Il premierato e l’idea che esistano soluzioni “semplici” – di Adalberto Notarpietro
Non esistono soluzioni semplici a problemi complessi. Sembrerebbe un’affermazione scontata, ma così non è.
La maggioranza di Governo, assecondando molto a modo suo le aspettative della popolazione, per una semplificazione delle norme che disciplinano l’ordinamento parlamentare e, in particolar modo i meccanismi che riguardano i criteri di rappresentanza, ha avanzato una proposta per l’elezione diretta del Premier. Tra i motivi a favore, quello della maggior stabilità dei Governi, la cui esigua durata è ritenuta principale causa di inettitudini . Il Premier eletto direttamente dal popolo e non dai partiti, sarebbe, si sostiene, meno soggetto ai poteri di veto e interdizione delle segreterie politiche. Messa così, secondo la via scelta dal Governo, la proposta ha un suo appeal e avrebbe anche una valida motivazione.
Perché allora tanto clamore da parte delle opposizioni? Sicuramente un cambiamento di tal genere, comporterebbe dei contraccolpi sull’intera architettura costituzionale, facendo venir meno importanti funzioni di equilibrio e di controllo, su cui si regge l’intero sistema democratico del Paese. Il rilievo è oggettivamente ineccepibile, rendendo la figura del Capo dello Stato, gregaria rispetto al Presidente del Consiglio. Questo risvolto della proposta, non proprio insignificante, non sembra turbare gli animi della maggioranza che procede spedita nei propri intendimenti, associandovi anche quella dell’autonomia differenziata, cioè della facoltà delle regioni a gestire in proprio buone parte delle loro attività, trattenendovi i maggiori benefici economici, in dispregio al senso di unità e coesione nazionale.
Cambiamenti di questa portata, che toccano i capisaldi dell’ordinamento costituzionale, dovrebbero essere preventivamente esaminati in modo più approfondito e, avanzati con circospezione e rispetto, anche se nulla è immutabile e appunto su questo, fa leva la maggioranza a favore dell’elezione diretta del Premier. Interessante è osservare come le reazioni alla proposta siano nettamente distinte, identificandosi con un fronte di cittadini in età, contrari e giovani per lo più a favore. Non sorprende che l’orientamento dei giovani, impermeabili a nostalgie passatiste, sia più aperto e disponibile al cambiamento. Le differenze però, in questo caso riguardano più la storia che la biologia.
Chi ha vissuto direttamente le fasi della costituzione repubblicana o, è cresciuto avvertendone la pregnanza del significato, nell’aura sacra della ricostruzione civile e morale del Paese, si può ben capire quanto si senta turbato e offeso da questa iniziativa. Ma non è la questione sentimentale a interessarci quanto le distinte posizioni, praticamente opposte, di fronte allo stesso quesito. Ci sono quindi comprensibili motivi perché la generazione postbellica si senta in dovere di opporsi a un cambiamento, che appare più legato a sollecitazioni politico-partitiche che non un effettivo miglioramento delle funzioni di Governo. Avverto però un’enfasi eccessiva, da parte di chi si schiera nella difesa dell’impianto costituzionale, non senza la pretesa, pur giustificata, di spiegare ai giovani, limiti, carenze e difetti della proposta.
Credo che sarebbe meglio ribaltare l’approccio e sentire i giovani, per comprendere le loro motivazioni a favore. Avere cioè l’umiltà di ascoltare e capire l’opinione di chi la pensa diversamente. Non basta avere ragione per essere dalla parte giusta e sbaglieremmo a insistere, pur nella consapevolezza della legittimità e correttezza della posizione. Non ho ovviamente certezze sui risultati dell’operazione ma, penso che sarebbe utile provarci.
Le nostre convinzioni servirebbero a ben poco se non riuscissero a smuovere le granitiche certezze dei giovani e a intavolare con loro un confronto vivo e appassionato. Siamo noi a dover andare incontro a loro e adattarci al loro modo di sentire, sforzandoci di trovare punti di convergenza se non di condivisione. Dar loro lezioni di Diritto Costituzionale o Storia Repubblicana, sarebbe una meritoria operazione didattica ma poco utile a fini politici. Direi che INSIEME, con poco sforzo, ci può provare.
Adalberto Notarpietro