L’Unione europea e i piani nazionali per la ripresa – di Daniele Ciravegna

L’Unione europea e i piani nazionali per la ripresa – di Daniele Ciravegna
  1. Next Generation European Union (NGEU).

Fin dal periodo iniziale della pandemia COVID-19 l’Unione Europea ha preso provvedimenti per fronteggiare la crisi sanitaria ed economico-sociale e ha messo in atto misure immediate per mobilitare il bilancio dell’UE e consentire la massima flessibilità nell’applicazione delle norme in materia di bilancio e di aiuti di Stato. Il l9 aprile 2020 l’Eurogruppo ha proposto un pacchetto di sostegno di emergenza del valore di 540 miliardi di euro per tre reti di sicurezza, a favore dei lavoratori, delle imprese e degli stati membri; il 21 aprile il Presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, e la Presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, hanno sollevato il punto che la ripresa avrebbe richiesto un grande sforzo congiunto a livello europeo e il 27 maggio la Commissione Europea ha presentato la proposta di un piano per la ripresa dell’Europa dalle conseguenze della pandemia da COVID-19, denominato Next Generation European Union[1] dotato di una capacità finanziaria di 750 miliardi di euro (a prezzi 2018, ripartita in 390 miliardi in termini di sovvenzioni e in 360 miliardi in termini di prestiti a favore di tutti gli stati) da finanziare per 672,5 miliardi (312,5 per sovvenzioni e 360 per prestiti) con il Dispositivo per la Ripresa e la Resilienza (Recovery and Resilience Facility) (capitali raccolti nei mercati finanziari, con un periodo di restituzione fino al 2058) e, per il resto delle sovvenzioni (77,5 miliardi), attingendo a sei programmi già operativi. La ripartizione fra gli stati dei 750 miliardi avverrebbe, per il 70% (impegno di spesa 2021-2022), con riferimento ai parametri dell’inverso del PIL pro capite, della quota di popolazione e dei tassi di disoccupazione nel 2015-2019; per il restante 30% (impegno di spesa 2023), ai predetti primi due parametri più il calo del PIL reale nel 2020 e il calo complessivo del PIL reale nel periodo 2020-2021.

Il 21 luglio il Consiglio Europeo ha definito un pacchetto articolato di 1824,4 miliardi di euro che combina i 750 miliardi del NGEU con 1074,4 miliardi attinti al Quadro Finanziario Pluriennale (QFP) per il periodo 2021-2027, mentre il NGEU ha una prospettiva di spesa per il periodo 2021-2023. Tenendo conto dei 540 miliardi già stanziati nella primavera scorsa, il pacchetto globale per la resilienza e ripresa dell’UE ammonta a 2364,4 miliardi di euro.

La Tabella 1 mette in evidenza come l’impegno di breve periodo (NGEU) sia incentrato sul settore della Coesione, resilienza e valori; settore prevalente (ma con un’incidenza più bassa) anche per il QFP, programma di medio periodo, che dà significativo spazio anche a diversi altri settori.

TABELLA 1 (valori in miliardi di euro)

Settori                                     NGEU                                        QFP                             TOTALE

Mercato unico, innovazioni

e agenda digitale                                   10,6                          132,8                             143,4

Risorse naturali e ambiente                   17,5                       356,4                             373,9

Sicurezza e difesa                                  –                                 13,2                               13,2

Coesione, resilienza e valori

(compresa la salute)                            721,9                         377,8                             1099,7

  1. A. europea     –                               73,1                                73,1

Vicinato e Resto del mondo                                                    98,4                               98,4

Migrazione e gestione frontiere                                                          22.7                               22,7

