Rivitalizzare i borghi – di Nino Giordano

Rivitalizzare i borghi – di Nino Giordano

Nell’ultimo decennio in Sicilia, come in altri territori del Paese, è in atto una progressiva e costante migrazione dalle aree rurali verso le città che offrono maggiori opportunità. In Sicilia questo fenomeno ha raggiunto livelli allarmanti e il dato vero viene dalla rilevazione semestrale che fa l’Istat sui residenti: il 70%  vive in comuni sotto i 2.000 abitanti e i più piccoli, quelli da 1.000/500 abitanti e i piccolissimi da 250/300 abitanti, sono tutti condannati nei prossimi decenni a rimanere abbandonati se non s’interviene subito con azioni di contrasto economico e sociale al fenomeno dello spopolamento.

Stando ai dati recenti, la Regione Sicilia attraverso il “Piano Nazionale Borghi” all’interno del PNRR ( un programma di sostegno allo sviluppo economico/sociale delle zone svantaggiate basato sulla rigenerazione culturale dei piccoli centri e sul rilancio turistico) potrà contare su 75 milioni di euro per individuare 511 progetti di riqualificazione rurale dei borghi e dei comuni piccoli. Un primo importante passo che guarda però ad un solo aspetto dei molti che ci vorrebbero: il recupero degli edifici e il paesaggio rurale. Dobbiamo invece considerare che nei borghi dovremmo riportare servizi di estrema importanza: un presidio medico ed una farmacia prima di tutto, garantire livelli di assistenza alla gente degni del terzo  millennio, tra i quali i servizi di trasporto e viabilità decenti, la messa in sicurezza dei luoghi per garantire la sicurezza di tutti.

Non dobbiamo lasciare indietro nessuno e non dobbiamo abbandonare a sé stesso nessuno, come d’altro canto abbiamo fatto finora e ne è la prova evidente lo spopolamento di questi luoghi rurali ; perché se si va via dal proprio comune di nascita è perché le condizioni per vivere non ci sono più e nel disinteresse generale delle istituzioni si va ad ingrandire quella periferia del disagio intorno ai comuni più grandi che è la fucina di un futuro incerto e zoppicante per tutti, giovani o anziani che siano.

Nella Provincia di Messina (ringrazio Elisabetta Campus per avermi fornito questi dati) i comuni sotto i 1.500 abitanti sono 40 e si va dai 228 abitanti di Roccafiorita, piazzato a 700 metri sul livello del mare, ai 630 abitanti di Malvagna a 700 metri slm, ai quasi 900 abitanti di Santa Domenica della Vittoria che sta a 1.200 metri slm e ai 470 abitanti di Floresta che stanno a 1.200 metri, il borgo più altro in tutta la Provincia. Tutta questa zona di Alcantara da tempo non offre quelle condizioni minime di vita di cui noi tutti che viviamo in città, in termini di servi possiamo godere.

Senza trascurare però che le tradizioni culturali e religiose espresse da queste comunità di fatto si disperdono nel momento stesso che in cui gli abitanti si trasferiscono altrove, ed i giovani rischiano potenzialmente di non conoscerle mai. A queste comunità rurali (prima ancora che alle loro strutture abitative e al loro paesaggio) per uno sviluppo equo e sostenibile, occorre garantire livelli di vita degni dell’essere umano e condizioni di assistenza altrettanto degne; un presente e un futuro in cui al centro c’è la dignità dell’uomo e il rispetto del creato.

“Territori  – come hanno ulteriormente sottolineato i vescovi italiani riuniti a Benevento il 10 e 11 Luglio 2023 per esaminare la realtà delle “Aree interne” (CLICCA QUI)- esposti ad un processo di decremento progressivo della popolazione, che rischia di comprometterne le ricchezze ambientali e culturali.”

Recentemente oriundi argentini hanno deciso di ritornare in Italia per ridare linfa a quei Comuni che soffrono di più gli effetti dello spopolamento e dell’inverno demografico.  I discendenti di coloro che emigrarono all’estero in passato, come Tomás Poggi o la famiglia Zotelo-Cornalò, ora sono tornati a ripopolare Borghi e contrade italiane: è accaduto in Lomellina, in provincia di Pavia, dove alcuni comuni del territorio, insieme all’associazione Cuore argentino di Milano, stanno portando avanti un progetto strutturato di inserimento di italo-argentini, che potrebbe diventare un modello. A raccontarlo Alessandro Bettero in “Il richiamo delle radici”.

