L’Intelligenza artificiale e gli italiani – di Giuseppe Sacco

L’Intelligenza artificiale e gli italiani – di Giuseppe Sacco

Dopo la prima ondata di curiosità e di entusiasmi scatenata dall’arrivo di sugli schermi di tutti i computer ChatGBT, che parve a molti una magia, il tema dell’Intelligenza Artificiale ha sùbito sollevato timori per l’occupazione. Timori comprensibili, ma probabilmente eccessivi, perché l’esperienza storica mostra che l’innovazione tecnologica ha alla fine danneggiato solo chi non ha saputo adattarsi al salto qualitativo che distingue i nuovi mestieri che vengono creati dai vecchi mestieri che vengono spazzati via.

Poco giustificati, in particolare, questi timori appaiono nel nostro Paese. Sia per l’alta qualità che caratterizza i nostri prodotti che, specie quando vanno ai mercati esteri, sono diretti alle fasce più alte del mercato. sia per il fascino dei servizi che – anche grazie ad inverni sempre più preoccupantemente tiepidi – attirano un crescente numero di visitatori stranieri.

Eppure, i paventati effetti collaterali della “AI revolution” sono diventati – in alcuni ambienti professionali italiani – oggetto di seria attenzione, soprattutto per la possibile distruzione di attività e di posti di lavoro ed attività di sevizio legate al mercato immobiliare, che è il mercato in cui è depositato il patrimonio delle famiglie italiane. In realtà, però, né le attività degli Agenti Immobiliari e neanche quelle degli Studi notarili sembrano essere minacciate.

Contrariamente a quello che appare a chi la vede dall’esterno, l’attività del Notaio non è infatti quella di svolgere una funzione di mera registrazione. Il Notaio, al contrario, è da un lato un professionista legalmente qualificato a garantire che un patto non sia contra legem; e che quindi non potrebbe mai convalidate un contratto tra Bugsy Siegel e Joseph Kennedy per la fornitura di una partita di wiskey contrabbandato dal Canada.

Ma dall’altro lato deve essere anche persona dotata di grande e raffinata capacità intuitiva e della rara fantasia necessaria per immaginare tutte le circostanze possibili in cui un patto possa degenerare in una lite; capacità e fantasia difficili da considerare tra quelle di cui l’Intelligenza Artificiale potrebbe – almeno nel futuro prevedibile – disporre.

Quelli – tra i tanti che si affannano a vedere dappertutto ipotetici danni provocati dall’avvento della A.I. – che includono tra questi la sostituzione professione notarile con un automatismo pre-programmato, si riferiscono probabilmente alla legislazione francese. Questa vede infatti non uno, ma ben due notai, uno per parte, come necessari alla stipula di un contratto. Una procedura che svuota il Notaio da ogni terzietà, ne nega sostanzialmente la funzione e ne banalizza totalmente il ruolo. Al punto da rendere facile previsione una evoluzione – se non si vuole che venga soppiantato da un servizio fondato sulla AI – della figura del Maitre Notaire francese verso il modello italiano.

La A.I. e la peculiarità italiana

Più esposta, invece, appare l’attività dell’Amministratore di condominio. Un’attività che merita una riflessione particolare, perché si tratta di una professione tipicamente e peculiarmente italiana, e che quindi tocca solo a noi prendere in considerazione per valutare l’impatto che su di essa avrà l’avvento della AI.

E perché, ci è stato chiesto, l’Amministratore di Condominio è un personaggio tutto italiano? Perché esso è legato alle pressoché uniche caratteristiche dell’insediamento della popolazione sul territorio del nostro paese, ed alla struttura del patrimonio immobiliare, che in Italia è assai diversa da quella degli Stati Uniti. E che quindi è inevitabilmente trascurato nei circoli, soprattutto californiani, dove sono più vivaci la riflessione e il dibattito sull’impatto sociale della “Rivoluzione della AI”.

Ad oggi, infatti, sul territorio degli Stati Uniti sorgono circa 86 milioni di fabbricati di due piani, o meno, e soltanto 5 milioni circa di fabbricati con tre piani o più. Ed essendo la popolazione americana di circa 350 milioni di individui si può facilmente concludere che gli edifici più alti – che sono meno numerosi di quanti uno straniero immaginerebbe per un grande paese come l’America – ospitano principalmente uffici, alberghi o grandi complessi commerciali, mentre nelle piccole case a due piani abitano famiglie formate in media da quattro persone, che di quei piccoli edifici sono – se non si tiene conto del mutuo da pagare – proprietari esclusivi.