TOTALE                                             750,0                        1074,4                            1824,4

La forte crescita delle risorse messe sul tavolo della ripresa e resilienza dell’UE sarà finanziato, per quanto riguarda il NGEU, con il ricorso al mercato finanziario e, per creare le condizioni che facilitino quest’operazione – di per sé non proibitiva, dato l’elevato rating creditizio dell’UE – il massimale delle risorse proprie dell’UE sarà temporaneamente innalzato al 2% del reddito nazionale lordo dell’UE. Per quanto riguarda il Bilancio settennale dell’UE, è allo studio una serie di azioni per aumentare le risorse proprie; precisamente introdurre: 1) un contributo a carico dei rifiuti plastici di plastica non riciclati;  2) un meccanismo di adeguamento del carbonio alla frontiera; 3) risorsa basata sul sistema di scambio di quote di emissioni di gas a effetto serra; 4) un prelievo fiscale sul digitale; 5) imposta sulle transazioni finanziarie.

Le rime tre misure appartengono ovviamente al campo proprio del Green Deal Europeo.

Per concorrere all’assegnazione di sovvenzioni o di prestiti, gli stati membri dovranno preparare Piani Nazionali per la Ripresa e la Resilienza (PNRR), in cui dovranno definire il loro programma di riforme e investimenti per il periodo 2021-2023, affiancati dai Programmi Nazionali di Riforma (PNR), richiesti congiuntamente dall’articolato processo di sorveglianza multilaterale delle politiche economiche dei singoli stati membri e dei loro conti pubblici.(conosciuto come Semestre Europeo).

I piani saranno esaminati dalla Commissione Europea e riesaminati e adattati, ove necessario, nel 2022, per tenere conto della ripartizione definitiva dei fondi per il 2023. Il termine per la presentazione dei piani è il 30 aprile 2021; gli stati membri sono tuttavia incoraggiati a presentare i loro progetti preliminari a partire dal 15 ottobre 2020.

La Commissione Europea valuterà i piani in parola alla luce di una serie di criteri, fra i quali particolare rilevanza avranno:

– i quattro Principi guida della Strategia per lo Sviluppo Sostenibile per il 2021: sostenibilità ambientale, crescita della produttività, equità e stabilità macroeconomica;

– la coerenza con le raccomandazioni specifiche per ogni paese date dal Consiglio Europeo (per i cicli 2019 e 2020);

– il contributo effettivo alla  transizione verde, allo sviluppo dell’economia circolare e alla trasformazione digitale;

– il rafforzamento del potenziale di crescita, della creazione di posti di lavoro e della resilienza sociale ed economica dello Stato membro;

– l’inclusione, nei progetti d’investimento e nelle riforme, dei seguenti obiettivi operativi (progetti faro):

1) utilizzare più energia pulita (Power up): utilizzare prontamente tecnologie pulite adeguate alle esigenze future e accelerare lo sviluppo e l’uso delle energie rinnovabili;

2) rinnovare (Renovate): migliorare l’efficienza energetica degli edifici pubblici e privati;

3) ricaricare e rifornire (Recharge and Refuel): promuovere tecnologie pulite per accelerare l’uso di sistemi di trasporto sostenibili, accessibili e intelligenti, stazioni di ricarica e rifornimento ed estensione dei trasporti pubblici;

4) collegare (Connect): estendere i servizi veloci a banda larga a tutte le regioni e a tutte le famiglie;

5) modernizzare (Modernise): digitalizzare la P. A. e i servizi pubblici, compresi i sistemi giudiziari e sanitari;

6) espandere (Scale-up): aumentare le capacità di cloud industriale europeo di dati e lo sviluppo dei processori più potenti, all’avanguardia e sostenibili;

7) riqualificare e migliorare le competenze (Reskill and Upskill): adattare i sistemi d’istruzione per promuovere le competenze digitale e la formazione scolastica e professionale per tutte le età.

La valutazione fatta dalla Commissione Europea dovrà essere approvata dal Consiglio Europeo, a maggioranza qualificata.

