Bellocchio su Moro: le solite tesi scontate – di Francesco Poggi

ROME - MARCH THE 16th 1978 - VIA FANI - THE CRIME SCENE OF THE KILLING OF ALDO MORO ' S  BODYGUARDS - POLICE SURVEYING AFTER HIS KIDNAPPING 

ROMA - 16 MARZO 1978 - PANORAMICA DI VIA FANI DURANTE I RILIEVI DELLA POLIZIA SUL LUOGO DEL RAPIMENTO DI ALDO MORO - LA STRAGE DEI SUOI AGENTI DI SCORTA

Esterno Notte … Il solito Bellocchio, alle prese con il caso Moro, ed i soliti premi degli esclusivi circoli della cultura/business italiani. Se le dicono e se le cantano. La faciloneria con cui si analizza una fase drammatica della vita di un paese senza avere però la profondità di pensiero e di sensibilità. Una pseudo operazione di cinema impegnato o meglio impregnato di ideologia. D’altronde, questo è stato veramente il cosiddetto “compromesso storico” … alla Dc il potere politico, al PCI quello culturale (università, cinema).

Bellocchio tecnicamente capace di fare grande cinema non sfugge mai alla regola … la presunzione devastante di una classe intellettuale, perché di una classe si tratta, che ha la verità innata e il giudizio divino. Forza la mano volutamente lasciando poco allo spettatore di muoversi tra alternative e possibili interpretazioni. Un Moro quasi inebetito, un Papa malato (Paolo VI) che si sottopone ai soliti “medievali” supplizi, una Dc solo cupidigia, ipocrisia e potere, un Cossiga psicolabile, Andreotti nella identica lettura sorrentiniana, ormai datata, poco però sui quattro Br, sognatori della rivoluzione e del Che Guevara, in realtà spesso figli di Papà, un po’ delinquentelli, assetati di sangue e di pistole, e un po’ vigliacchetti (come le vicende successive ben dimostreranno).

Il già maoista Bellocchio ha le sue ovvie risposte, a senso unico. Berlinguer certamente contesta le Br, così Lama in piazza con la CGIL, ma sono e rimangono sullo sfondo. Ha scritto giustamente la figlia di Moro, Maria Fida: “O si decide che siamo personaggi storici, e allora si rispetta la storia, o si decide che siamo personaggi privati e allora ci si lascia in pace … È già vergognoso infischiarsene del dolore altrui ed è doppiamente vile usarlo per fare affari”. Ecco … per fare affari, vincere premi della critica e David di Donatello … maoisticamente da salotto.

Diceva proprio Cossiga che “quando la Storia non combacia con le proprie scelte ideologiche si esercita la fantasia e si ha quella specifica forma di storia che si chiama dietrologia”. E’ l’impressione che suscita la visione di Esterno notte. Dietro il paravento furbesco della “rielaborazione artistica e creativa degli autori” è stata propinata a milioni di spettatori, sulla prima e poi sulla terza emittente della televisione pubblica italiana, una narrativa complottista della tragedia dello statista di Maglie. Quella in base a cui, per intendersi, a non volere Moro libero sarebbero stati soprattutto i suoi compagni di partito Giulio Andreotti, Francesco Cossiga e gli immancabili amerikani.

La serie, come tante altre operazioni cinematografiche, televisive e saggistiche che si sono viste sui 55 giorni più angoscianti della storia repubblicana, è zeppa di amnesie, forzature e scorrettezze. Fa parte di quest’ultima categoria la scena in cui Bellocchio immagina un Moro appena liberato, sdraiato su un letto d’ospedale ai cui piedi vegliano Cossiga, Andreotti e Zaccagnini mentre in sottofondo la voce dell’attore che lo interpreta (molto bene … anche se insistentemente depressivo) legge il durissimo finale del memoriale, quello in cui manifesta la sua “completa incompatibilità con la Dc” e al contrario riconosce “la generosità delle Brigate rosse” per la “restituzione della libertà”. Già perchè i bugiardelli pseudorivoluzionari gli avevano annunciato la liberazione. Ma Bellocchio taglia … non le parole, ma il senso, il contesto … ovviamente, il dubbio non rientra tra i metodi previsti dalla gramsciana “egemonia culturale !!

Francesco Poggi