Dal Mes una riflessione sulla classe politica italiana – di Giancarlo Infante

Dal Mes una riflessione sulla classe politica italiana – di Giancarlo Infante

Il Mes, le discussioni di questi giorni su Coronavirus, su problemi sanitari e finanza pubblica, sull’Europa ci rivelano quanto una parte della politica italiana sia intrisa di ideologia, anche se da un pezzo parla di fine delle ideologie.

I 5 Stelle e Matteo Salvini si rivelano spesso i più ingabbiati in questo modo di concepire l’intervento politico: anteporre le proprie posizioni ad una valutazione realistica delle questioni centrali per il bene del Paese.

Il Mes ci porta un ottimo esempio. Come ci ha detto anche l’amico Mascolo ( CLICCA QUI ), l’Eurogruppo ha approvato lo strumento senza che siano previste le condizioni originarie. Queste, in effetti, avrebbero potuto rivelarsi controproducenti per un Paese come il nostro dall’alto debito pubblico; ci avrebbero, in tempi più o meno lunghi, portati a subire la visita non proprio amichevole da parte della cosiddetta “Trojka” di cui i greci hanno una poco serena considerazione.

Per l’Italia, l’accesso al Mes, quello ultimamente deliberato, significherebbe però attingere fino a 37 miliardi di euro da utilizzare per affrontare con maggior serenità le spese sanitarie. Utili soprattutto in vista della realistica possibilità che il Coronavirus continui a circolare tra di noi e possa, a partire dal prossimo autunno, mietere ulteriori vittime e, purtroppo, farci in tutto, o parzialmente, rivivere l’esperienza che stiamo ancora vivendo.

La durata del finanziamento Mes potrebbe arrivare fino a dieci anni e il tasso d’interesse, stando alle decisioni dell’Eurogruppo dell’8 maggio scorso, sarebbe poco sopra lo 0,1%.

Il direttore generale del Mes, Klaus Regling sostiene che, attivando questo finanziamento, l’Italia verrebbe a risparmiare circa sette miliardi di euro perché per il nostro Paese i tassi d’interesse normalmente applicati sono molto più alti. Aggiunge Regling che si sta parlando di “soldi sicuri’, perché “non scapperemo nella prossima crisi”. L’unico vincolo che permane è quello relativo al fatto che la provvista proveniente dal Mes deve essere destinata tassativamente al solo Sistema sanitario nazionale.

Questo elemento potrebbe spiegare perché altri paesi avrebbero deciso di non utilizzarlo per il momento. Da un lato, hanno un debito pubblico più basso, cosa che, ad esempio, nel caso della Spagna si tradurrebbe in un vantaggio limitato di soli 200 milioni, a fronte dei sopra citati sette miliardi previsti per l’Italia. Dall’altro lato, non hanno il sistema Sanitario nazionale ridotto male in caso di pandemia come il nostro. Noi ne stiamo avendo dimostrazione soprattutto in Lombardia. Una situazione che, speriamo non accada mai, avrebbe potuto essere confermato in quasi tutte le regioni del sud. Campania, Puglia e Sicilia, solo per citare le più grandi, non sono state aggredite come accaduto al settentrione. Dobbiamo considerare nel conto, a differenza di come non è stato fatto negli anni passati, durante i quali non sono state applicate le indicazioni provenienti dall’Organizzazione mondiale della sanità, la necessità di rafforzare tutta la struttura sanitaria meridionale in modo da fronteggiare efficacemente una eventuale ondata pandemica, potenzialmente sempre in grado di investirla. Insomma, ci servono tanti miliardi per metterci adeguatamente in sicurezza.

Beppe Grillo e Matteo Salvini, invece, assolutamente non vogliono il Mes. Le spiegazioni, appunto, sono ideologiche, se non demagogiche. I 5 Stelle vanno avanti con le loro prevenzioni complottistiche e assimilano i finanziamenti del Mes a quelli che potrebbero essere erogati da “biechi” finanzieri internazionali.

Le visioni di Grillo si devono inserire in quello che è stato a lungo un suo cavallo di battaglia. Si tratta della “decrescita felice” che costituiva un po’ anche una risposta alla finanziarizzazione dell’economia mondiale. Premesso che noi, invece, siamo per la “crescita felice”, vorremmo dire a Beppe Grillo che il Coronavirus ci ha già portato la decrescita e, con essa, tanta infelicità. E’ quindi il momento che i 5 Stelle, se davvero come dice Pierluigi Bersani stanno crescendo, lo dimostrino concretamente e abbandonino posizioni meramente ideologiche per misurarsi con la realtà vera qual essa è.