  1. Discorso sullo Stato dell’Unione Europea (2020)

Il motore che ha portato all’approvazione degli atti suddetti sta nella Commissione Europea e in particolare nella sua attuale Presidente. Vediamone quindi i presupposti teorici, che possiamo desumere dal Primo Discorso sullo Stato dell’Unione Europea pronunciato il 16 settembre 2020 dalla Presidente Ursula von der Leyen, nella sessione plenaria del Parlamento Europeo e che ha il seguente incipit: “Costruiamo il mondo in cui vogliamo vivere: un’unione vitale in un mondo fragile”. Ciò vuol dire introdurre cambiamenti dettati da progettualità e non da eventi esogeni, come una calamità o da reazioni o difese da azioni altrui. Siamo in presenza di un documento di elevato profilo e profondità di elaborazione che non potevamo attenderci dal suo predecessore, Jean-Claude Juncker, e che anche gli altri suoi predecessori non ci hanno lasciato, a parte Jacques Delors (1985-1995), con il suo “Libro Bianco” del 1993.

Tralasciando questioni altrettanto importanti – quali la spinta per un’Europa più forte nel mondo, basata sul multilateralismo e sul disarmo e incentrata su nuove strategie per dare slancio alla democrazia europea nonché su un nuovo patto sulla migrazione e l’asilo – il primo obiettivo non può essere che il risollevarsi tutti insieme dalla pandemia, gestendo questa con grande prudenza, responsabilità e unità, e assistendo chi ha più bisogno. Ciò è la premessa per creare un’economia dal volto umano, un’economia sociale di mercato che sia vocata alla resilienza, in quanto protegge dai grandi rischi della vita (malattie, disoccupazione, rovesci di fortuna, povertà), garantisce stabilità e consente di assorbire meglio gli urti interni o di origine estera, crea opportunità e prosperità, promuovendo innovazione e sviluppo.

Si deve quindi, in primis, costruire un’Unione Europea della sanità più forte e, allo stesso tempo, impegnarsi a creare uno strumento per la protezione dei lavoratori e delle imprese dagli choc esterni: un notevole esempio di solidarietà europea, basato sulla dignità del lavoro, che è una declinazione della dignità della persona.

Il programma dell’UE denominato SURE (Support to Mitigate Unemployment Risks in an Emergency) ha contribuito a salvare milioni di posti di lavoro, a evitare la creazione di disoccupazione di massa, a dare respiro alle famiglie, a tutelare i redditi e a proteggere le imprese di tutti i paesi dell’UE. Con lo stesso scopo si sono resi più flessibili i fondi europei e le norme sugli aiuti di Stato.

Per la dignità del lavoro è indispensabile la creazione anche di un quadro europeo per il salario minimo degno di ogni lavoratore/lavoratrice, che permette di combattere anche la concorrenza sleale nel mercato unico europeo, premessa indispensabile perché possano svilupparsi le opportunità proprie del mercato unico incentrato sulle quattro libertà fondamentali: libertà di circolazione delle persone, delle merci, dei servizi, dei capitali.

(Manca, a mio avviso, il richiamo all’altrettanto importante peraltro ben diffuso nel contesto economico della Germania, ma da espandere in tutta l’Unione della partecipazione dei lavoratori alla gestione strategica e ordinaria dell’impresa ovvero alla proprietà dell’impresa da parte dei lavoratori).

La “costruzione di un mondo in cui vogliamo vivere” richiede un’accelerazione dell’attenzione e degli interventi riguardanti il futuro del nostro pianeta. Il Green Deal Europeo traccia la strada per compiere una trasformazione epocale che permetta al nostro continente, prima, entro il 2030, di portare al 55% l’obiettivo di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra e, poi, di essere il primo, prima del 2050, a impatto climatico zero. Avendo questa prospettiva, il 37% delle risorse del NGEU e del QFP dovrebbe essere destinato direttamente agli obiettivi del Green Deal Europeo, con particolare attenzione ai progetti faro europei aventi maggiore impatto: idrogeno, ristrutturazioni edilizie per trasformare il settore edilizio, da fonte di emissioni, a pozzo di assorbimento delle stesse.

