Grazie a Sergio Mattarella – di Domenico Galbiati

Grazie a Sergio Mattarella – di Domenico Galbiati

Il “settennato” del Presidente Mattarella ha rappresentato una lezione. Offerta al Paese con una misura, ad un tempo pacata e ferma, tale da renderla comprensibile, gradita ed importante per tutti gli italiani. Lontana dai toni assertivi, ex-cathedra di alcuni suoi predecessori. Quando si è resa necessaria – ad esempio, in occasione del conferimento dell’incarico a Mario Draghi – la denuncia dei mali del Paese e del suo sistema politico è stata severa e tagliente.

Eppure, nelle parole del Presidente Mattarella ha prevalso sempre l’incoraggiamento, l’invito alla fiducia, alla capacità di coltivare un sentimento di attesa e di speranza, alla responsabilità collettiva e personale di ognuno. Parole rivolte al futuro, piuttosto che intrise di risentimento e di quella acrimonia che si coglie nelle esternazioni di esponenti politici intenti a coltivare il consenso, solo lisciando per il verso del pelo i timori, le paure, l’insicurezza di molti cittadini, di intere fasce sociali.

Gli italiani hanno capito soprattutto che il Presidente è uno che crede e pensa esattamente quel che dice. Non “recita” la parte che il ruolo istituzionale gli impone, non adotta formule più o meno canoniche suggerite dal compito, ma, si potrebbe dire, “dice di sé”, manifesta pensieri e sentimenti che si avverte come appartengano al suo personale vissuto. Insomma, gli italiani hanno riconosciuto in Sergio Mattarella non il “pedagogo” pedante della Repubblica, ma il “testimone” dei valori morali, storici, civili che nella Carta Costituzionale si compongono nella legge fondamentale della nostra convivenza.

Sappiamo bene come oggi anche i nostri apparati politico-istituzionali abbiano bisogno esattamente di “testimoni” autentici, di persone trasparenti che attestino una fede – qualunque essa sia – un credo, piuttosto che di certe pose da “miles gloriosus” che non sono mancate e tuttora non mancano sulla scena pubblica del nostro Paese. Sergio Mattarella ha riscattato a livello internazionale un’immagine dell’Italia che era stata gravemente deteriorata. Le forze politiche, in modo particolare, devono essergli grate.

Dopo l’elezione del 4 marzo 2018, il Presidente ha compreso il loro smarrimento e si può dire le abbia accompagnate, quasi condotte per mano, lungo il percorso, da un governo all’altro, di una possibile faticosa ripresa, dall’esito, peraltro, per nulla scontato. Un cammino di “riabilitazione” alla loro funzione smarrita che è tuttora in corso ed implicito nel compito assegnato al Governo Draghi: un’inversione di marcia, passando dall’avvitamento conflittuale dei due poli, ad un confronto con la realtà effettiva di ciò che agli italiani preme davvero.

L’ attuale Presidenza verrà ricordata per la capacità di comporre rigore costituzionale ed “intelligenza politica” richiesta dall’ evoluzione sociale in essere: due versanti non sempre facili da contemperare, eppure indispensabili l’uno all’altro per orientare il Paese verso soluzioni istituzionalmente corrette ed efficaci; pur a fronte di processi inediti e, talvolta, resi più indecifrabili dal dilettantismo velleitario di personaggi ed interpreti che hanno fatto irruzione sulla scena politica con toni roboanti da protagonismo ottuso.

Alla sovraeccitazione di un apparato politico-istituzionale surriscaldato, instabile, contraddittorio, percorso da personalismi esasperati, da toni enfatici e supponenti, talvolta ultimativi, il Presidente ha risposto con la sobrietà e, a un tempo, con la freschezza di un linguaggio e di comportamenti che invitano alla temperanza. Antica virtù dimenticata che può nascere solo da una interiorità personale ricca, matura e profonda. Oggi rara, rarissima da rintracciare nella sfera pubblica, dove potrebbe essere, se appena vi avesse cittadinanza, un fattore decisivo. Se non altro, perché reca con sé ponderazione e senso del limite: cioè capacità di rispondere, al di là di ogni soggettiva o interessata interpretazione, alla oggettiva e realistica consistenza delle questioni in campo.

All’avvio del settennato, assuefatti ad un linguaggio politico approssimativo e greve, oppure artificioso ed inespressivo, mandato a memoria come fosse uno spot commerciale, perfino la satira si esercitava in una descrizione del Presidente come fosse staccato ed assente, quasi sembrasse intimidito dal ruolo istituzionale assunto. Salvo poi comprendere come nel suo modo di porsi vi sia quel velo di pudore e di prudenza che segnala, anzitutto, rispetto per il proprio interlocutore, attenzione e riguardo per il valore e l’intensità delle parole che si pronunciano.

Questa sera*, ascolteremo il suo messaggio agli italiani. L’ultimo, purtroppo. Augurandoci che l’auspicio di molti che il prossimo Presidente sia “un altro Mattarella” non resti una speranza troppo lontana dal vero. Per quanto ci riguarda, possiamo considerare la lezione del Presidente Mattarella, lo stile, l’ abito mentale, la “cifra” del suo approccio ai temi politico-istituzionali, come un mattone fondamentale su cui edificare una cultura politica all’altezza delle sfide che c’incalzano, nel tempo delle svolte epocali e delle necessarie trasformazioni che ci è dato vivere.

Domenico Galbiati

*Pubblicato il 31 dicembre 2021