Case pignorate: il grave contrasto con la Costituzione e le norme europee – di Emilio Persichetti

Case pignorate: il grave contrasto con la Costituzione e le norme europee – di Emilio Persichetti

Case pignorate, valore minimi cui vengono vendute alle aste, rilascio dell’abitazione, anche se la principale, o addirittura unica. I recenti provvedimenti legislativi introdotti dal Governo Renzi hanno fatto emergere anche  un grave contrasto giuridico con la Costituzione e le norme europee. Dopo il nostro primo articolo in materia  (  CLICCA QUI)  interviene il noto avvocato romano Emilio Persichetti di cui pubblichiamo il seguente articolo.

 

Era più che prevedibile che la lunghissima crisi economica che ha colpito l’Italia negli ultimi 10 anni creasse situazioni nuove, complesse e di non facile soluzione per i giuristi, e non solo. Nel campo del diritto bancario e del diritto civile in particolare sono emersi gravi e vistosi problemi di coordinamento tra norme confliggenti, ma anche problemi di interpretazione nel rispetto di quei criteri di razionalità, proporzionalità ed equità che devono sovraintendere all’unità dell’Ordinamento Giuridico. L’intervista concessa a questa testata dall’avvocatessa Straccamore, per quanto riguarda le esecuzioni immobiliari, ( CLICCA QUI ) sotto questo profilo, è illuminante.

Il dato di fatto da cui partire è che la crisi che ha colto le famiglie con la lama gelida dei licenziamenti, della disoccupazione e della inoccupazione giovanile, ha reso impossibile il pagamento di mutui contratti in tempi lontani e totalmente diversi.

A fronte di questo le Banche si sono trovate in portafoglio pesanti sofferenze da comunque risolvere e che si sono aggiunte ad altre gravi perdite per investimenti su titoli ed “asset” finanziari sbagliati, colpa però non certo attribuibile al consumatore, cioè al cittadino mutuatario.

Sarebbe stata logica più che opportuna una iniziativa coordinata e congiunta tra BCE, Comunità Europea e Governo Italiano per risolvere la situazione reindirizzandola per il vesto giusto.

Così non è stato e nel generale e disordinato “ si salvi chi può”, a pagare il prezzo più alto è stata la parte più debole: il consumatore.

Si sono invece alla fine salvate le Banche protette dal “Quantative easing”, dalla cartolarizzazione e finaziarizzazione dei NPL, dall’aiuto diretto o indiretto dello Stato, dalla interpretazione unilaterale della normativa bancaria.

avv Emilio Persichetti

Non posso tacere a questo proposito le distorsioni ed ingiustizie derivate da alcuni articoli – su cui tornerò – varati dal così detto Decreto salva Banche ( D. Lgs. 72/2016).

La parte più debole, al contrario, non solo non ha avuto alcun aiuto economico diretto o indiretto che fosse, ma – ancor peggio – è stata consegnata mani e piedi ad un nuova normativa di fatto volta a tutelare il creditore. Normativa che si andata a sovrapporre in via particolare alla normativa esistente ma immaginata e realizzata in termini esattamente opposti perché pensata e scritta per un tempo ed una situazione economica del tutto diversa: quella dell’Italia degli anni 50 e 60. Un tema nel quale la tutela del creditore era voluta immaginata e interpretata tutelando le posizioni delle due parti in termini di equilibrio e razionalità.

Il risultato evidente è stato il contrasto rivelatosi dirompente in questi  ultimi tempi, con principi costituzionali e di diritto europeo ormai consolidati.

Ci sono voluti casi clamorosi, come quello dello sgombero del Camping River da nomadi, per capire quanto distante sia l’orientamento delle Corti Europee da quelle italiane in tema di diritto all’abitazione del cittadino, quand’anche Rom.

Data la sede di questo articolo elenco solamente i temi che necessitano di un attento approfondimento giuridico rinviando ad altra sede specializzata l’approfondimento del dibattito, che va pur fatto.

Scelgo due punti di riflessione soltanto che giudico i più vistosi e da correggere “ illico et immediate” con lo strumento del Decreto Legge.

