Il deficit resta – di Antonio Mascolo

Il deficit resta – di Antonio Mascolo

Il Consiglio dei ministri ha approvato il D.e.f.  (Documento di Economia e Finanza) per l’anno 2023. Esso è diviso in tre diverse sezioni che sono le seguenti:

  • Programma di stabilità che contiene il patto di stabilità e crescita. In esso si distinguono i seguenti due aspetti:
  1. Il Quadro tendenziale “che incorpora le previsioni di finanza pubblica a legislazione vigente”;
  2. il quadro programmatico “che sconta gli effetti delle misure di finanza pubblica che il governo intende adottare con il disegno della legge di Bilancio”.
  • Conto economico della Pubblica amministrazione dell’anno precedente. Questa sezione che contiene i conti dello Stato pone in risalto ed evidenzia gli “scostamenti dell’economia con gli obiettivi programmatici;
  • Schema del programma nazionale di riforma si sofferma sugli obiettivi raggiunti sulla base delle riforme attuate, comparando quanto è stato raggiunto con quanto programmato.

Il Def 2023 del Governo in carica prevede varie  misure tra cui le più importanti sono:

1) riduzione delle aliquote Irpef; 2) bonus Ires dal 2024; 3) taglio delle deduzioni e detrazioni fiscali (non subiranno variazioni tuttavia le detrazioni e deduzioni riguardanti la sanità, la famiglia, le scuola e la casa); 4) aiuti contro il caro inflazione; 5) andamento del PIL che dovrà crescere nella seguente modalità: dell0 0,9% nel 2023 (le ultime previsioni parlano di una crescita del PIL del 1.2%, mentre la previsione del Governatore della Banca d’Italia è per una crescita del 1.3% nel 2023); 1,4% nel 2024; del 1.3% nel 2025; 1,1% nel 2026; 6) taglio del cuneo fiscale;7) vengono ribaditi e non modificati gli obiettivi di indebitamento netto tendenziale: – 4,5% nel 2023; -3.7% nel 2024; -3% nel 2025 e – 2,5% nel 2026. Programma di difficile attuazione per i vincoli di bilancio e per quasi certa mancanza di ulteriori aggiuntive risorse finanziarie.

Variazione del Def 2023 rispetto alla Nadef (Nota di Aggiornamento del Documento di Economia e Finanza) 2022

Riporto quanto scritto nel mio articolo del 20/12/2023 “L’aggiornamento del quadro macroeconomico e il problema del debito pubblico”

Al fine di trattare il Def 2023 del Governo Meloni, richiamo brevemente la Nadef  presentata dal Governo Draghi e poi rivista e aggiornata dal Governo in carica.

La Nadef approvata dal Governo Draghi prevedeva a livello tendenziale quanto segue:

  • La crescita del PIL del 3,3% rispetto al 3,1%, programmato del Def, per il 2022 e dello 0,6% per il 2023;
  • Il deficit tendenziale di bilancio per il 2022 al 5,1% rispetto al 7,2% del 2021 e al 5,6% del quadro programmatico del Def di aprile 2022.
  • Per il 2023 l’indebitamento netto tendenziale era previsto del 3,4% rispetto al 3,9% programmatico DEF;
  • Il rapporto debito/PIL al 145,4% per l’anno 2022, del 143,2 per il 2023, del 140,9% per ilo 2024 e 139,3 per il 2025.

Nadef rivista e aggiornata del governo meloni

A settembre i parametri economici erano positivi e indicavano una economia in crescita, che risultava rinforzata dalle riforme già fatte e/o in cantiere necessarie per ottenere le rate del PNRR. Con questa situazione il quadro economico del nostro Paese, se non fosse stato influenzato dalla crisi energetica derivante soprattutto dalla guerra tra Russia e Ucraina, dall’inflazione crescente ecc…, era predisposto ad assicurare nei prossimi anni una crescita stabile e duratura.

