Preoccupazione per la sorte dei marò Girone e Latorre. Il Governo si muove con un ricorso alla Corte Suprema di New Dehli. Ma è il “balletto” dei rinvii e delle “contraddizioni” indiane la vera pirateria

Preoccupazione per la sorte dei marò Girone e Latorre. Il Governo si muove con un ricorso alla Corte Suprema di New Dehli. Ma è il “balletto” dei rinvii e delle “contraddizioni” indiane la vera pirateria

Passa il tempo e la vicenda dei due marò Girone e Latorre trattenuti in India oramai da due anni si fa sempre più preoccupante. Il governo italiano ha intanto presentato un ricorso alla Corte Suprema indiana in seguito all’ennesimo scorcantante rinvio di Nuova Delhi nel presentare i capi d’accusa a carico di Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, mentre i presidenti delle commissioni Affari esteri e Difesa di Camera e Senato hanno deciso di inviare “una delegazione, rappresentativa di tutti i gruppi parlamentari” in missione istituzionale nel paese asiatico per incontrare i due fucilieri “prigionieri” in occasione della prossima udienza del processo.

L’atteggiamento indiano è dichiaratamente indisponente, dal sapore di continui “schiaffi” inferti al nostro Paese e all’intero diritto internazione. Un’azione intollelabile, che altre nazioni non avrebbero assolutamente tollerato e da molto tempo avrebbero messe in atto misure “convincenti” per risolvere il problema. Ma si sa, in italia impera la teoria di un “buonismo” all’eccesso, che anziché produrre benefici 1a1761porta solo umiliazioni e angheria. E la tempistica indiana ne è l’esempio più lampante. L’errore più macroscopico fu lo sconcertante “balletto” dei “rimangono, no tornano” dei nostri ministri in occasione della licenza di Natale 2012 concessa dagli indiani a Girone e Latorre.

Qualunque Paese del mondo, e gli Usa insegnano molto, avrebbero impedito che due “servitori della Nazione” tornassero in uno stato che aveva già mostrato chiari segnali di incertezza giuridica, per di più con profonde divisioni di metodo e di volontà tra le magistratura dello stato centrale indiane e le autorità dell’estrema periferia sud dove avvenne l’attacco alla petroliera italiana e la morte dei due pescatori.

Le azioni messe in atto in questi giorni dall’Italia fanno parte di quella risposta diplomatica annunciata dal Governo alla notizia del nuovo slittamento sulla decisione dell’India circa la possibilità di applicare o meno la pena di morte anche per il caso dei due marò. Una decisione certo non di poco conto, con una 1a1770possibilità che ha dell’assurdo e che meriterebbe più dure risposte. Ma la parola d’ordine, è più che evidente, sarebbe quella di “non indispettire” gli indiani. Però a furia di “assecondare” e non urlare per un comportamento inaccettabile quanto assurdo vediamo tutti a che punto si è arrivati. Una situazione sempre più preoccupante all’esterno. Proviamo a immedesimarci nello stato d’animo dei due marò, e soprattutto quello delle loro famiglie. Uno strazio.

La “petizione” italiana alla Corte Suprema vuole scongiurare l’uso del “Sua Act”, la legge antiterrorismo indiana che, tra le altre misure, prevede anche la pena di morte. Ma non era questa della pena capitae un’ipotesi emersa e già stata esclusa più volte dal governo di New Delhi? Un tira e molla straziante. E’ questa la vera pirateria.

Riccardo Marini