Difendere la Costituzione: no al premierato – di Domenico Galbiati

Difendere la Costituzione: no al premierato – di Domenico Galbiati

Giorgia Meloni accelera la marcia contro la Costituzione repubblicana ed annuncia l’avvento della Terza Repubblica, nel segno del “premierato”, in qualche modo surrogato del “presidenzialismo” originaria aspirazione della destra politica italiana, rappresentata da Fratelli d’Italia, nel solco della tradizione storica in cui affonda le sue radici culturali ed ideologiche.

Siamo al dunque ed è bene essere, fin da subito, chiari e precisi, limpidi e trasparenti. “Hic Rhodus, hic saluta”, dicevano i latini. E’ il momento per ogni forza politica, per i mondi della cultura e dell’ associazionismo, per le categorie economiche e per il sindacato, per ogni singolo cittadino di dar prova di sé, della concezione che ha della democrazia. Quindi, della libertà in cui si compendia la dignità della persona e, pertanto, dell’ ordinamento istituzionale che ritiene debba garantire questi valori fondativi della nostra convivenza civile.

Si possono ragionevolmente rafforzare i poteri del Presidente del Consiglio, ad esempio, attribuendogli la facoltà di revocare i ministri, oppure studiando forme di ”sfiducia costruttiva”, cioè attraverso provvedimenti che non sconvolgano l’impianto costituzionale del nostro Paese. Come avverrebbe con ipotesi francamente cervellotiche alla “Sindaco d’ Italia”, secondo un disegno prefigurato dalla proposta di legge che, nel merito, è già stata depositata da Italia Viva.

In fondo, la proposta di premierato – che, in questo momento di evidente difficoltà del Governo è finalizzata anche a ricompattare la maggioranza – costituisce l’ occasione per mettere una volta per tutte le carte in tavola in ordine al ricorrente tentativo di manipolare la Costituzione per piegarla ad interessi contingenti oppure addirittura per alterare profondamente l’ equilibrio di poteri su cui si è fin qui retta la tenuta democratica dell’ Italia.

Il premierato, in tal senso, non è’ meno preoccupante del presidenzialismo. Ambedue compromettono la funzione di equilibrio e di garanzia democratica assicurata dalla terzietà del Presidente della Repubblica. Infatti, in un caso lo coinvolgono direttamente nella dialettica e nel conflitto politico. Nell’ altro caso, privandolo della facoltà di sciogliere il Parlamento, rimessa al Presidente del Consiglio, verrebbe consegnato ad un ruolo meramente notarile e di formale rappresentanza.

Sarebbe, altresì, radicalmente alterato il rapporto tra funzione del Governo e ruolo del Parlamento, che, in quanto spazio della sovranità popolare, perderebbe quella centralità che ne fa il cardine del nostro ordinamento istituzionale e democratico.

Ci avviamo ad un confronto duro, che finirà forse per assumere toni ultimativi. Del resto, ci sono battaglie che si vincono e battaglie che si perdono. L’ importante è combatterle. In termini forse troppo semplificati e rozzi, si tratta di scegliere tra differenti culture politiche di fondo.

O continuiamo, pur affrontandone i limiti che mostra in un contesto di complessità quale sperimentiamo oggi, ad orientarci secondo un principio di democrazia e di libertà oppure accediamo o cediamo ad una logica di accentramento e di personalizzazione che rappresenta la modalità oggi praticabile di quel principio di autoreferenzialità del potere, che, in altri frangenti storici, è arrivato ad assumere forme dispotiche.

Domenico Galbiati