l calderone della destra che bolle

l calderone della destra che bolle

Deliberatamente non ci siamo occupati subito del caso del generale Roberto Vannacci. Tali le tesi da lui sostenute. Pensiamo che, in casi come questi, sia meglio affidare tutto all’oblio. E’ questo anche un modo per praticare un’effettiva cristiana carità.

Non sappiamo se il caso sia stato creato ad arte. E perché sia finito per occupare le prime pagine dei giornali in questo caldo e arroventato agosto, reso ancora più surriscaldato dal bollente calderone del complesso mondo della destra italiana. Un’ebollizione che nessun coperchio rassicurante, pare, riesca a celare.

Eh, sì, perché dopo la prima sbronza delle immediate dichiarazioni e contro-dichiarazioni, in alcuni casi solo dirette ad aggravare il significato di tesi del tutto strampalate e, persino, contraddittorie con i principi che s’intenderebbero difendere. Com’è nel caso di alcuni che non perdono occasione per dirsi cattolici e che, poi, finiscono con il condividere posizioni razziste, classiste e “machiste”.

C’è chi si è spinto a parlare di censura. Oppure, nel caso dell’onorevole Donzelli, si è sostenuto che “non è compito della politica vagliare la correttezza morale dei contenuti degli scritti”. Ma siamo proprio sicuri che sia così? Almeno, riferendosi alla buona politica e al senso del servizio più pieno da indirizzare verso i cittadini. Quelli che, da chi assume incarichi pubblici, si attendono, ahinoi inutilmente, un tasso di moralità in più. Oltre che più senso dell’opportunità e, persino, d’intelligenza politica? In realtà, chi parla di censura, confonde una cosa molto ovvia: se qualcuno esprime le proprie idee pubblicamente, si apre, anzi, persino sollecita, il giudizio altrui. E non è detto che questo possa e debba essere coincidente o portare ad esprimere un sostegno incondizionato a tutte le corbellerie che si leggono.

Qualcuno, ha criticato il Ministro Crosetto perché intervenuto a ricordare all’ufficiale Vannacci, e con lui a molti altri, che tutti gli uomini dello Stato in divisa che non debbono mai dimenticare come, oltre agli onori, e in questo caso sembra siano stati meritatamente acquisiti dal generale Vannacci, si aggiungono degli oneri in più. Come quello di non coinvolgere, in modo diretto o indiretto, la loro Arma e le altre Forze armate in dispute inutili e, soprattutto, del tutto immotivate. E’ ovvio dire che bene ha fatto il Ministro a sottolineare che si parla di parole espresse non di un semplice cittadino, ma “parole di un generale dell’esercito… E chi è un generale dell’esercito ha sempre una responsabilità in più”.

Ma lasciamo ad altri più competenti queste speculazioni in materia di onori, oneri e diritti. Quel che preme rilevare, ed è questo il motivo di un tale nostro tardivo intervento, è che la questione Vannacci fa emergere tutti i problemi in cui resta la destra. Una situazione speculare a quella dell’altro fonte dove, spesso, tre teste finiscono per formare cinque, sei partiti, gruppi o  organizzazioni. E, così, abbiamo ascoltato le più variegate valutazioni da parte di esponenti di spicco, anche del partito della Presidente del consiglio. Taluni, molto vicini a  Giorgia Meloni, portano a far ritenere che, al di là delle apparenze, esista una vera e propria spaccatura nel “cerchio magico” che la contorna. Probabilmente, esperienze pregresse, impostazione ideologiche, lotte di potere ce lo spiegano.

In continua competizione con Giorgia Meloni, al di là delle dichiarazioni di circostanza, anche Matteo Salvini s’è premurato di fare un passo distante dal collega Crosetto.

E’ inevitabile, allora, interrogarsi su quale sia il pensiero autentico da riconoscere a lei, al suo partito e, persino, al suo Governo. Come in tante altre occasione, lei tace. Men che meno si presta al confronto, realmente aperto e schietto, con la stampa. Trapelano solamente voci attribuite a Palazzo Chigi: starebbe con Crosetto perché non può permettersi una scivolata d’ali compromettente agli occhi di Bruxelles. Ma, intanto, si sa che tanti suoi stretti fidati alleati la pensano come il generale e a poco serve a distrarre gli italiani con il mettersi a cucinare i granchi blu come hanno fanno lei e il Ministro Lollobrigida, mentre ben altro bolliva in pentola.

Potremmo fare dei paragoni estremi, e riferirci a situazioni simili del passato, ma ce ne asteniamo timorosi di creare ulteriori polemiche, ed inevitabili levate di scudo. E invitare, così, alla lettura della profonda e dettagliata parte del professor De Felice quando parla della prima esperienza di Mussolini al Governo, ma non ancora Duce. E cioè parlare di una destra che non sa se vuole essere di battaglia o di Governo. Ma quei tempi sono archiviati ed anche il complesso quadro internazionale dovrebbe spingere alla scelta. E questo significa non coltivare a lungo, come fece il Duce, la politica dell’ambiguità e della doppiezza le quali non furono solo patrimonio di Togliatti. E scegliere per tempo, a costo di accettare l’idea che nasca un altro, ennesimo partito della destra.