Restituire al Parlamento la sua sovranità – di Giancarlo Infante

Restituire al Parlamento la sua sovranità – di Giancarlo Infante

Le cronache politiche ci dicono del rientro delle irritazioni di Mario Draghi per il comportamento della maggioranza che sostiene il suo Governo. Un esecutivo nato per uno stato di necessità. Conseguenza dell’andazzo per cui siamo pieni di capi, capetti, ma manchiamo di autentici statisti.

Non appena vide la luce la compagine a guida Draghi, prevedemmo che uno dei possibili modi per farlo sopravvivere avrebbe potuto essere quello di accettare il formarsi delle cosiddette “maggioranze variabili”. A mano a mano che una “strana” coalizione fosse costretta ad andare oltre i due obiettivi che Sergio Mattarella aveva indicato al momento della sua nascita: lotta alla pandemia e Pnrr (CLICCA QUI).

Ciascuno, del resto, almeno tra le forze che compongono la maggioranza, ritiene già di aver fatto un grosso sacrificio ad accettare l’idea della partecipazione ad una coalizione creata dalla forza delle cose piuttosto che sulla base di una visione strategica. Pandemia, inconsistenza dell’inedito Governo 5 Stelle -Pd, che già aveva sostituito in maniera fantasmagorica il precedente accordo 5 Stelle – Lega, Pnrr: è stata questa la miscela che ha, sì, evitato la chiamata anticipata alle urne, ma è restata, non di meno, potenzialmente esplosiva.

Che una stagione giunta al suo tramonto non sia ancora pronta a lasciare lo spazio al nuovo è stato pochi giorni fa confermato dal precipitoso chiedere a Sergio Mattarella di restare al Quirinale per altri sette anni, nonostante la sua comprensibile e nobile ritrosia. Era rimasto come unica ciambella di salvataggio cui aggrapparsi. Ma era inevitabile che, pagato questo ulteriore prezzo al “bene superiore del Paese”, i partiti cominciassero a preoccuparsi quasi esclusivamente del prossimo e fondamentale appuntamento delle prossime elezioni politiche generali che nessuno potrà evitare.

Ma al di là delle vicende contingenti, l’irritazione di Mario Draghi ripropone un tema divenuto sempre più vitale negli ultimi decenni. E’ la questione attorno cui hanno ruotato, prima, le giustificazioni addotte per dare vita alla cosiddetta Seconda Repubblica e, poi, il suo dispiegarsi concreto. Cioè quella dell’equilibrio tra Governabilità e Rappresentanza che, in realtà, qualcuno vive in termini addirittura di antiteticità e di conflitto.

Sull’altare di una presunta Governabilità, abbiamo continuato a bruciare le incostituzionali leggi elettorali con cui si è tenuto forzosamente in piedi il sistema bipolare. Su quello della Rappresentanza, abbiamo assistito allo svillaneggiare del sistema dei partiti, tanti sono stati i cambi di casacca e le frammentazioni in tanti più gruppi parlamentari.

Le trasformazioni in atto nel mondo, l’atavica compressione della società civile, il non aver risolto per tempo tanti aspetti della vita istituzionale e quelli della gestione della cosa pubblica, richiedono giustamente che ci si preoccupi della Governabilità. Che poi significa, a ben guardare, mettere in grado il Paese di reagire adeguatamente ai mutamenti in corso. Quelli, ad esempio innescati dal digitale, dalle nuove sensibilità ambientali, dalla necessità di reagire ai cambiamenti climatici, dalle trasformazioni del mercato del lavoro, dalle delocalizzazioni e dai nuovi sistemi di produzione. L’esempio più evidente viene dalla reazione al balzo del costo delle materie prime energetiche. E’ evidente che decenni di ritardi e di mancanza di strategia fanno trovare particolarmente impreparata un’Italia che reagisce in termini di mesi, quando già una settimana di ritardo può rivelarsi esiziale.

La nostra, però, è pur sempre una Repubblica parlamentare e al Parlamento dev’essere pagato il tributo che merita. Cosa che così non è da troppo tempo. Quello della lunga stagione in cui, come ha ricordato recentemente Alessandro Diotallevi, “la funzione legislativa è ormai defluita nelle mani dei Governi che ne hanno espropriato le Camere”(CLICCA QUI),

E questo non è certo colpa del Governo Draghi, né della incoerente maggioranza che lo sostiene. La Seconda Repubblica è giunta al tramonto anche perché è oramai riconosciuto il fatto che la ricerca della Governabilità non ha assicurato il governo delle cose.

Il problema, allora, è quello della rivitalizzazione della società civile, delle professioni e delle competenze. Della riconsegna delle chiavi del Paese al libero dispiegarsi, anche in politica e sul piano legislativo, dei gruppi sociali. Dalle elezioni del 4 marzo 2018 tutto quello cui abbiamo assistito non sarà avvenuto invano se al prossimo appuntamento elettorale ci andremo con una legge utile a riconsegnare agli italiani il loro Parlamento.

Giancarlo Infante