Il Sud deve rispondere con un suo progetto di futuro – di Michele Rutigliano

Il Sud deve rispondere con un suo progetto di futuro – di Michele Rutigliano

Volendo fare un salto nel passato, quanti di noi ricordano la vicenda di Pier Capponi,  l’ambasciatore fiorentino che osò ribellarsi a Carlo VIII? Nel 1494, Il Re di Francia puntò dritto verso il Regno di Napoli, di cui si riteneva legittimo erede. Ebbene, dopo essere stato accolto favorevolmente a Milano da Ludovico il Moro, pretendeva analoga sottomissione dalla Signoria di Firenze, tornata Repubblica dopo la morte di Lorenzo il Magnifico. I fiorentini, però, gli opposero una dura resistenza. Tant’è che di fronte alla minaccia di attaccare, a suon di trombe, la Città, Pier Capponi rispose:  “ Voi sonerete le vostre trombe, noi soneremo le nostre Campane.”

Fu così che Carlo VIII, non potendo accettare la prospettiva di una lotta ad oltranza, fu costretto a moderare le sue richieste e concluse un equo trattato con la Repubblica di Firenze.

Ebbene, “si parva licet…” se è lecito paragonare i piccoli ai grandi, chi l’avrebbe detto che, 530 anni dopo quello storico braccio di ferro, una “singolar tenzone” si sarebbe riproposta, tra il Nord e il Sud Italia con il Ministro Calderoli nei panni del Re di Francia e il Governatore De Luca, in quelli di Pier Capponi?

L’oggetto della contesa è questa benedetta autonomia differenziata che introduce novità sostanziali non solo nella ripartizione delle competenze tra Stato e Regioni, quanto soprattutto nella gestione delle risorse economiche. Una riforma che vedrebbe penalizzato tutto il Mezzogiorno, considerato il forte divario che c’è tra le due aree del Paese. Ora, però, a parte le proteste delle opposizioni che, a ragion veduta, parlano di “Legge Spacca-Italia” e di minaccia concreta all’unità e alla coesione nazionale, dovremmo esaminare con più calma e a mente fredda tutte le implicazioni che potrebbe comportare questa riforma, nel caso in cui diventasse legge dello Stato.

Per parte nostra, noi meridionali, in tutta questa vicenda, dovremmo essere più sinceri e onesti con noi stessi. Non parlo dei lombardo-veneti che si sono espressi con un referendum plebiscitario a favore dell’autonomia. Ma tutti gli altri, dai liguri ai piemontesi, dai toscani ai romagnoli potrebbero obiettare: Sì va bene, l’autonomia differenziata ha tanti difetti, ma almeno il Lombardo-Veneto ha un progetto per il suo futuro. Voi meridionali, invece, cosa proponete? In tutta coscienza, ci siamo posti il problema che il regionalismo, almeno per come si è manifestato al Sud in questi ultimi 50 anni, non funziona più? Non basta dire no ai progetti degli altri. Con gli attuali scenari geopolitici e con la prospettiva di una politica economica e di difesa comune a tutti gli Stati dell’Unione europea, il Mezzogiorno dovrà fare la sua parte ed esplorare vie nuove e originali se non vuol regredire, nel terzo millennio, nella stessa posizione che aveva, nel 1700,  il Regno delle due Sicilie.

Purtroppo, quella del Mezzogiorno è da sempre una delle più complesse e irrisolte questioni della politica e dell’economia nazionale. Il divario tra il Nord e il Sud, se prendiamo in considerazione indicatori come il reddito, l’occupazione, l’istruzione, la sanità, le infrastrutture, la sicurezza, la legalità,  è una ferita che non si è mai rimarginata. Anzi, se vogliamo dirla tutta, in questi ultimi 25 anni, la frattura si è ulteriormente aggravata.

Di fronte a questo scenario, alcuni studiosi e politici hanno avanzato l’ipotesi di favorire nel Mezzogiorno la creazione di una grande Macroregione Europea e mediterranea, al posto delle Regioni attuali che non hanno dato prova di efficienza e di buon governo.  Quali sarebbero i vantaggi di una simile proposta? Intanto cerchiamo di capire bene cos’è una Macroregione europea e quante ne sono state create negli Stati dell’Unione. La Macroregione è un’area geografica che comprende diversi territori (e regioni) che condividono caratteristiche comuni e che cooperano tra loro per affrontare sfide e opportunità di interesse comune.

L’Unione Europea ha già promosso quattro strategie macroregionali: per il Mar Baltico, per il Danubio, per l’Adriatico-Ionio e per l’Alpina.

La Macroregione Mediterranea sarebbe la quinta, e riguarderebbe tutti i paesi e le regioni che si affacciano sul Mar Mediterraneo, tra cui il Mezzogiorno d’Italia. I sostenitori di questa idea ritengono che la Macroregione Mediterranea potrebbe portare diversi benefici al Sud del Paese, tra cui: una maggiore integrazione e cooperazione con i paesi e le regioni del Mediterraneo, in particolare con quelli del Nord Africa e del Medio Oriente, con i quali il Mezzogiorno ha legami storici, culturali e commerciali. Una maggiore attrattività e competitività del territorio, grazie alla valorizzazione delle risorse naturali, culturali, turistiche, energetiche, agroalimentari, marittime, che il Mediterraneo offre.  Una maggiore partecipazione e influenza nelle politiche e nei fondi europei, grazie alla possibilità di dialogare direttamente con le istituzioni e gli altri partner della Macroregione, senza passare per gli intermediari nazionali o regionali. Una maggiore autonomia e responsabilità delle amministrazioni locali, che potrebbero gestire in modo più efficace ed efficiente le proprie competenze e risorse, senza essere vincolate dalle rigidità e dalle inefficienze delle Regioni attuali.

Ovviamente, c’è anche il rovescio della medaglia. E cioè i rischi e le difficoltà di una simile prospettiva, quali ad esempio una più accentuata complessità e frammentazione del sistema istituzionale, una più marcata disparità e disuguaglianza tra le aree interne e quelle costiere; una maggiore vulnerabilità e instabilità del contesto geopolitico, che potrebbe esporre il Mezzogiorno a minacce e a crisi provenienti dai paesi e dalle regioni del Mediterraneo, in ragione  di conflitti, povertà, migrazioni, terrorismo e cambiamenti climatici.  Ciò nonostante, la creazione di una Macroregione Mediterranea è una proposta ambiziosa e innovativa, che potrebbe rappresentare una sfida e un’opportunità per il Mezzogiorno, a fronte di un assetto politico e istituzionale che, con l’autonomia differenziata, trasformerebbe il Nord in  un territorio sempre più distinto e distante dal resto del Paese.

Michele Rutigliano