La disfatta di Spagna della destra

La disfatta di Spagna della destra

Se non altro, Giorgia Meloni può dire che quella di Spagna fu un’ingrata campagna pure per Napoleone. Un’effimera iniziale speranza di vittoria destinata, poi, a non rivelarsi tale.

Resta il fatto che si è trattato davvero di un brutto colpo per i “conservatori  riformisti” capitanati dalla nostra Presidente del consiglio. Oggi, ed è emblematico il silenzio di tutti i “gazzettieri” di giornali e televisioni di casa nostra, sembrano finiti al tappeto proprio mentre assaggiavano l’illusione di dominare il ring delle prossime europee. Un brutto colpo d’incontro che ha piegato le ginocchia proprio agli inizi di quella che avrebbe dovuto essere una trionfale camminata verso i vertici europei. Distrutto, dunque, ogni sogno di “grandeur”? Altro che esportare l’esperienza italiana e mettersi a capo di un’altra Europa.

E questo spiega tutti i limiti di una destra velleitaria e poco realistica. In parte, anche intenzionata a  non tenere conto dei meccanismi elettorali che, in occasione delle Europee del 2024, porranno ben altre questioni. Certamente, non riducibili alla mera propaganda elettorale tutta incentrata sul “mito” delle coalizioni che, in quel contesto, serviranno a poco.

Il mito si è incrinato proprio in quella Spagna per cui sono state spese tante energie e impegno d’immagine. Anche sulla base di un risultato che prevedeva almeno il raddoppio di Vox, e non il dimezzamento di domenica scorsa.

In crisi soprattutto l’idea di arrivare ad  accordo con i popolari a livello europeo che avrebbe dovuto mettere le basi a partire proprio dal risultato spagnolo. Pur di rovesciare quell’ “alleanza Ursula” che non va giù a sovranisti e populisti.

Come nel nostro piccolo abbiamo detto da tempo, ogni competizione elettorale ha le sue regole e le sue storie. E non è consentito seguire una lettura distorta della situazione. Confondendo le speranze con la realtà perché, alla fine, questioni complesse come quelle della guida di un’entità come l’Europa non possono essere interpretate guardando solamente agli interessi e alle dinamiche nazionali. Si è voluto raccontare una storia che non c’è. E forse anche immaginarsi che semplificando si ottiene qualche risultato.

La semplificazione più evidente è stata quella che riguarda il Partito Popolare europeo. Che non è fatto solo dal suo Presidente Manfred Weber, il quale guarda molto ai suoi affari di Baviera, o da qualche avversario nella Cdu di Angela Merkel. Ci sono tanti popolari, in tutti e i 27 stati dell’Unione, non affatto convinti del consociativismo con la destra xenofoba e populista. Anzi, in taluni casi, in molti hanno ben presente che esistono motivi di cultura politica, di tradizione e, persino, di concorrenza elettorale che spingono a tenersene ben lontani.

Matteo Renzi spiega a Giorgia Meloni che in Europa si vince al Centro. E altri le chiedono di spostarsi al Centro, come se chi nasce tondo potesse farsi quadrato. E in effetti, non è facile per Giorgia Meloni ricercare una nuova credibilità, e con lei i “conservatori – riformisti” (denominazione ossimoro che già di per sé dimostra l’esistenza di una strumentalità anche lessicale), dicendosi improvvisamente altra.

Oltre a considerare la necessità di riflettere sul fatto che limitarsi a dirsi di Centro non significa assolutamente niente. Pure in sede europea dove ben più complesse sono le agende aperte in materia economica, sociale, ambientale e di politica estera.

I punti cruciali sono quelli dell’impostazione di una nuova politica economia improntata alla solidarietà, la trasformazione ambientale per mettere l’Europa alla guida di uno sviluppo sostenibile, ma rispettoso del Creato, la prosecuzione della politica di coesione diretta a superare gli squilibri che ancora marchiano il Vecchio continente e la necessità di farsi autentica promotrice di pace e di ricerca di nuovi equilibri geopolitici che tengano conto della multipolarità del nostro mondo. Il resto sono formule retoriche e vane esercitazioni di schieramento che non servono a nessuno, meno che mai agli europei che stanno dimostrando, un po’ dappertutto, quanto non siano più molto disponibili a farsi incantare da formule miracolose.