Il nuovo Governo della Repubblica Italiana insediatosi dopo  le elezioni e guidato da Giorgia Meloni, il 4 novembre ha rivisto e integrato la Nadef presentata da Mario Draghi, aggiornando, in riferimento al quadro macroeconomico tendenziale e al quadro di finanza pubblica, il quadro programmatico di finanza pubblica per il triennio 2023-2025 (fonte Camera dei deputati.it).

Il Governo Meloni, con la rivisitazione della Nadef approvata dal Governo Draghi ha aggiornato “non solo il quadro macroeconomico programmatico il 2022-2025 ma anche la previsione tendenziale su cui esso si basa (Nadef – Versione rivista e aggiornata e presentata dal P.C.M. Giorgia Meloni e dal Ministro dell’Economia e delle Finanze G. Giorgetti).

Secondo le dichiarazioni del Presidente del Consiglio dei ministri Giorgia Meloni e del Ministro di Economia e Finanza G. Giorgetti è stato necessario rivedere e integrare la Nota di aggiornamento del Governo guidato da Mario Draghi, in quanto il quadro economico a novembre era mutato nei confronti del mese di settembre, con un miglioramento del PIL dell0 0,5% che portava la crescita del Pil per l’anno 2022 dal 3,3% al 3,9% (Antonio Mascolo – L’aggiornamento del quadro macroeconomico e il problema del debito pubblico – politicainsieme.com 20/12/2022(CLICCA QUI).

La situazione ad oggi prevede un miglioramento nella crescita economica e in particolare per il PIL e per l’export.

La crescita prevista dello 0,6% del Pil per l’anno 2023, è stata aggiornata dall’Istat per il 2023 all’1.2% e nel 2024 del 1,1%. Una recente dichiarazione del Governatore della Banca d’Italia pone la crescita del Pil italiano all’1.3%.

La Nadef del Governo Meloni (come da aggiornamento della Nadef del Governo Draghi, presentata in settembre 2022) presentava un previsione del Pil pari allo 0,6% per l’anno 2023, allo 0,4% per l’anno 2024 e 0,2% per l’anno 2025”.

Il differenziale tra quanto prevista dalla Nadef 2022, dal Def 2023 e la rilevazione ISTAT del 06 giugno 2023 riguardante ”Le Prospettive per L’Economia Italiana nel 2023 -2024”  rileva una crescita non costante in quanto “i segnali incoraggianti” trovano comunque un limite nell’effetto inflazione, nell’effetto dovuto all’aumento dei tassi di interesse causato dagli interventi delle Bce, della Fed e delle Banche Centrali nonché dal maggiore debito pubblico formatosi con gli scostamenti di bilancio causati  dai governi della Repubblica Italiana che hanno preceduto il Governo di Mario Draghi…ecc…

In tema di crescita economica così come indicata dal Governo in carica, Ferruccio De Bortoli così scrive:”L’attuale buona, e per “certi versi inattesa congiuntura …- rischia solo di essere un fuoco di paglia”. “Questa consapevolezza dovrebbe indurre tutti – in un grande afflato di solidarietà nazionale – a non perdere nemmeno un briciolo di tempo nel dar corso ai progetti del Pnrr”. (Articolo del Corriere della Sera di lunedì 19/06/2023 – Inserto “L’Economia” – a firma di Ferruccio De Bortoli e dedicato al Pnrr)

I finanziamenti del Pnrr, sia a fondo perduto e sia a prestito, darebbero un impulso concreto per il miglioramento finanziario dei conti pubblici, e darebbero,  con le riforme conseguenti all’attuazione del PNRR, consistenza ad una crescita economica (direi meglio economico-sociale) non temporanea ma duratura e strutturale .

Inflazione

Al Forum delle Banche Centrali di Sintra (Portogallo), organizzato dalla Bce, è emerso che il tasso di inflazione ha difficoltà a scendere e posizionarsi su quel 2% che rimane l’obiettivo ottimale di lievitazione dei prezzi per sostenere la produzione e la relativa domanda per il consumo dei beni e servizi, cosa che assicurerebbe la crescita dell’economia in termini di incremento della ricchezza reale.

