Meloni e la stampa: già segni di logoramento?
E’ vero che il potere logora chi non ce l’ha. Ma questo poteva dirlo un personaggio come Giulio Andreotti che aveva il senso dei tempi lunghi della politica e quella saggezza propria dei politici di razza i quali sanno quanto sia necessario seguire il “passo di montagna”. Che Giorgia Meloni, invece, rischia di logorarsi anzitempo già potrebbe essere intravisto dietro delle insofferenze che ha già dimostrato nei confronti della stampa.
Rarissime, se non davvero quasi inesistenti, le querele che che i politici del tempo presentarono contro giornalisti, e questo nonostante chi ha buona memoria può ricordare i toni accesi, se non di più, che nel corso della cosiddetta Prima repubblica non sono mai mancati. In poco tempo, invece, la neo Presidente del consiglio ne ha presentate già due. Una contro Saviano, e a questo riguardo è il caso di richiamare quanto ha avuto modo di commentare recentemente Domenico Delle Foglie (CLICCA QUI), e l’altra contro il quotidiano Domani. Nel primo caso, Giorgia Meloni non ha gradito un epiteto lanciato contro di lei e Matteo Salvini in merito al loro atteggiamento verso i migranti; nel secondo, perché il neo quotidiano di Carlo De Benedetti ha messo in piazza i contatti che l’allora capo di Fratelli d’Italia avrebbe intrattenuto con il commissario all’emergenza Covid. Questa seconda querela sembra ruotare attorno all’uso del termine “raccomandazione”.
Certo l’argomento è imbarazzante proprio in un momento in cui, o almeno nel corso della campagna elettorale, tutta giocata sul piano della retorica e delle frasi roboanti, la destra ha proposto di creare una commissione d’inchiesta sulla intera gestione della pandemia.
Ma sembra che Giorgia Meloni viva i rapporti con la stampa in generale in maniera molto suscettibile, senza arrivare sempre a casi tanto estremi, a mano a mano che aumentano le sue conferenze stampa nella veste di Presidente del consiglio. Probabilmente dimentica che non è più solamente il capo di un partito, ma è passata a svolgere delle funzioni che tra le altre cose richiedono di vederla sempre più al centro dell’attenzione pubblica e, quindi, degli organi d’informazione. E fa parte del gioco se, eventualmente, non tutto le si possa presentare così come a lei piacerebbe venisse fatto.
Non è che possa pensare di rispondere in modo sempre più stizzito a chi le chiede spiegazioni su quello che diceva prima e su quello che sta davvero producendo su quelle stesse materie su cui si era detta “pronta” a governare. Sono dubbi che cominciano a diffondersi e questo dispiace per gli italiani, prima che per lei. Ma se ne deve fare una ragione perché ciò fa parte di tutte le responsabilità che chi si candida a guidare un paese deve mettere nel conto.
La Politica si gioca sul piano del libero confronto, non nelle aule di tribunale.