Quando la Rai era lo specchio di un intero paese

Quando la Rai era lo specchio di un intero paese

Il nostro collaboratore Pino Careri è stato per anni uno dei più brillanti montatori del telegiornale della Rai. Ha vissuto gran parte dei suoi anni giovanili nel servizio pubblico della Rai ed ha raccontato la sua esperienza televisiva scrivendo una Tesi di Laurea presentata alla Sapienza di Roma dal titolo: “Ancora Rai, il diritto dei cittadini ad essere informati”.

Nei prossimo futuro pubblicheremo alcuni capitoli di questa Tesi per riscoprire la Rai delle origini, quella del periodo della riforma e, poi, della lottizzazione, della  nascita delle tv private e, infine, l’arrivo della rete.

E’ il 20 luglio del 1969: per la prima volta nella storia dell’umanità, un uomo mette piede sul suolo lunare. 40 milioni di telespettatori di giorno e 30 milioni di notte, assistono alla storica diretta della Rai condotta da Tito Stagno e Ruggero Orlando  sull’eccezionale impresa degli astronauti americani.

Tra il pubblico oceanico che assiste alla trasmissione, e dietro le quinte dello Studio 3 di via Teulada, ci sono anche dei giovani professionisti assunti in Rai in un concorso pubblico alcuni anni prima. Ci sono anch’io che sto iniziando la fantastica avventura di fare il montatore televisivo.

Le nuove leve, chiamiamole così, registi, operatori, scenografi, montatori, tecnici, collaborano a vario titolo alla storica trasmissione sulla luna, altri sono impegnati al telegiornale, con servizi filmati a corredo della diretta televisiva.

Ci dice Tito Stagno: “ In Europa non c’è stato nessun ente televisivo che abbia fatto quello che ha prodotto la Rai. Direi che nemmeno le migliori stazioni americane hanno messo in essere uno studio di quel tipo: collegamenti con tutti i corrispondenti, con il Vaticano, con la Presidenza della repubblica, con Pechino”.

La conquista della Luna è, però, solo uno degli innumerevoli avvenimenti della realtà sociale e politica che la Rai, servizio pubblico, trasmette nel corso di quella giornata.

I giovani assunti iniziano il loro tirocinio a contatto con personalità giornalistiche spiccate, e collaborano al telegiornale confezionando tutti i servizi che poi saranno trasmessi nelle varie edizioni.

Prima della diretta sulla Luna, altri avvenimenti si erano inevitabilmente avvicendati nel territorio italiano e nel mondo intero.

L’alluvione di Firenze, la guerra dei sei giorni arabo-israeliana commentata da Arrigo Levi, l’elezione di Papa Giovanni, il terremoto di Gibellina, l’assassinio di John Fitzgerald Kennedy e di suo fratello Bob, e tanti altri avvenimenti di cronaca. Impossibile ricordarli tutti.

Tutti, però, resi eccezionalmente disponibili, a differenza di quel che accadeva fino a pochi anni prima dall’arrivo della televisione anche in Italia.

La nostra assunzione al telegiornale, all’epoca unico, coincide dunque con un dei periodi più interessanti e avvolgenti del nuovo mezzo di comunicazione di massa, il più nuovo ed il più affascinante.

Le trasmissioni giornalistiche di attualità come TV7, AZ, Un fatto come e perché, Servizi speciali, venivano ideate da famosi giornalisti che per anni hanno raccontato in maniera impeccabile la società italiana e internazionale: Sergio Zavoli, Piero Angela, Andrea Barbato, Brando Giordani, Ennio Falivena, Arrigo Levi, Vittorio Citterich, Ennio Mastrostefano, Demetrio Volcic, Vanni Ronsisvalle, Joe Marrazzo e tanti altri.

Noi giovani alle prime armi imparavamo da loro, dagli operatori cinematografici, di cui tanti venivano dal cinema, dai registi, dagli scenografi, dai montatori, dai tecnici.

Il lavoro era così appassionante che appena accadeva un avvenimento importante, ad esempio un terremoto, o l’uccisione di Kennedy, tutto il personale tecnico e ideativo dei telegiornali si ripresentava in servizio per dare il proprio contributo alla trasmissione nonostante fosse appena smontato o fosse andato in ferie. Una vera e propria sorta di pronto soccorso nei casi di un’emergenza.

Nel corso dei tanti anni che ho trascorso al telegiornale, ho avuto la fortuna di collaborare con molti di loro, partecipando spesso alla riuscita dei servizi speciali e delle trasmissioni giornalistiche alle quali ho portato il mio contributo con l’impegno nelle varie salette di montaggio che allora si trovavano al quinto piano della palazzina di via Teulada.

Ricordo il lavoro appassionato sui “Giovani” negli anni 70 con il giornalista Giuseppe Vannucchi che coinvolgeva ognuno delle figure professionali per la migliore riuscita dello speciale.

In molti casi Vannucchi presiedeva riunioni per farci ascoltare la musica più adatta ad accompagnare un servizio. In un caso ricordo l’ascolto del Titano di Mahler.

Mi è impossibile quantificare esattamente la mia partecipazione a migliaia di servizi che hanno svariato dalla cronaca, alla cultura, alla politica, all’economia.

Posso affermare che, nella quasi totalità dei lavori portati a termine, lo si è fatto sempre in funzione del pubblico e mai del potente di turno.

Certo i condizionamenti c’erano, e spesso si facevano delle vere e proprie battaglie civili per contrastarli. Non sempre, purtroppo, si riusciva ad averla vita, ma ci si provava con passione e lealtà.

Il servizio pubblico radiotelevisivo ha rappresentato per molti anni, pur con tanti distinguo e critiche di intellettuali e di operatori culturali, una linea guida per gran parte di una popolazione ancora non abituata al linguaggio televisivo.

Al di là delle critiche, molte delle quali giuste, la Rai ha seguito e commentato per anni migliaia e migliaia di avvenimenti e di manifestazioni pubbliche. Per certi versi, è stata lo specchio di un paese che cambiava.

Per molti italiani dei primi anni ‘60, la Rai pubblica ha rappresentato un’occasione e un’opportunità necessarie per emanciparsi, per conoscere la lingua italiana, per vedere per la prima volta quelle città che nella loro vita non avrebbero, altrimenti, mai conosciuto.

Giuseppe Careri