I cattolici in politica dopo Berlusconi – di Domenico Galbiati

I cattolici in politica dopo Berlusconi – di Domenico Galbiati

Un recente articolo del Foglio, analizza le possibili evoluzioni dell’ impegno politico dei cattolici dopo la scomparsa dell’ “Unto del Signore”.

La dipartita di Berlusconi – sostiene su Avvenire, Marco Iasevoli, in un articolo che su queste pagine è  già stato commentato da Giancarlo Infante(CLICCA QUI) ed anche il Foglio riprende – toglie ai cattolici un alibi, cioè li costringe a porsi seriamente il problema del loro possibile indirizzo politico, una volta superata quella presunta supplenza che il Cavaliere avrebbe loro garantito, dispensandoli da una responsabilizzazione diretta nei confronti del “bene comune” del loro Paese.

L’ analisi condotta da Maurizio Crippa è tanto puntuale quanto sconfortante.
Almeno vista da parte dei cattolici o meglio di quelli (pochi ?) che ancora si preoccupano di concorrere con la loro visione della vita e la cultura politica che ne deriva ad indicare agli italiani una prospettiva di sviluppo umano, di fiducia e di speranza. Anzitutto, combattendo le profonde diseguaglianze che lacerano il corpo sociale, feriscono la giustizia e compromettono, al di là delle forme, la libertà sostanziale delle persone.

L’approdo cui giunge la lunga nota del Foglio, si diceva, è sconfortante. Parrebbe che i cattolici siano destinati al ruolo di truppa coloniale della destra, pagata al “soldo” di un’attenzione ai temi della vita e della dignità della persona. Affermata per un verso, negata su altri fronti, come se valori e principi della Dottrina Sociale della Chiesa fossero esposti e sgranati sul banco di un ideale supermercato, cosicché ’, passando da uno scaffale all’altro, taluni possano essere fatti propri ed altri scartati. Sempre in funzione dell’utilità del momento.

Per altro verso, i cattolici sarebbero – di necessità e non si comprende perché – pur sempre condannati ad essere “centristi” e “moderati”. In sostanza, destinati al “quieta non movere” di una declinazione “buonista” della politica.

Nulla a che vedere con quella dimensione “profetica” – che, per la verità dovrebbe essere coltivata da tutti e non solo dai cattolici – quel guardare lontano e nel profondo la presumibile evoluzione del processo storico, così da adeguare, fin d’ora, il passo, cercando di orientarne, per quel che si può, il percorso.

Eppure se c’è un momento storico in
cui la politica andrebbe, a maggior ragione, assunta come forma, la più alta, di carità,dovrebbe appunto essere questo particolare frangente, dominato da imponenti trasformazioni. Per quanto riguarda i cattolici che guardano o addirittura militano sotto le bandiere della sinistra, vale sostanzialmente lo stesso discorso.

Viene, altresì, evocato l’ insuccesso del tentativo condotto a Todi – eravamo nel 2011, momento del governo Monti – diretto alla creazione di un
“nuovo partito cattolico”. Operazione che recava il fallimento inscritto nella sua stessa finalità. Non ha alcun senso parlare di “partito cattolico” – la stessa DC, ovviamente, non e’ mai stata tale – cioè un partito identitario fatto di cattolici, che parlano ad altri cattolici, in difesa di veri o presunti interessi “cattolici”, materiali o morali che siano.

Insistere su questo assunto del tutto fuori luogo, impedisce, anche ad un osservatore attento, di cogliere come vi sia, per i cattolici che intendono assumere seriamente un impegno politico, una via fin qui non contemplata, neppure nell’ articolo del Foglio.

E’ il cammino intrapreso dagli amici che hanno dato vita ad INSIEME.

La ricerca, sicuramente faticosa, diretta alla formazione di una forza politica laica, secondo l’insegnamento
sturziano, di chiara ed esplicitata “ispirazione cristiana”, “autonoma”, anzitutto in termini di elaborazione culturale e politica, capace, cioè, di riscattare i cattolici dall’obbligata dipendenza dall’uno o dall’altro dei due poli.

Domenico Galbiati