E’ facile constatare la radicale differenza nel tipo di insediamento, non solo rispetto a quello tipico dell’Italia, dove la stragrande maggioranza della popolazione vive in appartamenti facenti parte di grandi fabbricati con parti non trascurabili di uso comune, ma anche rispetto a paesi dell’Europa continentale come la Francia, la Svizzera o la Germania. Ma la peculiarità dell’Italia è più netta, in quanto essa si estende anche all’aspetto della proprietà, perché le famiglie italiane vivono in appartamenti di cui, nell’80% dei casi, sono anche proprietari: una situazione molto diversa da quella francese, dove solo il 20% circa delle famiglie è proprietaria dell’appartamento in cui vive. In Francia, peraltro, gli edifici appartengono spesso di proprietà di istituzioni pubbliche: e i più conosciuti – gli HLM (Habitations à Loyer Modéré) – sono frequentemente nelle cronache per i disordini e le violenze causate la difficoltà di gestione delle parti comuni, in particolare degli ascensori. In Svizzera, nelle cui città ancora una volta gli appartamenti prevalgono sulle case mono-familiari, la principale differenza con l’Italia sta invece nel fatto che gli edifici i cui appartamenti sono dati in affitto alle famiglie, appartengono in genere alle banche, che gestiscono in maniera efficace le parti comuni. Il caso Italiano vede insomma paradossalmente riunito l’aspetto “americano” della proprietà familiare dell’abitazione con quello “europeo” della necessitò di una gestione comune di spazi e servizi. Si tratta di una mistura esplosiva, cui sono dovuti da un lato il ruolo dell’Amministratore di Condominio e dall’altro la alta litigiosità tra condomini, e tra questi e gli Amministratori: una tragicommedia tutta italiana, sconosciuta al resto del mondo. Una tragicommedia cui però l’Intelligenza Artificiale sembra ormai offrire una soluzione radicale. E in grado di porre fine ai non infrequenti episodi di Mala Gestio.

Si tratta, certo, di passare da una situazione piuttosto tradizionale, cui gli Italiani sono abbastanza assuefatti ad una del tutto avveniristica, come quella di affidare la gestione del condominio agli algoritmi della AI. Ma è evidente che la vecchia situazione, già poco soddisfacente, che tende a un rapido peggioramento. Soprattutto da quando, a causa della pandemia di Covid, i governi Conte e Draghi hanno tenuto a galla l’economia del Paese finanziando programmi di ristrutturazione edilizia, che sono costati oltre cento miliardi di euro e hanno offerto enormi opportunità di frode.  Il problema peraltro diventerà davvero esplosivo, e il passaggio dalla gestione umana a quella dell’Intelligenza Artificiale diverrà indispensabile ad assai breve termine. Quando, per effetto della politica ambientale imposta dalla UE, gli edifici residenziali dovranno diventare delle “Comunità Energetiche”, finalizzate a produrre energia elettrica principalmente per autoconsumo (in determinate ore) , ma tecnicamente ed economicamente in grado di venderla alla rete in altre. ore. Si può facilmente immaginare i costi, gli sprechi e le liti se a gestire tutto ciò dovessero essere le attuali Amministrazioni di Condominio.

Una scelta con scarse alternative

Unione Europea e impegni internazionali a parte, è questa una linea di politica energetica che l’Italia dovrà comunque seguire, dato che la Penisola non dispone di molte fonti alternative di energia pulita. Nelle Alpi ci sono già seicento dighe, e l’ultimo sforzo per costruirne un’altra, quella del Vajont, si concluse – come i più anziani forse ricordano – con una frana che riempì il bacino di sassi, facendo debordare l’acqua oltre la diga (che resistette egregiamente alla terribile spinta) e uccise duemila persone.  Pochissime poi sono le aree incolte e ancor meno quelle prive di valore paesaggistico o storico architettonico, e quindi utilizzabili per il fotovoltaico. Pochissimo anche il vento a causa del tradizionale bel clima di cui abbiamo sempre goduto.  E poi, l’Italia soffre l’assenza di maree e di moto ondoso potenzialmente utilizzabile per produrre energia elettrica perché non dispone di coste oceaniche, ma solo di coste mediterranee. Realtà così diverse che Giulio Cesare, al momento di passare, dopo la conquista della Gallia, a quella della Britannia, dovette affrontare una sorta di ammutinamento dei suoi pur coraggiosi e fedeli legionari. I quali, abituati alle onde e alle maree del Mediterraneo erano letteralmente in preda al terrore di imbarcarsi, nel vedere quali dimensioni e quale forza avessero questi fenomeni sulle coste della Manica.

Giuseppe Sacco