NGEU deve essere questo: “plasmare il mondo in cui vogliamo vivere” e, in questo mondo, altra protagonista sarà l’innovazione e trasformazione digitale.

L’Europa deve guidare il processo di digitalizzazione, altrimenti sarà costretta a seguire la strada tracciata da altri, che fisseranno gli standard per noi. Per far ciò dobbiamo concentrarci su tre campi: dati, tecnologia (in particolare, l’intelligenza artificiale, impostata su un insieme di regole che metta al centro le persone e che permetta di avere un’identità digitale europea sicura) e infrastrutture digitali che permettano la sovranità digitale dell’Europa. Per questo, si dovrebbe investire almeno il 20% del NGEU nel digitale.

  1. Linee guida europee (roadmap) per la ripresa economica e sociale.

Alla luce dei principi evidenziati dalla Presidente von der Leyen (vedi supra, § 2) e dei criteri per la valutazione dei PNRR e dei PNR nazionali (vedi supra, § 1), la Commissione Europea e il Consiglio Europeo hanno impostato le “Linee guida per la ripresa economica e sociale” nella direzione di costruire un’Europa che sia sostenibile e resiliente, basata sulla solidarietà, sulla coesione e sulla convergenza, impostata in modo da essere agile e flessibile, cioè adattabile all’evoluzione delle condizioni nel tempo, e tale da essere inclusiva e cogestita da tutti i soggetti interessati (stati, regioni, società economica, società civile, parti sociali e altri stakeholder), nel rispetto del principio di sussidiarietà e dei valori e diritti fondamentali sui quali l’Unione Europea è stata costruita e che la stessa vuole continuare ad avere.

Questa costruzione deve avere tre pilastri portanti:

1) il sostegno della ripresa degli stati membri accompagnata dalle riforme necessarie per la resilienza della ripresa, specie con riferimento alla giusta transizione richiesta ai fini del Green Deal Europeo;

2) il sostegno degli investimenti privati strategici per un’economia più pulita, digitale e resiliente per il futuro (ristrutturazioni immobiliari e infrastrutturali; energie rinnovabili, in particolare eolica, fotovoltaica e a idrogeno; trasporti e logistica più puliti, riconversione professionale);

3) il pilastro europeo dei diritti: trarre insegnamento dalla forte crisi sanitaria e sociale in atto in modo da essere attrezzati per il futuro; quindi nuovi programmi per la salute, la protezione civile, la politica retributiva trasparente del lavoro (salario minimo universale e pari opportunità).

  1. – Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza dell’Italia.

I pilastri riportati nel § 3 assieme ai quattro Principi guida, ai sette Progetti faro e alle quattro Raccomandazioni per il 2020 rivolte al nostro paese dal Consiglio Europeo – hanno costituito la base delle Linee Guida per la Definizione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza –, approvate il 9 settembre di quest’anno dal Dipartimento Interministeriale per gli Affari Europei e il 13 ottobre dal Senato e dalla Camera dei Deputati.

I “principi guida” e  i “piani faro” sono validi per tutti i paesi (vedi supra, § 1); le raccomandazioni sono invece specifiche per ogni paese e, per il nostro, sono state, per il 2020:

1) rafforzare la resilienza e la capacità del sistema sanitario per quanto riguarda gli operatori sanitari, i prodotti medici essenziali e le infrastrutture; migliorare il coordinamento tra autorità nazionali e regionali; (sic) quando le condizioni economiche lo consentano, perseguire politiche di bilancio a medio termine prudenti e assicurare la sostenibilità del debito, incrementando nel contempo gli investimenti;

2) fornire redditi sostitutivi e un accesso al sistema di protezione sociale adeguati; attenuare l’impatto della crisi sull’occupazione, anche mediante modalità di lavoro flessibili e sostegno attivo all’occupazione;

3) garantire l’effettiva attuazione delle misure volte a fornire liquidità all’economia reale; anticipare i progetti d’investimento pubblici maturi e promuovere gli investimenti privati per favorire la ripresa economica, concentrare gli investimenti sulla transizione verde e la trasformazione digitale;

4) migliorare l’efficienza del sistema giudiziario e il funzionamento della Pubblica Amministrazione.

