Un vero peccato non vincere gli Europei ogni sera

Un vero peccato non vincere gli Europei ogni sera

Finita l’ubriacatura per la vittoria di Wembley, e lo splendido orgoglio dimostrato nel pomeriggio precedente da Berrettini a Wimbledon, non ci si può non rammaricare per il fatto che, purtroppo, non si possa ogni sera vedere vincere la Nazionale di calcio. Con i telegiornali costretti, così, a risparmiarci di guardare molte facce d’improbabili  che ci danno i loro piccoli slogan politici in formato pillola contenente inconsistenza.

Certo la retorica non è mancata, ma questo è comprensibile per un popolo che ha bisogno di recuperare quotidianamente il senso della vittoria, dell’unità nazionale, della reazione o, come si dice oggi, della resilienza affidandosi più all’effimero piuttosto che alla sostanza.

Dopo un anno e mezzo di Covid, la dilatazione della paura, sanitaria ed economica, l’estensione della qualità e della quantità delle povertà, i cambi di governo ed anche dopo aver seguito la crescita della Nazionale di Mancini, era inevitabile che la maglia azzurra facesse l’effetto ipnotico e coinvolgente per un Paese intero. Anche perché si è vinto.

Questa volta persino Matteo Salvini ha dovuto tifare Italia. Forse perché la Francia, di cui fu tanto ardito sostenitore, quando ancora non gli era venuto più comodo creare un partito padano- nazionalista di destra, era uscita agli Ottavi di finale.  Un segno di rinsavimento che fa piacere registrare.

Resta il punto degli italiani e dell’Italia. “Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave sanza nocchiere in gran tempesta, non donna di province, ma bordello!” scrisse l’Alighieri in una efficace invettiva che oggi non è completamente vera, ma che in qualche modo traduce il senso di una realtà che dev’essere profondamente  modificata. Più recentemente, ci si può riferire ad Aldo Moro che, prima di morire, ci ricordò un qualcosa che, invece, è davvero attuale e pregnante. Perché la stagione dei diritti si rivela effimera se non nasce quella dei doveri.

E allora, contenti, anzi strafelici della vittoria degli Azzurri in casa ostile, i cui abitanti sembrano aver perso inopinatamente il tradizionale “fair play”,  dobbiamo cogliere le motivazioni più profonde e riassumerle per le sfide cruciali che il Paese ha dinanzi e che fanno tremare i polsi al Presidente Mattarella e a Mario Draghi i quali, dopo Londra, si sono visti finalmente per la prima volta rilassati e sorridenti: visione strategica, costanza, continuità, impegno e spirito di servizio, con umiltà e perseveranza.