In un paese nel quale gli anziani sono una componente sempre più grande sembra che le proposte politiche parametrate su questa categoria di persone (cominciando dalle politiche pensionistiche e del welfare per arrivare all’uso incontrollato del debito) non lascino spazio a politiche a favore delle nuove generazioni (se non nella forma di umilianti bonus): un forte patto generazionale che ristabilisca un equilibrio nelle politiche per gli anziani e per i giovani.

Dovrebbe essere chiaro che per sostenere il peso della popolazione anziana è assolutamente necessario che la partecipazione dei giovani alla vita economica e sociale sia favorita al massimo con adeguate politiche sociali. Di fronte a questa realtà, unitamente ai costanti flussi migratori in Sicilia sono rese necessarie e ineludibili proposte progettuali per i nostri giovani e per quei giovani che provengono da tante realtà di sofferenza: un vero e proprio cambiamento di mentalità, in un’ottica intergenerazionale, sociale e inclusiva.

E’ indispensabile che questo patto sia condiviso dalle comunità: aiutando i giovani – attraverso un impegno educativo e formativo – a riscoprire le risorse del proprio territorio; dando loro un costante supporto alle loro iniziative, valorizzandole e realizzandole con l’aiuto di esperti in tutte le fasi progettuali; riducendo le disuguaglianze attraverso l’assegnazione di risorse economiche specifiche, il supporto finanziario e la promozione dell’inclusione; favorendo l’occupazione giovanile con sistemi di incentivazione previdenziale e fiscale, per ridurre i costi del lavoro e sostenere l’imprenditorialità. Il tutto, rendendo operante la riforma del Terzo Settore.

PRIMA IPOTESI DI LAVORO:

-Riqualificazione e ripopolamento dei borghi, attraverso l’attuazione di progetti agricoli di inclusione e d’integrazione tra i nostri giovani e giovani africani, con interscambio di esperienze agro-alimentari “Sicilia-Africa” unitamente a giovani affetti da autismo, sotto la guida preziosa di anziani agricoltori siciliani. Questo darebbe vitalità all’agricoltura locale in molte aree abbandonate, con la creazione di servizi e di assistenza che risponda ai bisogni dei suoi abitanti, nell’ottica dello sviluppo di un’economia sociale per farne una forza lavoro nell’operazione agricola, utilizzando al meglio le singole esperienze.

Il tutto con enorme vantaggio non solo per queste nuove forze-lavoro ma per l’intera area, recuperando inoltre alla vita sociale – assieme a queste famiglie di immigrati – interi nuclei di famiglie siciliane sfrattate dal loro ambiente e che non hanno ancora trovato giusta collocazione per la loro vita quotidiana.

Un progresso nell’intesa tra popoli legati a tradizioni diverse, con l’inserimento anche sperimentale di nuove colture propedeutiche alle nuove esigenze di mercato e di salute dei cittadini senza snaturare gli elementi rituali e tradizionali che stanno alla base della ruralità del sistema Italia e in particolare della regione Sicilia.

Nuove produzioni in un ambito di nuova impresa cooperativa che rappresenterà una vera start up. Per questa iniziativa è indispensabile avvalersi della consulenza di studiosi del settore agroalimentare e commerciale, con cui portare avanti un progetto fondato su innovazione agricola e di trasformazione.

Il mercato dei cereali e dei prodotti derivati la gamma di alimenti definiti salutistici, il fabbisogno di proteina vegetale e di amidi nei paesi in via di sviluppo, disegnano ambiti globali differenti nella pianificazione di uno sviluppo sostenibile. Pur tuttavia esistono produzioni, tradizioni e utilizzi alimentari che possono e devono essere interscambiabili nelle diverse aree del pianeta, con il vantaggio di arricchire il patrimonio alimentare di ogni area attraverso lo scambio di conoscenze e know-how. La società occidentale registra il bisogno di ampliare le conoscenze del panorama vegetale mondiale, perché alla ricerca di alimenti esenti da glutine o altri nutrienti che contribuiscono ad aumentare la frequenza di intolleranze e squilibri metabolici.

Le parti di mondo sottosviluppate hanno l’esigenza di emanciparsi dalle difficoltà di accesso al cibo per il tramite delle tecniche agricole che sono patrimonio della civiltà occidentale. Il modello di riferimento individuato è quello della Dieta Mediterranea, riconosciuto, come stile di vita, patrimonio dell’Umanità.

SECONDA IPOTESI DI LAVORO:

sviluppare attorno e al centro dei Borghi, i parchi della Dieta Mediterranea, le cui basi culturali, normative e spirituali di partenza sono certamente rappresentate dalle Decisioni UNESCO (2010 e 2013), che riconoscono lo stile di vita dei nostri padri come patrimonio culturale immateriale dell’umanità, e dall’Enciclica “Laudato sì’” di Papa Francesco.