Tutto ciò premesso, vediamo le linee guida strategiche del PNRR italiano. Esse sono le seguenti.

  • Modernizzare il Paese significa, innanzitutto, disporre di una P. A. efficiente, digitalizzata, ben organizzata e sburocratizzata, efficace nei servizi che eroga.. Significa, inoltre, creare un ambiente favorevole all’innovazione, promuovere la ricerca e utilizzare al meglio le tecnologie disponibili per incrementare la produttività dell’economia e la qualità della vita.
  • La transizione ecologica dovrà essere la base del nuovo modello di sviluppo su scala globale. In primo luogo, occorre ridurre drasticamente le emissioni di gas clima-alteranti, in linea con gli obiettivi del Green Deal Europeo. In secondo luogo, sarà necessario migliorare l’efficienza energetica delle filiere produttive, degli insediamenti civili e degli edifici pubblici e la qualità dell’aria dei centri urbani e delle acque interne e marine. (Segue una dettagliata elencazione delle cose virtuose da fare, sia dal lato della domanda sia dal lato dell’offerta compresa anche la tutela del patrimonio artistico, culturale e naturale e, allo stesso tempo, promuoverne la fruizione, consolidandone le potenzialità e la capacità di attivazione di flussi turistici).
  • Inclusione sociale e territoriale, che vuol dire ridurre le disuguaglianze, i divari e la povertà che impediscono a tutti i cittadini di partecipare pienamente alla vita economica, sociale e culturale e di godere di un tenore di vita e di un benessere considerati accettabili. A tal fine è necessario garantire un livello più uniforme di accesso all’istruzione e alla cultura, con particolare riferimento alla conoscenza degli strumenti digitali. La realizzazione della parità di genere richiede d’intervenire sulle molteplici dimensioni della discriminazione in essere nei confronti delle donne per quanto riguarda il lavoro, la retribuzione, l’accesso alle risorse finanziarie, il lavoro domestico, il lavoro di cura, l’accesso alle posizioni decisionali a livello politico, economico e sociale. Favorire l’inclusione presuppone il miglioramento della qualità della vita nei centri urbani e nelle aree periferiche, la riduzione dei gap infrastrutturali, di quello occupazionale nonché nell’accesso ai beni e servizi pubblici, soprattutto fra Nord e Sud.

Per realizzare le linee strategiche, il PNRR, sintetizzando fra “principi guida”, “piani faro,” e “raccomandazioni”, individua nove direttrici d’intervento:

1) un paese completamente digitale;

2) un paese con infrastrutture sicure ed efficienti;

3) un paese più verde e sostenibile;

4) un tessuto economico più competitivo e resiliente;

5) un piano integrato di sostegno alle filiere produttive;

6) una Pubblica Amministrazione al servizio dei cittadini e delle imprese;

7) maggiori investimenti in istruzione, formazione e ricerca;

8) un’Italia più equa e inclusiva, a livello sociale, territoriale e di genere;

9) un ordinamento giuridico più moderno ed efficiente.

È un’elencazione senz’anima, cioè senza indicazione delle priorità fra le direttrici d’intervento e non distingue obiettivi intermedi dagli obiettivi finali, o quasi. Di obiettivi, il PNRR parla più avanti, senza però classificarli in ordine di merito. Ne parla con riferimento alle sfide che il Paese intende affrontare:

  • migliorare la resilienza e la capacità di ripresa dell’Italia;
  • ridurre l’impatto sociale ed economico della crisi pandemica;
  • sostenere la transizione verde e digitale:
  • innalzare il potenziale di crescita dell’economia e la creazione di occupazione.

