Conte al Quirinale per le dimissioni – di Giuseppe Careri

Conte al Quirinale per le dimissioni – di Giuseppe Careri

La decisione di Giuseppe Conte di recarsi in mattinata al Quirinale per rassegnare le dimissioni del suo Governo, dopo un veloce Consiglio dei Ministri, nasce dalla consapevolezza di non aver convinto i responsabili o costruttori europeisti a entrare nella maggioranza. Per giorni Giuseppe Conte ha cercato di convincere diversi Parlamentari del Centro Democratico ed Europeo di rendere più coeso e strutturato il Governo dopo le dimissioni dei Ministri e del Sottosegretario di Italia Viva.

L’accelerazione alla crisi di Governo con le dimissioni nelle mani del Presidente della Repubblica Mattarella, nasce anche per evitare la prossima sfida in Parlamento per l’approvazione della Relazione di Bonafede sulla giustizia, in particolare sull’abolizione della prescrizione; infatti la probabilità di non avere i voti per approvarla erano già emersi in tante dichiarazioni politiche, tra cui I tre senatori dell’Udc,  il socialista Nencini ed altri Deputati.

E’ dal 12 gennaio che il Governo tenta di raggiungere una maggioranza coesa in Parlamento, ma tutti i tentativi espletati fino a questo momento sono falliti.

Per questa operazione di reclutamento ci si è rivolti anche a Bruno Tabacci del Centro Democratico, ma dopo ripensamenti, dubbi e passi indietro, si è finalmente capito che quella strada non era percorribile. Ed è lo stesso Deputato a consigliare a Conte la via delle dimissioni, l’unica strada per formare finalmente un nuovo Governo alla luce del sole. In una intervista a Repubblica, Tabacci ha dichiarato: “Ho fatto quello che potevo, ma i numeri restano incerti e a questo paese non serve una maggioranza raccogliticcia. A Conte ho suggerito un gesto di chiarezza: dimettersi per formare un nuovo governo”.

Dopo le dimissioni di Giuseppe Conte il Presidente della Repubblica seguirà la prassi e inizierà le consultazioni a cominciare dagli ex Presidenti della Repubblica e i segretari dei partiti; infine per indicare il Presidente incaricato di formare il nuovo Governo. Siamo giunti così al nodo che non si è riusciti a sciogliere prima, malgrado iniziative, incontri, promesse che non hanno consentito di formare una maggioranza coesa, necessaria per terminare la legislatura.

L’ultimo scoglio da superare è il voto sulla relazione del Ministro della Giustizia Bonafede previsto inizialmente per mercoledì e giovedì, naufragato in anticipo per le tante dichiarazioni annunciate con il voto no. Siamo quindi ai blocchi di partenza per la formazione di un nuovo Governo.

Renzi, dopo il ritiro delle Ministre ha dichiarato di essere disponibile a trattare per un patto di legislatura. Nel Partito Democratico ci sono timide aperture nei suoi confronti; disco rosso invece per il Movimento 5 Stelle. Ora toccherà a Mattarella sbrogliare la matassa dopo le comunicazioni ricevute da Giuseppe Conte.

Al momento, la vecchia maggioranza ritiene Conte “l’equilibrista” ideale per guidare il prossimo Governo, l’unico in grado di trovare la sintesi tra formazioni a volte distanti nei contenuti.

Per la verità si attribuisce solo a Renzi la responsabilità della caduta del Governo Conte, senza ricordare, però, che le richieste di miglioramento del Recovery Fund, della delega ai servizi segreti, della governante, il Mes, non ci sono state risposte da Conte se non nel finale di partita. E in tutti questi mesi è giusto sottolineare che il Partito Democratico è stato un po’ alla finestra, anche se, possiamo dire, per senso di responsabilità istituzionale.

Renzi ha fatto la prima mossa considerata da quasi tutto il mondo politico e mediatico una mossa irresponsabile. Ha chiesto un cambio di passo che, a suo modo di vedere, non c’è stato. Conte, pur con tutti i suoi meriti, a sua volta ha “sofferto” le continue richieste del leader di Italia Vita. Ha concesso con il contagocce i miglioramenti sul Recovery Fund e sulla delega dei servizi segreti che anche il Presidente di Confindustria trova ancora lontano dalle linee guida dell’Europa.

Matteo Renzi ha seguito con coraggio e spregiudicatezza una massima di un grande Filosofo ed esponente del movimento pacifista, Bertrand Russel: Non smettete mai di protestare; non smettete mai di dissentire, di porvi domande, di mettere in discussione l’autorità, i luoghi comuni, i dogmi. Siate voci fuori dal coro”.

Adesso tocca a Mattarella, e magari al Conte Ter, ripristinare una lacerazione politica ma anche strettamente personale che sembrava insanabile.

Occorre sperare, infine, in un nuovo Governo coeso che consenta di finire la legislatura e spendere i miliardi dell’Europa per risanare una nazione ferita dalla pandemia e dal dramma della povertà.

Giuseppe Careri