Lo scandalo della povertà

Lo scandalo della povertà

Se mai non lo avvertissimo o lo scordassimo nel corso dell’anno – e dovremmo chiederci come sia possibile – a Natale lo scandalo della povertà si impone con un’evidenza perfino drammatica, interroga o dovrebbe interrogare, anzi scuotere, inquietare la coscienza di ognuno.

Si fa ancor più violento il contrasto tra l’ impennata dei consumi e l’indigenza, le condizioni di povertà assoluta e beffarda di chi la osserva dagli schermi televisivi, ma sa di non potervi in alcun modo concorrere. Anche i sentimenti, se non un’ impennata, conoscono un sommovimento del cuore che li innalza fuggevolmente eppure li circoscrive in un raggio corto e, in troppi casi – in fondo, nessuno ne e’ immune – si risolvono in una sorta di autocompiacimento che alimenta quel po’ di narcisismo palese oppure occulto, cui siamo, più o meno tutti, debitori.

E’ bello sentirsi buoni a Natale. E’ confortante, auto-assolutorio. Perfino commovente l’ armonia che si avverte tra il proprio stato d’ animo e le musiche, le luci, i colori che ne sembrano una emanazione, come sgorgassero dal cuore.
La notte fonda, la capanna, la cometa, gli angeli ed i pastori, le zampogne, i Magi, il luogo ed il tempo imponderabile e misterioso da cui provengono, l’ oro, l’incenso, la mirra risvegliano la percezione, sia pure opaca, di un “altrove” smarrito e che da qualche parte deve pur esserci, il sentimento di una dimensione che il tempo non sa contenere e va oltre, ci passa dentro, lo attraversa, lo trafigge, lo supera.

Poi tutto si dissolve ed evapora nel quotidiano che incombe ed anche della povertà ne facciamo una controversia.
Ma e’ soprattutto la povertà degli inermi, dei bambini, degli esclusi a colpire il nostro “perbenismo” ed a meritare un soprassalto di nobiltà d’ animo, di fierezza e di umanità che la collettività intera dovrebbe fare proprio e la politica interpretare, se appena ne fosse capace, concordemente.

CV