Quarant’anni dopo. Vermicino il pozzo maledetto – di Giuseppe Careri

Quarant’anni dopo. Vermicino il pozzo maledetto – di Giuseppe Careri

E’ il 10 giugno 1981, un mercoledì. A Vermicino, una frazione di Frascati a pochi chilometri da Roma, un bambino di appena sei anni compiuti, sta tornando a casa da solo. Alfredino Rampi, questo il suo nome, Improvvisamente cade in un pozzo artesiano abusivo, colpevolmente non segnalato.

L’Italia degli ultimi anni aveva appena superato lo shock delle stragi fasciste di Piazza della Loggia a Brescia e della stazione di Bologna con morti e feriti; era uscita anche dalla “guerriglia urbana” delle Brigate Rosse impegnate a colpire il cuore dello Stato dopo il rapimento e l’uccisione di Aldo Moro e della sua scorta.

Nel ritorno alla vita normale ci si occupa quindi della quotidianità, della politica, la cultura, i viaggi, lo sport. In una zona rurale, alla periferia est di Roma, un banale incidente di cronaca monopolizza per giorni l’attenzione di gran parte dell’opinione pubblica italiana e straniera.

Alfredino sta tornando a casa all’imbrunire attraverso un campo quando precipita in un pozzo profondo di 60 metri. Il suo corpo si ferma però a circa 30 metri dall’imboccatura. I suoi lamenti e le sue grida fanno scattare l’allarme di alcuni passanti e dei genitori. In poche ore giungono sul posto i vigili del fuoco seguiti poco dopo da una squadra di speleologi. Alfredino urla, chiama i genitori, ha paura, immerso nel buio del tunnel. E’ ormai sera.

Subito Vigili e Speleologi si interrogano sulla modalità dell’intervento per salvare il bambino. Il pozzo ha un diametro di soli 40 cm, sufficiente solo a contenere il corpo di un bambino esile come Alfredino.

Un vigile del fuoco, Nando Broglio padre di quattro figli, parla ininterrottamente con Alfredino per tutta la durata della tragedia. Ascolta i suoi lamenti, le sue paure, il suo pianto disperato e le sue richieste di aiuto.

Dopo una serie di ipotesi per farlo uscire dal tunnel, si decide di mandare giù una tavola legata ad una corda dove Alfredino potrebbe aggrapparsi ed essere tirato su. Purtroppo la tavola si ferma prima, tra il bambino e la luce della superficie.

Il tentativo della tavola che s’incastra complica ulteriormente la risalita del bimbo che continua a piangere e a chiedere aiuto all’esterno.

Mentre il vigile del fuoco cerca di tranquillizzarlo, come farebbe con suo figlio, i responsabili dei Vigili del Fuoco e gli Speleologi decidono di fare un tunnel parallelo a quello di Alfredino per poi raggiungerlo attraverso un ripiano orizzontale. Arrivano sul posto i primi cronisti dei quotidiani e delle televisioni.

I reporter Iniziano i loro servizi filmati ed anche i collegamenti diretti nelle vicinanze del pozzo dove aggiornano i telespettatori sull’opera di soccorso dei vigili del fuoco e degli speleologi. I telegiornali della Tv Pubblica iniziano così a trasmettere l’evento come uno dei tanti avvenimenti di cronaca della giornata.

Passano le prime 24 ore e il bambino è ancora in fondo al pozzo. Purtroppo per le vibrazioni del tunnel parallelo in costruzione, il bimbo è precipitato ancora più in basso, si dice a circa 60 metri dall’imbocco. La preoccupazione di riuscire a salvarlo cresce di minuto in minuto.

Intanto la Rai intensifica i servizi filmati e le dirette. Gregorio Zappi, Pierluigi Camilli, Piero Badaloni ed altri giornalisti di cronaca, manifestano i primi dubbi sulla riuscita del salvataggio. In particolare Gregorio Zappi spegne gli entusiasmi di quanti credevano che Alfredino da un momento all’altro sarebbe stato portato in salvo. Con il passare delle ore, il caso del bambino caduto nel pozzo maledetto conquista la prima pagina dei giornali nazionali. Visti i tempi lunghi del salvataggio la Rai decide di fare una diretta a reti unificate per informare i telespettatori di quanto sta succedendo in questo piccolo campo di periferia.

Arriva sul posto persino il Presidente della Repubblica Sandro Pertini che conforta la madre di Alfredino disperata per la situazione drammatica di suo figlio.

Il richiamo di Vermicino trasmesso in TV fa accorrere tantissima gente sul luogo per assistere a questo avvenimento di cronaca. Si fa vivo il sentimento di tanti cittadini di partecipare emotivamente all’avvenimento e al salvataggio del figlio di tutti.

In sala regia della televisione pubblica e nei piani alti di viale Mazzini c’è fermento e preoccupazione. La Rai decide comunque di proseguire la diretta a oltranza per seguire tutte le fasi del salvataggio.

Ormai l’Italia intera è fissa sui teleschermi anche durante la notte. Ci sono 28 milioni di telespettatori incollati ai teleschermi che da 18 ore assistono angosciati alle fasi finali di un bambino da riportare alla luce dopo tre giorni di tentativi falliti, alcuni dei quali anche maldestri.

Alcuni cronisti sono ormai stremati dalle lunghe dirette e, soprattutto, dalla tensione dell’attesa, di vedere finalmente questo piccolo essere umano uscire vittorioso dal pozzo maledetto. Si tenta di tutto, anche l’improponibile.

Dopo altri tentativi falliti, si offre di calarsi nel pozzo Angelo Licheri, un fattorino mingherlino di una tipografia denominato “l’uomo ragno”. Dopo lunga trattativa, Angelo viene calato giù nel buio del tunnel tra spuntoni che gli lacerano la carne. Tutti stanno con il fiato sospeso. L’uomo ragno arriva fino al bambino, ci parla, gli fa coraggio, gli passa le dita della mano sul viso…. tenta di imbracarlo… non ci riesce, poi gli prende la mano, gli scivola via dalle proprie mani…

Angelo Licheri deve tornare su, alla luce, la sua autonomia è purtroppo finita; il fattorino eroe è stato 45 minuti a testa in giù quando una persona può resistere al massimo per la metà del tempo. Era l’ultimo tentativo di salvarlo. Di li a poco Alfredino muore.

Sono passati quattro giorni dal momento che Alfredino è caduto nel pozzo maledetto scavato da qualche incosciente irresponsabile.

La TV di Stato spegne i riflettori. La mamma di Alfredino si dispera; I cronisti piangono sopraffatti dalla tensione e dal dolore.

La Rai viene messa sotto accusa per aver mostrato in diretta per 18 ore una storia di cronaca drammatica e dolorosa. E’ la Tv del dolore viene detto.

E’ difficile fare una valutazione su quanto è stato fatto per salvare un bambino di soli sei anni e di come è stato raccontato dalla TV.

Ma nessuno di noi, forse, avrebbe avuto il coraggio di interrompere la trasmissione motivata però dalla speranza di vedere finalmente Alfredino tornare in superficie.

Il miracolo di salvarlo non è avvenuto. Ma questo si è saputo solo un attimo dopo la conclusione della tragedia, quando Alfredino, purtroppo, ha cessato di vivere.

Giuseppe Careri