Una voce dell’Iran: avrei voluto un figlio per insegnargli cos’è il senso dell’umanità- di Saedeh Lorestani

Una voce dell’Iran: avrei voluto un figlio per insegnargli cos’è il senso dell’umanità- di Saedeh Lorestani

A volte mi dico che invece di fare l’avvocato, dedicarmi alla scrittura, al teatro, al balletto o ad attività socio-culturali, avrei dovuto dare alla luce un bambino e insegnargli il senso più profondo dell’umanità. Insegnargli a non schiavizzare le persone e a rispettare la dignità. Gli avrei potuto parlare della bellezza di dire “ti amo” e dargli la possibilità di sperimentare l’amore e la libertà in uno spazio lontano dalle bugie e dall’ipocrisia. Infine, lo avrei voluto vedere diventare un “miracolo” nella vita degli altri.

Per me e per quelli di noi che guardano tutti gli eventi da lontano, che guardano alla guerra, alla fame, alla tirannia dei governanti, alla tortura, alle esecuzioni ed assistono alla morte dei giovani c’è il rischio dell’assuefazione. E, invece, si tratta di cose che potrebbero accadere anche a noi. Eppure, troppo spesso, rimaniamo in silenzio di fronte all’oppressione degli altri.

In una delle carceri della Repubblica islamica dell’Iran un altro giovane è morto dopo aver subito torture mentali e fisiche. Javad Rouhi, aveva 35 anni quando è stato arrestato dalla polizia iraniana a Nowshahr in occasione delle  manifestazioni di protesta, in particolare durante quelle per cui la gente è scesa in piazza  contro l’obbligo dell’hijab per le donne.

E’ morto da pochi giorni: il 31 agosto dopo aver sopportato undici mesi di torture e dolore. Il suo avvocato e la sua famiglia hanno più volte denunciato le sue condizioni d’emergenza. Tuttavia, le autorità giudiziarie non hanno prestato attenzione. Ciò è accaduto proprio mentre il popolo iraniano si preparava a combattere contro il regime  nell’anniversario della morte di Mahsa Amini, la ragazza di 23 anni che, dopo essere stata arrestata per aver indossato il hijab in un modo che secondo la polizia morale iraniana era indossato modo sbagliato. Così, il 16 settembre dello scorso anno morì in carcere in circostanze sospette. E nel corso di un anno intero, il popolo iraniano è stato testimone della tortura e dell’uccisione dei suoi giovani da parte delle forze di polizia guidate dalla Repubblica Islamica.

Adesso, molti medici e analisti politici ritengono che la morte di Javad Rouhi sia stata organizzata, come quella di molti altri attivisti politici detenuti nelle carceri dell’Iran. La sua condanna è stata la morte e le autorità, a causa delle diffuse proteste del popolo iraniano contro l’esecuzione di innumerevoli giovani manifestanti, hanno recentemente utilizzato un metodo che fa sembrare il prigioniero privo di sensi per cause sconosciute. Da molto tempo si denunciano le morti sospette di giovani e adolescenti nelle carceri. Talune a seguito dello stato di depressione dei prigionieri, altre seguite a tentativi di suicidio, o a malattie improvvise come nel caso di ictus. certo, tutto favorito e conseguente al duro sistema di vita cui vengono sottoposti nelle galere dell’Iran.

La preoccupazione e la rabbia del popolo iraniano, degli attivisti e degli organismi che si battono per i diritti umani crescono ogni giorno di più riguardo a queste azioni crudeli cui si abbandonano i funzionari della Repubblica islamica. Mentre ancora più di prima si teme che, a causa delle azioni arbitrarie delle autorità islamiche, come quelle che prevedono il licenziamento di insegnanti e professori universitari e la maggiore pressione illiberale e vessatoria da operare a danno di donne e di ragazze, il numero delle vittime della libertà aumenterà ogni giorno.

Molte sono le famiglie che hanno perso i propri figli. Giovani e adolescenti felici, belli, educati… Con l’omicidio di Javad Rouhi, dopo alcuni mesi di silenzio, la voce del popolo iraniano è tornata a protestare. Possiamo sempre rimanere in silenzio di fronte all’oppressione? Non abbiamo il diritto di protestare dopo essere stati danneggiati per l’esserci stata imposta l’oppressione.

Alla vigilia dell’anniversario dell’omicidio di Mehsa Amini, che lo ricordo, era solo una ragazza di 22 anni, cerchiamo di essere la voce della libertà per il popolo iraniano e per tutti i popoli del mondo contro i dittatori e i governi corrotti.

Saedeh Lorestani