Essi sono due.

La prima riflessione da svolgere è relativa al principio generale di cui all’articolo 2740 del Codice Civile : “Il debitore risponde dell’adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri”. Questo principio certamente costitutivo del sistema e con una sua logica e giustificazione solida negli anni 50 e 60, non ha tuttavia valenza e carattere costituzionale.

Al contrario ha certamente valenza e forza costituzionale il diritto all’abitazione non solo ‘ex sé’ in virtù dell’articolo 7 della Carta dei Diritti Fondamentale della Comunità Europea e della connessa giurisprudenza, ma anche in forza delle plurime norme costituzionali connesse a questo diritto, a cominciare dall’articolo 3 dovendosi considerare la privazione della casa impedimento oggettivo al pieno sviluppo della persona umana.

Ma non posso non citare anche l’articolo 31 per il quale la Repubblica agevola la formazione della famiglia e l’adempimento dei compiti relativi, con particolar riguardo alle famiglie numerose, o all’articolo 14 che disciplina in modo cogente e strettissimo l’inviolabilità del domicilio.

Difficile coordinare questi principi così come peraltro vissuti e sentiti dalla coscienza civile comune con le norme entrate in vigore con il D.L. 59 del 3 Maggio 2016 e soprattutto il D.Lgs 21.04.2016 n. 72).  L’iper liberismo anche giurisprudenziale con cui queste norme sono state applicate ha portato a situazioni oggettivamente ingiuste, sproporzionate e prive di razionalità.

L’articolo 560 del c.p.c. nel testo novellato innanzi tutto il quale da la possibilità al giudice della esecuzione di allontanare il proprietario inquilino dalla sua casa prima che sia intervenuta la vendita e l’assegnazione, cioè il passaggio di proprietà. Non vi sono garanzie per il debitore in questa fase se non quella di formulare opposizione ex art 617, ma non sono precisati i criteri di accoglimento o reiezione della opposizione lasciando così al giudice una discrezionalità abnorme ed ingiustificata; lasciandogli cioè la libertà di disporre come vuole del bene, tramite il custode, come fosse terminata l’azione esecutiva che in tal modo perde la natura di azione procedurale divenendo viceversa diritto sostanziale. E così il proprietario solo perché debitore si trova dall’oggi al domani senza casa e senza alcuna tutela sociale, neanche quella concessa all’inquilino moroso e sotto sfratto tutelato dalla Pubblica Amministrazione nella fase della esecuzione.

E’ noto che la Questura nel concedere la Forza Pubblica per eseguire lo sfratto contempera doverosamente il principio di adeguamento della sentenza a quello della tutela dell’Ordine Pubblico.

Dopo la novella invece è invalso il principio che l’inquilino che infrange l’ordine di sgombero per esempio rientrando nella sua casa non occupata da altri e non ancora venduta, viola l’articolo 388 del Codice penale che punisce con la pena fino a tre anni colui che – questore compreso- “ per sottrarsi all’adempimento degli obblighi nascenti da un provvedimento dell’autorità giudiziaria…. compie sui proprio o sugli altrui beni, atti simulati o fraudolenti…”.

Ed ancora e di più, il custode  in caso di mancata possibilità del proprietario di trovare corretta allocazione dei mobili o documenti aziendali nei trenta giorni dalla intimazione deve considerare tali beni “abbandonati “ e quindi smaltirli sempre naturalmente con spese a carico del proprietario il quale troverà poi le fatture per lo smaltimento ben conteggiate nel conto finale di liquidazione, art 560 co 2 c.p.c..

Un tale sistema riflette una insensibilità assoluta al problema abitativo del consumatore debitore e più in genere al suo diritto alla casa. La conferma e verifica di quanto vado dicendo si potrebbe con certezza rinvenire conteggiando quante siano le famiglie che hanno subito le vessazioni consentite dall’articolo 560 c.p.c e che si trovano tra i cinque milioni e mezzo di italiani che vivono sotto la soglia di povertà ovvero senza la garanzia della dignità della casa.