Salvini continua con la sua forsennata battaglia antieuropeista. Per quella ha fatto cadere il primo Governo Conte e per quella è costretto a fare un po’ come il lupo che ulula alla Luna. Fa capire di sperare nel fatto che, magicamente, Draghi sostituisca Giuseppe Conte e lo reimbarchi in qualche dicastero. Tutto da vedere, in realtà, se la logica politica ancora esiste. Il Governo di Unità nazionale di Draghi non potrebbe essere quello che immagina Matteo Salvini. L’Europa di oggi con una certa difficoltà l’accetterebbe con lui e la Meloni a bordo. Visto che si parla di Draghi quale nuovo inquilino di Palazzo Chigi perché considerato l’unico capace a creare costruttivi rapporti con Bruxelles e le cancellerie europee che contano. Insomma, nel postulato di Salvini c’è qualcosa che non torna.

La Lega dovrebbe decidersi a valutare le conseguenze che comporta l’essersi scelto un capo irrealista. In effetti, stando alle voci sempre più insistenti che circolano, un’importante frattura si starebbe consumando tra Salvini e altri importanti esponenti leghisti. Quelli più strettamente espressione della rete produttiva e della struttura istituzionale che praticamente occupa l’Italia del nord da Ventimiglia a Trieste. Bisognerebbe, però, che questa gente si decidesse a venire allo scoperto se è vero che tengono tanto al bene del loro Nord. Pur restando sempre la Lega, con il suo marcato impeto autonomistico, cambierebbe la collocazione del partito che, se nei sondaggi gode ancora della maggioranza dei consensi, si trova ridotto su di un binario morto.

La riflessione sul Mes ha ancora più motivo d’essere proprio oggi, 18 maggio 2020. E’ il giorno in cui viene lanciata la sedicesima emissione del BTp Italia. Il Tesoro precisa che si tratterà di una “emissione speciale”. Perché? Perché, tra le altre cose, i fondi raccolti saranno destinati al finanziamento degli sforzi necessari anche per sostenere il “Sistema sanitario nazionale”. Il Tesoro, per invogliare gli investitori, prevede il raddoppio del cosiddetto “premio fedeltà” per quanti si terranno i titoli fino alla scadenza, aumentandolo dal 4 all’8 per mille. Ovviamente, questo aumento del premio, cosa che può anche essere una buona idea, lo pagheremo noi italiani. Un altro zuccherino offerto agli investitori è che la durata del BTp Italia sarà di solo cinque anni. Il che vuol dire che quel debito lo dovremo restituire nei tempi ridotti di una metà rispetto a quelli previsti dal nuovo Mes.

Vorrei arrivare ora al punto più importante del ragionamento. Il Tesoro ci dice ( CLICCA QUI )  che il tasso cedolare minimo garantito sarà dell’1,4 %. Non sono forte in matematica, ma mi pare che sia giusto dire che si tratta per noi italiani, perché gli italiani saranno a pagarlo, di un fardello  14 ( quattordici ) volte più pesante di quello previsto attivando il Mes.  Cosa ne dobbiamo pensare? E quante volte ci costerebbe di più se fallendo una parte della iniziale allocazione quel minimo garantito salisse verso il 2%?

Concludo aggiungendo a queste due domande rimaste aperte un’altra rivolta al Presidente del Consiglio Giuseppe Conte: perché ha detto che, al momento, non intende attivare il Mes, ma che potrebbe farlo se al attingesse anche la Francia? Un mistero che si aggiunge al mistero. Delle due l’una: o il Mes non è senza queste benedette “condizionalità”, come pure Conte ci ha detto, e allora dovremmo decidere senza preoccuparci di quel che faranno gli altri, oppure, stringenti condizioni permangono e quindi… si dovrebbe aprire tutto un altro ragionamento.

E’ anche evidente che il BTp Italia non è in concorrenza o in alternativa al Mes. Solo che aderendo a questo specifico finanziamento europeo, tutto il ricavato della parte del BTp destinata alla spesa sanitaria potrebbe essere indirizzata alle altre due finalità previste che sono quella del sostegno agli ammortizzatori sociali e alla ripartenza del sistema economico dopo la pandemia.

Giancarlo Infante