Salari e inflazione: un conto i dati, un altro la realtà

Salari e inflazione: un conto i dati, un altro la realtà

E’ utile sapere quali sono la temperatura e l’umidità ufficialmente registrate. Molto di più conta per i comuni mortali quelle che vengono definite “percepite”. E questo vale per molte cose che riguardano le attività umane e, sicuramente, quando in ballo c’è il “vero” costo della vita e il salario, se c’è, per affrontarlo.

Dei dati statistici sulla situazione italiana che indicano una ripresa del Pil e del numero dei posti di lavoro si è già ampiamente detto dopo il biennio di pandemia e tutte le altre conseguenze negative aggiunte dalla guerra in Ucraina. Ma è un po’ come quando si dice che c’è un pollo a testa. Ci si riferisce ad una media che, spesso, è lontana dalla realtà effettuale per milioni di persone. Perché altre statistiche ci raccontano dell’allargamento della forbice tra i pochi che stanno sempre meglio, delle aziende multinazionali che annunciano extra profitti inimmaginabili mentre aumentano il numero di chi vive in povertà assoluta o si sta avvicinando a quella soglia critica.

Aumenta il Pil, ma è cosa che va a vantaggio di chi? Una parte del Paese sta già in vacanza. Ma lo rappresenta tutto? E le imprese? Non tutte fanno parte di quella che non è una crescita, ma solamente il ritorno verso i livelli pre Covid, pre guerra e pre impennata dei costi dell’energia, di altre materie prime e dei trasporti internazionali.

Se si guardano gli scontrini del supermercato, dopo aver girovagato tra gli scaffali, ci si accorge che tutti i prodotti, non solo alcuni, ma tutti, hanno avuto un’impennata notevole dei prezzi. In taluni casi di oltre il 20/30% rispetto a pochi mesi fa. Siamo ben lontani dalle cifre ufficiali che cercano di convincerci che l’inflazione è sotto la doppia cifra.

Le stesse considerazioni si possono fare, in questi giorni di discussione sul salario minimo, delle condizioni reali delle retribuzioni che non sono affatto in grado di andare di pari passo con il balzo dell’inflazione. ed eravamo già il paese europeo con gli stipendi più bassi e con la più bassa capacità d’acquisto.

I giornali sono pieni di notizie sullo sfruttamento soprattutto dei giovani, ma non solo. Si parla di paghe medie orarie che giungono ad essere ridotte a quattro, cinque euro l’ora. Ovviamente, parliamo di fasce non protette dai contratti collettivi. Per quanto neppure queste possono paragonarsi alle retribuzioni di molti degli altri paesi europei.

Qualche giorno fa il nostro Umberto Baldocchi c’ha parlato della “giusta mercede” e del “grido verso il cielo” (CLICCA QUI) che si leva mattina, pomeriggio e sera da milioni di case di lavoratori, di semi occupati, di precari, sfruttati e ricattati, e di disoccupati. Dispiace che chi dovrebbe avere nelle proprie corde il senso del popolarismo solidale pensa ad altro. Nel migliore dei casi si affida all’assistenzialismo che, però, inevitabilmente coinvolge solamente delle fasce ristrette dei più ultimi. Manca la presenza politica su dei temi che richiamano con forza il senso della dignità del lavoro e dei lavoratori, ma anche di tanti piccoli imprenditori che davvero, talvolta, sono degni di essere annoverati tra gli eroi sconosciuti del nostro Paese.

I cattolici hanno il dovere morale e politico di andare oltre i dati e preoccuparsi di ciò che è “percepito”, e cioè vissuto sulla pelle di milioni di persone