E vengo alla seconda riflessione urgente. Il prezzo finale di vendita all’incanto.

Il dato di partenza è la constatazione che la crisi degli ultimi dieci ani ha portato ad un sensibile calo del prezzo e dunque del valore degli immobili. Chi deve pagare questa minus valenza?

Il noto economista Stigliz ponendosi la medesima domanda, nell’osservare come la crisi dei mutui sub prime in America, ( cui ha fatto riferimento anche l’economista Nino Galloni, appena intervenuto su Ultima Edizione ( CLICCA QUI ), avesse portato ad un numero spropositato di pignoramenti privati e che la mancata soluzione del problema avrebbe fatalmente reso impossibile qualunque soluzione alla crisi economica generale abbozzata da piano Paulson ( La Grande Frattura – Casa Editrice Einaudi pag. 689 ), prospettò alcune brillanti soluzioni quali quella – per esempio – di abbattere il valore dell’ipoteca quando il prezzo della casa fosse più basso, ma anche “ convertendo le deduzioni degli interessi sui muti e delle tasse sulla proprietà in crediti fiscali liquidi” ed “impiegando fondi governativi a fini creditizi approfittando del minor costo di finanziamento del governo e trasformando il risparmio ai proprietari a basso e medio reddito.

Ora si vuole che il D. Lgs. 211 Aprile 2016 n. 72 ha abrogato l’articolo 120 quinquisedeciese comma 3 del D. Lgs. 38/93.

Tradotto per coloro che non avessero tempo di seguire le contorsioni delle varie leggi che si susseguono nel tempo, è stato abrogato il patto “marciano” per i privati. Il patto cioè con il quale le parti possono stipulare che in caso di inadempimento il creditore può sì entrare in proprietà del bene fato in garanzie e venderlo, ma pagando al debitore il sovrapprezzo tra il valore del mercato del bene ed il credito vantato.

E così di soppiatto e capziosamente, con una leggerezza gravissima, è entrato nell’ordinamento il patto “ commissorio” proibito dall’articolo 2744 del C.C., il patto cioè con il quale il creditore può vendere il bene del debitore dato in garanzia senza però corrispondere al debitore nulla della differenza il prezzo di vendita ed il credito.

I risultato sotto gli occhi di tutti. Le aste giudiziarie si susseguono con ribassi senza limiti, né la legge specifica quale debba essere il ribasso massimo. Questa situazione sommata al deprezzamento degli immobili a motivo della crisi porta ad alcune conseguenze a dir poco sconcertanti.

Il proprietario espropriato per la realizzazione di un opera pubblica è tutelato dalla legge di Napoli ed il prezzo di esproprio coincide e deve coincidere con quello del mercato.

Il debitore che non può pagare il mutuo perché licenziato viene espropriato sic et simpliciter dal creditore per via giuridica applicandosi senza alcun riguardo il patto commissorio nei suoi confronti.

Dunque siamo fuori e ben oltre il perimetro di qualunque normativa costituzionale ed europea.

Quando alla fine il bene viene venduto non è certo detto che il credito sia stato interamente saldato. Né mi soffermo a delineare l’ambiente fosco che si addensa attorno a simili procedure perché l’eventuale accordo tra compratori speculatori porta a ribassi senza fine e dunque a vere e proprie spogliazioni.

Sì credo sia giunto il momento di ripensare a fondo la materia e non solo per la tutela della parte più debole.

L’edilizia è stato uno dei veri e forti motori del miracolo italiano, ma oggi quale avvocato mai può in coscienza suggerire ad un giovane ed alla sua famiglia di azzardare e contrarre un mutuo per comprare la prima casa sapendo che la legge è contro di lui e che un piccolo errore ed una minima svista possono non solo vederlo buttare fuori dalla sua casa ma anche vanificare i suoi risparmi passati, presenti e futuri se la svendita giudiziaria non dovesse coprire per intero il credito, gli interessi e le spese di esecuzione come spesso accade? Nessuno.

Emilio Persichetti