Insieme, l’intera comunità – famiglie, imprese, scuole, parrocchie – può e deve impegnarsi per autopromuoversi come “Comunità della dieta mediterranea e dello stile di vita mediterraneo” condiviso, con strategie, programmi, progetti, impegni coerenti e unificanti. Per rilanciare, in modo sistemico, la filiera agricola e la filiera turistica, a tutto campo il Parco vuole essere propulsore del buon vivere mediterraneo, ispirato al principio millenario di “MENS SANA IN CORPORE SANO”, alla vita all’aria aperta, alla sinergia tra manualità e intellettualità, all’alleanza virtuosa tra valori e gioia, tra tradizione classica (armonia e senso del limite) e creatività contemporanea, tra responsabilità e piacere, allo spirito e alla responsabilità comunitari, all’alleanza tra natura e storia; tra la rete delle comunità civiche dello stile di vita mediterraneo e la rete della mobilità ordinaria e della logistica.

Un progetto maturato attraverso 25 anni di promozione dello sviluppo locale. Il Parco, policentrico e diffuso, si colloca nella Sicilia centrale, coinvolgendo, secondo un percorso a cerchi concentrici.

1- nella prima fase circa 80/100 Comuni

2- ed a regime, circa 150 Comuni.

L’area vasta della Sicilia centrale (100/150 Comuni) necessita e consente di fare rete, fare sistema, fare squadra.  Di ideare, programmare, progettare, organizzare, promuovere, produrre, gestire, controllare l’adeguata massa critica, per realizzare un significativo, robusto impatto economico di sistema. In particolare, sulle due filiere centrali del progetto:

1- la filiera turistica, soprattutto, nella dimensione internazionale;

2- la filiera agricola, agro-alimentare enogastronomica, dove potrebbe collocarsi il progetto agricolo d’inclusione e di integrazione che abbiamo sopra presentato.

Una rete straordinaria di oltre 100 paesaggi locali, scientificamente mappati e normati dall’Assessorato Regionale dei Beni culturali e dell’Identità Siciliana e dalle Soprintendenze: l’eccellenza del paesaggio rurale e pastorale mediterraneo.

TERZA IPOTESI DI LAVORO

Fare dei Borghi il centro di eco-villaggi: un’esperienza già presente in varie realtà siciliane. La Sicilia opportunamente attrezzata e con incentivi fiscali e detassazione potrebbe essere un’oasi per i tanti pensionati dei Paesi del Nord Europa, mettendo in campo facilitazioni come fa il Portogallo.

Le loro ricche pensioni potrebbero dare respiro alla nostra asfittica economia e innestare un circuito virtuoso con uno spazio occupazionale per i nostri giovani. Accogliere inoltre con la stessa attenzione e in uno spirito di fraternità i nuovi e i diversi, dove dovranno trovare accoglienza persone diversamente abili.

L’eco-villaggio è aperto infatti per sua natura a nuove forme di convivenza, tali da poter in parte rispondere all’attuale disgregazione del tessuto familiare, culturale e sociale della condizione postmoderna e globalizzata.

Un laboratorio di ricerca e sperimentazione verso stili di vita alternativi ai modelli socio-economici dominanti che tende al massimo dell’autosufficienza, in modo da soddisfare il più possibile, al suo interno, ogni esigenza dei suoi membri (lavoro, svago, espressione di sé, educazione, bisogni affettivi).: in questo senso, si presta a costituirsi come un modello sostenibile, sul piano economico, sociale ed ecologico (uso di energie rinnovabili e tecnologie appropriate, difesa dell’ambiente e dell’economia locale…).

Queste tre ipotesi di lavoro (riqualificazione dei Borghi, creazione dei parchi della dieta mediterranea, maggiore sviluppo degli eco-villaggi), che possono vivere di vita autonoma o intrecciarsi, hanno una finalità comune: realizzare una struttura sociale basata sulla solidarietà, con attività pratiche legate alla progettazione ecologica.

Modelli insediativi per proteggere i sistemi viventi del pianeta, incoraggiando la crescita personale e sperimentando stili di vita che facilitino l’armonia tra gli esseri umani e la natura. Un’esperienza comunitaria che abbia al centro della propria identità non solo l’aspetto ecologico, ma anche istanze spirituali, educative, sociali.

Una vera e propria rivoluzione culturale e sociale.

Nino Giordano