Le “sfide” individuano le missioni del programma, a loro volta suddivise in cluster di progetti omogenei atti a realizzare le missioni e, di conseguenza, le sfide stesse; per questi cluster di progetti  verranno anche individuate iniziative di riforma.

Vengono quindi individuate sei “missioni”:

  1. Digitalizzazione, innovazione e competitività del sistema produttivo.
  2. Rivoluzione verde e transizione ecologica.
  3. Infrastrutture per la mobilità.
  4. 4. Istruzione, formazione, ricerca e cultura.
  5. Equità sociale, di genere e territoriale;
  6. Salute.

A me pare che “principi guida”, “linee strategiche”, “direttrici d’intervento”, “missioni” siano denominazioni di specie quasi del tutto ripetitive e non illuminanti ai fini della comprensione dell’essenza del PNRR. D’altra parte, critica analoga può essere sollevata nei confronti della serie di criteri indicati per la valutazione dei PNRR dei singolo paesi da parte della Commissione Europea.

Così, fra i principi guida della Strategia per lo Sviluppo Sostenibile per il 2021, la sostenibilità ambientale e l’equità sono obiettivi di elevato livello finale, poiché concorrono a definire la dignità delle persone in termini individuali e sociali, e lo stesso potrebbe dirsi a proposito della crescita della produttività purché l’elevata produttività sia accompagnata da elevata disponibilità di beni, e di beni di elevata qualità personale e sociale. Invece, la stabilità macroeconomica è un mero obiettivo intermedio rispetto agli altri tre, che potrebbe anche essere di contrasto rispetto a questi, come la gestione della politica economica europea nel corso del secondo decennio di questo secolo ha chiaramente evidenziato: “austerità” per la stabilità macroeconomica che ha bloccato la crescita economica e la sostenibilità sociale dell’EU.

Inoltre, transizione verde, sviluppo dell’economia circolare e trasformazione digitale non sono sullo stesso livello di finalizzazione: se fatta in modo corretto, la transizione verde è un obiettivo con elevato livello di finalizzazione, mentre l’economia circolare, la transizione digitale, il rafforzamento del potenziale di crescita, la resilienza sociale ed economica del paese membro hanno natura di obiettivo intermedio così come lo è la creazione di posti di lavoro. Per essere con elevato livello di finalizzazione occorre che il posto di lavoro abbia elevati livelli di qualità; precisamente il posto di lavoro ha da essere “libero, decente, creativo, partecipativo, solidale; deve avere una remunerazione giusta, avere una buona copertura di tipo previdenziale, produrre cose buone per il lavoratore, la sua famiglia e per il bene comune della comunità, rispettare l’ambiente naturale”, come sempre ci ricorda Papa Francesco.

Ritornando al PNRR italiano, così come è oggi, fra le linee guida strategiche, l’”inclusione sociale e territoriale” e la “transizione ecologica” hanno elevato livello di finalizzazione e non possono essere messe sullo stesso piano del “modernizzare il Paese”.

Fra le direttrici d’intervento, i punti 2), 3), 7), 8) e  9) hanno elevato valore di finalizzazione; gli altri punti sono di livello intermedio. Le sfide sono una ripresa delle Direttrici d’intervento e le missioni sono elencate in modo casuale quanto a livello di finalizzazione; anzi direi che le priorità vanno a discendere dalla missione 6. alla 1., se il principio fondante del bene comune sta come non può non essere nella centralità e dignità della persona.

Daniele Ciravegna

 

[1]    Talvolta si sente parlare di recovery plan, che fu introdotto come nome comune, poi definito ufficialmente col nome proprio di Next Generation European Union. Analogamente, si usò inizialmente il nome comune recovery fund, ma successivamente esso è stato definito col nome proprio di Recovery and Resilience Facility.