Questa situazione di difficile rientro dell’inflazione verso la misura su indicata è stata definita dalla Vice Presidente del Fmi come una “verità scomoda” che significa “tollerare un periodo di inflazione più alto rispetto al 2% (che è il target ottimale), per evitare che le manovre delle Banche Centrali sui tassi di interesse e sul loro aumento, possano causare una crisi finanziaria”.

E’ una questione di equilibrio che è necessario raggiungere attraverso aumenti successivi dei tassi al fine di controllarne gli effetti, tali da non ingenerare una crisi finanziaria dalle conseguenze non prevedibili con possibili crisi di default di banche e imprese. Fallimento delle imprese e degli istituti bancari che sarebbe generato dall’ insolvenza delle banche, in conseguenza delle richieste di azzeramento dei conti da parte dei risparmiatori-depositanti, tra cui soprattutto quelle di livello regionale che sono le prime e le più esposte alla possibile corsa dei risparmiatori a ritirare i loro risparmi.

Il pericolo maggiore di incorrere in default lo corrono le banche di tipo “Universale” (vedi legge bancaria italiana del 1993) e cioè le banche che possono investire la provvista dei fondi, formatasi con i depositi bancari, in operazioni di investimento a breve, medio e lungo termine. Sull’argomento vedi precedenti articoli “Crisi bancaria e inflazione: una proposta per una nuova regolamentazione 1) e 2) del 25 e 26 aprile 2023 –CLICCA Qui eQUI

I Paesi più esposti alla possibile crisi finanziaria, conseguenza delle manovre di politica monetaria delle Banche Centrali (Fed, Bce,…), sono quelli con più alto debito pubblico. Tali Paesi si troverebbero a dover sostenere una crescente spesa per interessi che farà lievitare sempre di più il debito pubblico, creando le condizioni per una stagnazione e/o recessione economica.

Ecco la situazione la situazione dell’aumento dei tassi della Fed e della Bce nell’anno 2023:

Fed:

  • dal 4,75 al 5% nel mese di aprile;
  • dal 5% al 5,25% nel mese di maggio;
  • dal 5,25 % al 5,75% previsione di giugno (non realizzata perché la FED ha deciso di sospendere la stretta monetaria).

Bce:

  • dal 3,25% al 3,50% ad aprile;
  • dal 3,50 % al 3,75% a maggio;
  • dal 3,75% al 4,00%% a giugno.

Tali aumenti dei tassi delle Bce e della Fed trovano giustificazione, secondo J. Powel e C. Lagarde, nel tasso di inflazione su indicato che ripeto è attualmente nell’Eurozona del 6,1% per l’indice generale e del 5,3% per l’inflazione di fondo o “inflazione core” (non considerando i beni alimentari e quelli energetici).

L’azione degli aumenti dei tassi di interesse decisa e voluta dalla FED e dalla BCE e dalle altre Banche Centrali, va continuamente monitorata e tenuta sotto controllo per evitare i rischi di natura finanziaria che potrebbero provocare una recessione economica a seguito dei possibili default delle banche, a cominciare dagli istituti regionali che sono i più fragili e “i più esposti ad irrigidimenti monetari”.

L’inflazione ancora persistente nell’Eurozona sul 6,1%, l’inflazione core (non considerando i beni alimentari e quelli energetici) al 5,3%, ha innescato un dibattito se le Banche Centrali dovessero ancora insistere con le manovre sui tassi di interesse per raggiungere l’obiettivo del 2%, oppure fermarsi e così allungare il tempo di rientro verso l’obiettivo prefissato.

