Moro e gli anni di piombo tra realtà e fiction – di Giuseppe Careri

ROME - MARCH THE 16th 1978 - VIA FANI - THE CRIME SCENE OF THE KILLING OF ALDO MORO ' S  BODYGUARDS - POLICE SURVEYING AFTER HIS KIDNAPPING 

ROMA - 16 MARZO 1978 - PANORAMICA DI VIA FANI DURANTE I RILIEVI DELLA POLIZIA SUL LUOGO DEL RAPIMENTO DI ALDO MORO - LA STRAGE DEI SUOI AGENTI DI SCORTA

L’epilogo fu straziante. Dopo 55 giorni di prigionia, il corpo senza vita di Aldo Moro fu ritrovato nel bagagliaio di una Renault 4 rossa lasciata dai brigatisti in via Caetani, una strada adiacente via delle Botteghe Oscure, sede del Partito Comunista a poco più di un centinaio di metri di distanza dalla sede della Democrazia Cristiana. Oltre la tragedia la beffa.

Il luogo del ritrovamento era stato indicato con una telefonata drammatica da un componente delle Brigate Rosse all’assistente di Aldo Moro, Prof. Franco Tritto; con voce ferma e perentoria il brigatista dice: “Allora… Lei dovrà comunicare alla famiglia che troveranno il corpo dell’onorevole Aldo Moro in via Caetani…”

La ricostruzione dell’uccisione della scorta e del rapimento di Aldo Moro è approdato in televisione con il film di Marco Bellocchio dal titolo “Esterno Notte” trasmesso da Rai 1 in tre serate. Fiction che ha suscitato la reazione della figlia di  Maria Fida, figlia adorata del Presidente della DC.

Il massacro della scorta, il rapimento e l’omicidio del Presidente della DC ha un prologo che dura almeno due decenni, dalle contestazioni studentesche e operaie del 1968/69 fino agli anni 80 inoltrati. Dopo le manifestazioni di piazza, il 12 Dicembre del ’69 c’è la strage della Banca dell’Agricoltura di Piazza Fontana dove morirono 17 persone e 88 feriti. Seguirono negli anni gli attentati sui treni, il  rapimento del Giudice Sossi e anche di un dirigente, Ettore Amerio della Fiat;  poi l’omicidio del Commissario Calabresi accusato da Lotta Continua di aver procurato la morte di Pinelli; gli attentati continuarono con i ferimenti di giornalisti, Indro Montanelli del Corriere della Sera, Emilio Rossi direttore del Tg1; la bomba sul treno italicus all’uscita del tunnel di Val di Sambro dove morirono dodici persone. In un clima di violenza brigatista e attentati fascisti, scoppia una bomba a Piazza della Loggia, Brescia, durante una manifestazione sindacale che provoca la morte di 8 persone e di numerosi feriti gravi. Il paese è in preda allo smarrimento. Le forze politiche e le forze dell’ordine stentano a controllare questo clima di violenza e di morte. Democrazia Cristiana e Partito Comunista decidono di fare un passo avanti attraverso un accordo storico tra i due maggiori partiti italiani.

Enrico Berlinguer, dopo l’esperienza cilena del governo di Unidad Popular di Salvator Allende, propone il compromesso storico tra le forze popolari e socialiste con quella cattolica-democristiana. Ma il progetto muore ancor prima di nascere per il massacro di via Fani contro la scorta di Moro e il suo rapimento.

E’ Il 16 marzo 1978 e Andreotti si appresta a presentare il suo Governo al Parlamento riunito, ma ella stessa mattinata, poco prima delle nove del mattino, un commando di terroristi armati, Morucci, Gallinari, Bonisoli e altri quattro brigatisti, uccidono i 5 uomini della scorta di Aldo Moro con ferocia inaudita. Un gruppo di brigatisti uccisero i due carabinieri a bordo dell’auto di Moro, e un altro gruppo i tre poliziotti dell’auto di scorta. Poveri servitori dello stato uccisi senza nemmeno avere il tempo di chiedersi del perché di tanta violenza e tanto odio per le istituzioni.

Zaccagnini Segretario della DC, e Cossiga Ministro dell’Interno, si riuniscono in continuazione in cerca di una via d’uscita. Prendono contatti anche con la chiesa cattolica. Paolo VI, infine, decide di fare un appello accorato ai terroristi; da piazza San Pietro il Pontefice chiede ai terroristi di “restituire alla libertà, alla famiglia e alla vita civile Aldo Moro”.  Paolo VI aggiunge: “Vi prego in ginocchio, liberate l’On. Aldo Moro, semplicemente senza condizioni”.

E’ il 22 Aprile 1978, oltre un mese dal massacro della scorta e del suo rapimento. Il paese è in ansia per la sorte del Presidente della Democrazia Cristiana. La decisione della DC di non aderire a nessuna trattativa con i brigatisti non sembra un buon segnale per un esito positivo che porti al rilascio di Moro vivo.

Le forze di polizia continuano le ricerche per individuare la prigione di Moro. Da una seduta spiritica esce fuori la parola Gradoli. Viene perlustrata la stradina a forma di anello sulla via Cassia, bussano a una porta del condominio al numero 96, non ricevono risposta e vanno via. In questo appartamento vi abitavano periodicamente Mario Moretti, e Barbara Balzerani.

Moretti, la mente del sequestro, si è dichiarato esecutore materiale dell’omicidio di Aldo Moro. E’ stato condannato a 6 ergastoli e oggi è in semilibertà.

Adriana Faranda, la postina, arrestata nel 1979, si dissocia dalla lotta armata. In virtù della legge sui pentiti trascorre 15 anni in carcere ed oggi è in libertà.

Valerio Morucci condannato a 30 anni di carcere, si dissocia dalla lotta armata e dal 1994 è in libertà. Bonisoli, come altri terroristi,  si sono dissociati dalla lotta armata e oggi sono liberi. Altri scapparono in Francia protetti dal Presidente Mitterand per non essere estradati in Italia.

Nella seconda puntata del film di Bellocchio, si è puntato sulla personalità e la vita dei terroristi fuori dal rifugio dov’era rinchiuso Aldo Moro. Un’immagine che nella realtà nessuno dei cittadini e della famiglia Moro ha potuto mai vedere. Per questa ragione Maria Fida Moro, la figlia oggi 76enne ha rilasciato una nota all’agenzia Agi in cui dichiara: “ O si decide che siamo personaggi storici, e allora si rispetta la storia, o si decide che siamo personaggi privati e allora si decide e ci si lascia in pace”.

La figlia di Aldo Moro ha tutto il diritto di reclamare il rispetto della storia. Ma la storia non si può cancellare, anche se provoca spesso un grande dolore a chi ha vissuto la tragedia in prima persona, compreso il figlio Luca tanto amato dal nonno, Aldo Moro.

Giuseppe Careri