Se la coerenza non è più una virtù

Se la coerenza non è più una virtù

Meno ardimentosa di Renzi ed, in fondo, meno coerente, Giorgia Meloni mette avanti le mani ed afferma che se il presumibile referendum popolare, relativo al “premierato”, dovesse mandare a carte quarantotto la sua riforma costituzionale, lei neppure si sognerebbe di rimettere il suo mandato a Palazzo Chigi. Che c’entra, in sostanza – sembra voler dire – il Governo con la riforma della Carta?

Di per sé il ragionamento non fa una grinza. Mettere mano alla Costituzione, infatti, sarebbe, se mai, compito del Parlamento, di tutte le forze politiche che vi sono rappresentate. In ultima istanza, si dovrebbe dire, dell’Italia e degli italiani chiamati a disegnare concordemente, coinvolti in un vasto discorso pubblico e collettivo, le regole fondative della loro convivenza civile. In un confronto libero e spassionato, non proposto – e, di fatto, imposto alla propria maggioranza – dal Governo.

Le costituzioni sono una cosa viva, devono avere un’anima, devono portare ad un punto di sintesi lo spirito di un frangente storico talmente rilevante da poter essere interpretato come un nuovo inizio, l’avvio di una fase storica nuova, più avanzata, che proietta una collettività verso le attese e le speranze del suo domani. Niente di tutto questo, oggi.

Ma, per tornare al punto, nel nostro caso le cose sono andate diversamente. Difatti, il disegno di riforma nel segno del “premierato” è, appunto, esattamente avanzato dal Governo e dalla sua maggioranza, per cui – a meno di una palese e grossolana contraddizione – non è possibile cacciare dalla finestra ciò che si è fatto entrare dalla porta.

In definitiva, Renzi ha avuto l’ ardire di giocarsi la partita fino in fondo, scommettendo su una posta ultimativa, addirittura la sua sopravvivenza politica. Forse pensava che, esposti al rischio di perderlo, gli italiani avrebbero trangugiato di tutto. Così non è stato. Renzi ha cambiato avviso eppure va riconosciuto che un prezzo – magari “obtorto collo” – lo ha pur pagato. Ha dovuto dimettersi dalla segreteria del PD ed il conto glielo hanno presentato gli elettori, limitando il suo consenso sotto la fatidica soglia del 3%.

Giorgia Meloni, al contrario, si cautela fin d’ora e, francamente, da una leader talmente assertiva, sarebbe legittimo attendersi un coraggio che, invece, evidentemente non ha. Pure lei getta il sasso e nasconde la mano?