Contro l’Europa – di Domenico Galbiati

Contro l’Europa – di Domenico Galbiati

La “vocazione europea” di una forza politica non un abito di gala da indossare per l’occasione, in quei momenti importanti nei quali si deve piacere a coloro cui non si può dispiacere. E’ una cultura politica, un fattore che la caratterizza talmente da diventarne un assioma fondativo, da cui si devono dedurre, per forza di cose, comportamenti congruenti. In altri termini, l’ “europeismo”, la convinta adesione ad un ideale di unità politica del vecchio continente è il portato di un retaggio ideale e morale, storico e culturale di grande spessore.

La bocciatura del MES, andata in onda ieri l’altro a Montecitorio, attesta quale, in effetti, sia la consistenza dell’ “europeismo” che Giorgia Meloni ha scoperto sulla via di Palazzo Chigi e concorre a dimostrare una tesi che, su queste pagine, è stata sostenuta in altre occasioni. Non è possibile svellere le proprie radici dal terreno in cui hanno attecchito, dall’humus che le ha nutrite e trapiantarle altrove.

La “metanoia” non ha niente a che fare con con le “culture politiche”, cioè con i fondamenti e le strutture concettuali che orientano un’ appartenenza politica. Le “conversioni”, nel senso proprio del termine, cioè i rivolgimenti radicali del proprio orientamento ideale, avvengono solo nell’area del sacro, dove sono assistite da una particolare condizione dello spirito. Per il resto, si può e si deve cambiare, ma è tutt’altra cosa. Che implica come si possa, sì, assumere un nuovo indirizzo, ma pur sempre senza abbandonare per strada sé stessi, cioè l’intera gamma delle passioni e dei sentimenti, dei pensieri, delle esperienze, degli abiti mentali sedimentati, acquisiti e vissuti. In definitiva, è una questione di coerenza ed, in tal senso, è sinceramente apprezzabile che ciascuno resti sé stesso.

Ci si può seriamente e meritoriamente adattare ad una nuova condizione, ad un differente contesto politico, ma non si può fingere e tradire la propria storia e la propria identità. In altri termini, non si può chiedere a chi professi una fede nazional-sovranista di essere sinceramente, convintamente “europeista”. Come non si può chiedere una dichiarazione franca, schietta e definitiva di “antifascismo” a chi viene da una militanza nel MSI, cioè in un partito espressamente nato richiamando la memoria e la postura politica del ventennio.

E’ perfino stucchevole ed ingeneroso chiedere simili abiure. Se mai fossero pronunciate, sarebbe quanto mai difficile, per lo stesso interessato, esplorare il foro interiore della propria coscienza per distinguere ciò che, in tale suo pronunciamento, sia detto a fior di labbra e strumentalmente, da ciò che, al contrario, sia effettivamente sincero.
Lasciamo le cose come stanno.

E’ meglio che ognuno sia autenticamente sé stesso e, dunque, trasparente, più consono ad un confronto culturale e politico che sia fondato sulla tolleranza e sulla reciproca legittimazione. Questo, ben inteso, vale per tutti.
Tanto per essere chiari, la categoria degli “ex/post” – che si tratti di democristiani o comunisti, missini o socialisti, azionisti o quant’ altro – semplicemente non esiste. Passano le nostre ”repubbliche”, ma non passano, non tramontano, così facilmente come la spacciano i cosiddetti “nuovisti”, le culture politiche, quelle vere, storicamente fondate, concettualmente solide, che le attraversano da prima che nascessero. Facciamocene una ragione.

Domenico Galbiati