I giganti delle scarpe contro Trump per la guerra dei dazi

I giganti delle scarpe contro Trump per la guerra dei dazi

Alcune delle più grandi ditte produttrici di scarpe al mondo stanno sollecitando Donald Trump a porre fine alla guerra commerciale degli Stati Uniti con la Cina, avvertendo su di un possibile effetto “catastrofico” per i consumatori.

In una lettera firmata da 173 aziende, tra cui Nike e Adidas, scrivono a Trump che la decisione del presidente di aumentare le tariffe sulle importazione al 25% avrà un impatto enorme sui lavoratori e sul futuro di alcune imprese.

“È tempo di porre fine a questa guerra commerciale”, è scritto nella lettera inviata al Presidente Trump il quale ha disposto un aumento dei prelievi pari a circa 200 miliardi di dollari sulle importazioni cinesi negli Stati Uniti portandolo dal 10% al 25% in più, dopo che Washington e Pechino non hanno raggiunto un accordo sul commercio.

La Cina ha immediatamente annunciato l’introduzione di prelievi aggiuntivi per 60 miliardi di importazioni provenienti dagli Usa a partire dal prossimo primo di giugno.

Le aziende calzaturiere che hanno firmato la lettera, tra cui Clarks, Dr Martens e Converse, sostengono che la tariffa media statunitense per le calzature è dell’11,3%, ma in alcuni casi può raggiungere il 67,5% e che l’aggiunta di tasse per un 25% ulteriore al ​​di sopra di queste soglie potrebbe significare che alcune famiglie americane potrebbero pagare un dazio quasi del 100% sulle loro scarpe.

I produttori di scarpe fanno anche presente che occorrono anni ed anni affinché sia possibile approvigionarsi in paesi diversi dalla Cina a causa della pianificazione necessaria e le aziende non possono semplicemente spostare le fabbriche per adeguarsi a questi cambiamenti.

Secondo un sondaggio appena effettuato dalle Camere di commercio americane in Cina e Shanghai , così, appare che poco più del 40% delle aziende stia prendendo in considerazione l’ipotesi di un trasferimento di strutture produttive al di fuori della Cina a causa delle tariffe, ma che un terzo degli intervistati ha ritardato o annullato le decisioni di investimento per far fronte all’introduzione delle nuove tariffe.