La coalizione popolare e il baricentro – di Domenico Galbiati

La coalizione popolare e il baricentro – di Domenico Galbiati

Pubblicato su www.politicainsieme.com

Per quanto le elezioni regionali sarde abbiano messo in discussione un certo sentimento diffuso di invincibilità della destra – ed a destra lo sanno: basta poco per mutare l’ impronta psicologica del momento politico ed una volta rotto l’ incantesimo non si torna indietro – le regionali abruzzesi, il tormento che il cosiddetto “campo largo” sta vivendo nelle Regioni che si preparano alle consultazioni dei prossimi mesi, se vogliamo, lo stesso voto di lista ottenuto dai due fronti in Sardegna, lasciano intendere – ora per allora, poi si vedrà cosa potrà accadere nel frattempo – che, nello scontro frontale tra i due schieramenti del sistema bipolare, difficilmente il sovranismo nazional-populista della destra potrà essere sconfitto dall’ alleanza sghemba di una sinistra presunta.

Non è presto per preoccuparcene. Per quanto, ovviamente, sia ora il momento di concentrare l’ attenzione sulle elezioni europee, dopo tale scadenza la legislatura si avvierà presto a doppiare la boa di metà mandato per poi affrontare il girone di ritorno, fino alla sua naturale scadenza. A meno che non ci rassegniamo, più o meno adattandoci, al consolidamento di una egemonia che la destra vorrebbe costruire, al di là del dato politico contingente, sul piano della cultura diffusa del Paese. Non c’ è e non ci sarà, men che meno nel momento dello show down, “campo largo” che tenga.

E’ necessario cambiare gioco e non basta sovvertire lo schema tattico della partita, se non si adotta, per tempo, una nuova strategia, cioè una lettura aggiornata dell’ interesse generale del Paese, del cammino necessario a conseguirlo, del concorso delle culture chiamate ad interpretarlo.

Avremmo potuto cambiare gioco grazie ad una legge elettorale proporzionale che liberasse gli italiani dal giogo del maggioritario. Ma l’ occasione è andata persa anche per l’ imperizia di Zingaretti che aveva pattuito con il Movimento 5 Stelle come il PD accedesse alla riduzione del numero dei parlamentari, a patto, appunto, che si adottasse il “proporzionale”, salvo poi lasciar perdere.

Ora il sistema si è a maggior ragione blindato e dobbiamo far conto di tenercelo così com’ è, ancora per un pezzo.
Eppure, è pur sempre necessario rompere la tenaglia bipolare che soffoca il discorso pubblico e, giorno per giorno, disamora gli italiani e li allontana dalle istituzioni democratiche e da ogni passione civile per il “bene comune” della collettività.

L’ Italia ha bisogno non di un “centro”, ma – e non è un gioco di parole – di un “baricentro”. Se intendiamo, come fanno molti, il “centro” quale forza che si interpone tra i due schieramenti, con il nobile intento di moderarne, dall’ una o dall’ altra parte, gli eccessi e gli umori, e di garantire al meglio la stabilità dei governi, cadiamo in una lettura statica ed inerte del suo ruolo, di fatto ancillare al sistema così com’è, anzi sostanzialmente funzionale alla legittimazione della sua natura, di fatto ispirata alla estremizzazione delle rispettive posizioni.

Non a caso, intuitivamente, per lo più associamo il concetto di stabilità e di durata ad un’ idea di staticità. Il “baricentro”, al contrario – mutuando, con una buona dose di approssimazione, dalla fisica – può essere considerato come “stabilità sì, ma in cammino”, movimento, non staticità, costruzione di un equilibrio perennemente in itinere, cosicché sia il percorso intrapreso ad armonizzare un sistema di relazioni capace di apprendere induttivamente dalla realtà sociale in cui è immerso.

Nello stesso senso in cui si può dire come ciascuno di noi porti a spasso, con sé, il proprio baricentro. Cosicché, se si assume una postura errata che lo faccia ricadere fuori dall’ area di appoggio dei propri piedi al suolo, si cade rovinosamente, mentre si procede spediti ed in sicurezza se il baricentro si muove in avanti con il nostro passo. In altri termini, si può dire che la stessa Democrazia Cristiana che, secondo De Gasperi, “muoveva” – e non semplicemente “guardava” – dal centro verso sinistra, abbia governato il Paese per quasi mezzo secolo, nella misura in cui ne è stata il “baricentro”.

E, come già detto, la cosa, per quanto possa apparire sottile ed ultronea, non si riduce ad un artificio lessicale, ma svela una sua sostanza politica. Peraltro, questa funzione di un “baricentro” che – assunti alcuni essenziali assiomi valoriali e di metodo – esplori un territorio, ne rilevi la domanda sociale, ne legga, tra le pieghe, i bisogni, cioè quelle domande potenziali che gli ultimi, in virtù della loro marginalità, neppure riescono a formulare e di tutto ciò si “prenda cura” nella sintesi di un progetto di cui diventi il punto fermo e, nel contempo, il cardine, non può essere opera solo dei classici e tradizionali partiti politici. Occorre creare quella “coalizione popolare” di cui, su queste pagine si è già detto e sulla quale si renderà necessario tornare.

Domenico Galbiati