Forza Italia verso il tramonto? – di Domenico Galabiati

Forza Italia verso il tramonto? – di Domenico Galabiati

Contrariamente alle culture politiche ad essi sottese che mostrano una “durata” capace di attraversare i tempi lunghi di differenti stagioni, i partiti, che di tali culture rappresentano l’espressione entro i limiti di un determinato frangente storico, sono merce deperibile. Nascono, crescono e poi si avviano ad un declino inesorabile, secondo una parabola che disegna un decorso necessariamente connesso all’ evoluzione del loro “momento”.

Occorrerebbe – come Aldo Moro suggeriva alla Democrazia Cristiana – la capacità di essere alternativi a sé stessi, cioè di reinventare forme e contenuti di un’azione politica che confermi i propri valori di riferimento negli sviluppi dell’ accadere storico. Non si tratta di un’impresa semplice neppure per forze che siano fondate su un pensiero forte. A maggior ragione, ciò è impossibile per partiti politici o movimenti che, di fatto, si identificano con la personalità ed il particolare carisma del fondatore, al quale sostanzialmente non sopravvivono.

E’ emblematico, in tal senso, il caso di Forza Italia che, scomparso Berlusconi, sta vistosamente accentuando i sintomi di una involuzione, per la verità, già avviata da tempo e poi fattasi quasi precipitosa con l’abbandono del partito da parte di esponenti qualificati che hanno, per tempo, cercato rifugio altrove. Peraltro, che vada così è, a maggior ragione, comprensibile per Forza Italia, dal momento che mai Berlusconi pare essersi preoccupato di allevare un suo “delfino”, cui trasmettere il testimone di un’ideale staffetta che mantenesse in vita, dopo la sua scomparsa, quel riferimento ad una centralità democratica di stampo liberale, vantata come proprio riferimento ideale, eppure, del resto, mai resa con tutta l’evidenza che avrebbe meritato, nei trent’anni della sua storia.

Un partito, d’altra parte, che non ha mai dismesso i suoi veri panni, quelli di un sostanziale “movimento” che, non a caso, non avendo mai conosciuto, ad esempio, un congresso nazionale, una palestra libera e forte di confronto o di scontro interno, non ha mai potuto selezionare una classe dirigente dotata di una propria, autonoma autorevolezza.
Ciò non di meno, va oggettivamente riconosciuto come Forza Italia, soprattutto negli anni del suo massimo fulgore, abbia coperto una vasta area di rappresentanza che oggi altri attori, supposti centristi d’occasione, vorrebbero sbocconcellare per irrobustire le loro incerte fortune.

Senonché, succede, al contrario, che il patrimonio elettorale di Forza Italia, mal trattenuto da una leadership carente, progressivamente si sfarina e smotta verso le posizioni di una destra estrema, anticostituzionale, sostanzialmente euro-scettica, se non addirittura ostile all’ Europa che lo stesso Berlusconi, in verità, non ha mai mostrato di condividere. E tutto ciò non fa bene, anzi espressamente nuoce all’Italia, soprattutto perché rischia di scorporarla, prima ancora che dagli schieramenti, dalle culture politiche – e la cosa è, a maggior ragione, grave – destinate a governare l’Europa. In qualche modo, si forma, dunque, nell’ arco complessivo del nostro sistema politico-istituzionale non tanto un “vuoto”, cioè uno spazio aperto, già predisposto per i molti interessati volonterosi che amerebbero riempirlo, immaginando che la torta sia già servita in tavola e si tratti solo di farne oggetto dei propri appetiti.

Si crea, piuttosto, uno “spazio virtuale”, le cui pareti, cioè, collabiscono, cosicché non contiene nulla, né può essere inopinatamente riempito dal primo che passa, eppure va colmato per garantire che il sistema abbia un baricentro capace di stabilizzarlo. Insomma, si tratta di un’ area in cui è necessario fare “reset”, azzerare la fungaia di aspiranti protagonisti ed inventare una inedita operazione politica che sia in grado, con una nuova intelligenza politica delle cose, di forzare tale spazio, così da renderlo pervio e percorribile, purché non nel segno della complementarietà all’attuale configurazione del nostro sistema, ma piuttosto favorendo il superamento della camicia di forza bipolare e restituendo agli italiani la libertà ed il gusto di una partecipazione alla vita democratica che sia attiva e consapevole.

Domenico Galbiati