendendo così più forti ile sue conseguenze politiche. Oppure quanto invece diventi probabile la scelta del leader ucraino e dei suoi stretti consiglieri occidentali, per una risposta militare di diversa natura e maggiore potenza. Trasformando così in realtà le oscure previsioni di un’ulteriore escalation del Cancelliere tedesco Olaf Scholz.

Giuseppe Sacco