Durante il Forum Sintra delle Banche Centrali,  la Vice – Presidente del F.M.I. Gita Copinagh, rivolgendosi ai Presidenti delle Banche centrali, ha ripetuto quelle che lei stessa definisce le tre “verità scomode”. Tali verità sono le seguenti:

  • La prima è che l’inflazione, nonostante gli interventi sui tassi di interesse, fa fatica a ritornare a quel 2% che è definita la sua percentuale “obiettivo”. I banchieri centrali dovranno insistere ad agire sui tassi di interesse;
  • La seconda è che considerato che le manovre sui tassi di interesse comportano un rischio di natura finanziaria, sarebbe necessario ed opportuno operare per un ritorno più lento “agli obiettivi di inflazione”, e quindi si dovrebbe mantenere il livello dei prezzi ad un tasso di inflazione superiore a quello programmato evitando così i continui interventi delle Banche Centrali. La stessa Vice – Presidente G. Gopinath ha auspicato la ratifica del Mes (Meccanismo Europeo di Stabilità) in modo da poter affrontare eventuali crisi finanziarie;
  • La terza verità si basa sulla considerazione che per il futuro i prezzi saranno più alti a livello strutturale, e quindi avremo una inflazione più alta e pertanto dovremo abituarci a tenere anche i tassi di interesse a un livello superiore a quello che eravamo abituati ad avere.

La Presidente della Bce Christine Lagarde e Jerome Powell presidente della Fed hanno dichiarato che per l’immediato ritengono di portare i tassi a livelli “sufficientemente restrittivi” e mantenerli per “tutto il tempo necessario” al fine di controllare attraverso la politica monetaria “la persistenza” dell’inflazione. Operazione delicata in quanto dovranno ottenere il raffreddamento dell’inflazione senza causare la temuta crisi finanziaria e il pericolo di una stagflazione o recessione. Recessione già verificata nell’Eurozona e nello specifico in Germania che attualmente si trova in recessione tecnica.

Pnrr

Per quanto riguarda il PNRR, il Governatore della Banca d’Italia ha dichiarato che i miglioramenti chiesti dal Governo italiano sono possibili, ma il nostro Paese deve rispettare gli accordi con l’Ue e soprattutto attuare le riforme richieste per l’attuazione del Pnrr nel più vasto Recovery Fund,  Next Generation Ue.

All’Italia, così come scritto nella relazione annuale di Bankitalia, sono stati già versati dall’Europa 66,9 miliardi (37,9 di prestiti e 29,00 di sovvenzioni a fondo perduto). Tale somma rappresenta il 35% circa dei 191,5 miliardi di euro destinati all’Italia dal Next Generation Ue.

Salvo modifiche al Piano, per il 2023 “i traguardi e gli obiettivi sono 96, di cui 70 riguardano gli investimenti e per questi traguardi e obiettivi, all’Italia sono dovute due rate semestrali pari a 16 e 18 miliardi di euro” (Fonte: Bankitalia).

L’inflazione comunque ha lievitato i costi degli investimenti e degli obiettivi, aumento che è stato calcolato intorno al 10%, con punte più rilevanti per la transizione ecologica e per la costruzione di infrastrutture.

A chiusura di questo scritto faccio rilevare che la crescita dell’1,2%, sullo 0,6% previsto, è positiva  ma comunque ben poca cosa nei riguardi di un deficit di bilancio che rimane e si riduce di poco; deficit che va ad aumentare il pesante debito pubblico esistente a cui si aggiungono circa 189 miliardi (erano 154 miliardi in febbraio 2021) degli scostamenti di bilancio dei governi che hanno gestito la pandemia, escluso il governo Draghi che ha ottenuto risultati anche migliori senza i suddetti scostamenti, per  interventi e aiuti diretti alle famiglie e alle imprese, per l’immissione di liquidità nel sistema economico, per interventi in campo sanitario al fine di affrontare e contenere la pandemia da Covid 19, per creare le condizione di crescita economica, crescita già rilevata nella Nadef di settembre 2022 e per la gestione del Pnrr.

Antonio Mascolo