La maggioranza e il sovranismo

La maggioranza e il sovranismo

Parliamo di Antonio Tajani, Ministro degli Esteri, nonché vice-Presidente del Consiglio dei Ministri. Uomo dabbene e politico paziente.

Nella recente intervista, rilasciata ai maggiori quotidiani, Giorgia Meloni ha sostanzialmente sostenuto che i provvedimenti più delicati – così almeno quello relativo agli “extra-profitti” delle banche – è bene farli a sua insaputa.
Anzi, il fatto che non lo sappia Tajani sembra essere la condizione perché vadano a buon fine.

Eppure è persona compassata e seria. Non ha per nulla le sembianze del chiacchierone. Non è brillante, spavaldo e baldanzoso come il suo mentore, ma, da buon cireneo, porta pazientemente la croce della sua pesante eredità. E non sfigura. Anzi!

Sta portando Forza Italia a quel tratto di “normalità” che non è detto non faccia bene al partito, al di là di ogni pronostico di segno contrario. Insomma, onestamente non si può credere che il problema sia quel buon uomo di Tajani.

Va riconosciuto che nella “prima repubblica”, in quanto a tenuta, lealtà e correttezza dei rapporti di coalizione, sarebbe successo di peggio anche per un semplice starnuto. Al contrario, il capo della nostra diplomazia si mostra all’altezza del ruolo ed incassa la botta da signore. Occhio non vede, cuore non duole.

Se ne dovrebbe dedurre, a tal punto, che il problema sia piuttosto la stessa Giorgia. Giustamente “innamorata”, se così si può dire, del suo ruolo, secondo la passione politica che la accompagna da una vita, ma a rischio, forse sospinta da troppi adulatori, di andare un attimo sopra le righe. Rivendicando – “commander in chief – un leaderismo decisionista ed autoreferenziale, che, forse, in un governo di coalizione vorrebbe forme più pacate e toni più rotondi.

La Meloni non dovrebbe dimenticare che talvolta prove di forza volutamente plateali sembrano, piuttosto, segno di una qualche temuta debolezza. Insomma, “gatta ci cova” ed i rapporti tra le forze di maggioranza, sotto la crosta di una scontata compattezza, non sono forse così fluidi e cristallini, come si vorrebbe far credere.

Parrebbe che l’equilibrio interno si stia assestando su una dorsale “nazional-sovranista” Meloni-Salvini che è difficile dire quanto giovi a quest’ultimo. Sicuramente non giova all’ Italia ed alla specchiata chiarezza con cui dovremmo proporci in Europa in vista dell’ appuntamento elettorale del prossimo mese di giugno.

CV