Rai, addio mia bella addio – di Giuseppe Careri

Rai, addio mia bella addio – di Giuseppe Careri

A Lucia Annunziata ci sono voluti tre giorni per scrivere le sette righe di dimissioni irrevocabili inviate all’Amministratore Delegato della Rai Roberto Sergio. Nella mail, inviata nello stesso giorno delle nomine dirigenziali dell’emittente pubblica, Lucia Annunziata ha scritto: “Non condivido nulla dell’operato del Governo né sui contenuti né sui metodi. In particolare le modalità dell’intervento sulla Rai”.

La dimissioni di Lucia Annunziata, conduttrice nella fascia pomeridiana di Mezz’ora in più, in onda la domenica, seguono di poche ore quelle dell’”artista” Fabio Fazio e  Luciana Lillizzetto che “emigrano” con armi, bagagli e un nuovo stipendio, in direzione dell’emittente televisiva Discovery.

Le dimissioni dei due conduttori televisivi nascono per le nomine decise dal Consiglio di amministrazione dove spicca certamente quella di Gian Marco Chiocci, ex direttore di Adnkronos, che prende il posto di Monica Maggioni alla conduzione del Tg1; secondo fonti di organi di stampa, la nomina di Marco Chiocci alla guida del Tg1 è stata fortemente voluta dalla Presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Al Tg2 arriva una figura interna, Antonio Preziosi; al Tg3 conserva la poltrona Mario Orfeo, così pure è confermato alla guida di Rai News 24 Paolo Petrecca.

Dato il momento elettrizzato delle nomine, girano voci di altre uscite famose, una delle quali alquanto fantasiosa, di Amedeus intenzionato di lasciare la Rai e il Festival di Sanremo del prossimo anno. Ma la Rai ha già smentito la voce. Così pure, ci potrebbe essere un prossimo addio di Corrado Augias, bravissimo autore di trasmissioni cult ma con un’età avanzata, 88 anni, che richiede un meritato riposo.

Naturalmente la vetrina della Rai fa gola a molti giornalisti e professionisti dell’immagine. Sono quindi scattati già i rumors su chi sostituirà i due conduttori dimissionari. Per Annunziata si parla di Monica Maggioni o  di Antonio Di Bella, già in pensione, mentre per la rubrica di Fabio Fazio ancora non ci sono nomi significativi. Naturalmente nel consiglio di Amministrazione c’è stata battaglia anche per le nomine delle altre direzioni in palio, quella del direttore del Prime time, del Day time, e poi quelle degli approfondimenti.

Infine le nomine di Rai Parlamento, direzione Cinema e serie Tv, questi ultime due assegnate a professionisti vicini al movimento 5 Stelle.

Conclusa la “spartizione” delle varie direzioni giornalistiche e culturali, sono iniziate le polemiche tra i diversi partiti di Governo e opposizione sul ruolo del servizio pubblico e della sua Governance. Per anni si è dibattuto sulla necessità di rendere indipendente la Rai dal potere dei partiti. Invano!

Le nomine del Servizio Pubblico sono di competenza dell’esecutivo, per cui ad ogni elezione politica, ad ogni cambio di maggioranza, corrisponde in automatico lo Spoil System, il cambio di casacca e di poltrone dei dirigenti che appartenevano in precedenza alle opposizioni.

Per la verità sono gli stessi politici che periodicamente si ribellano a questa occupazione della Rai Pubblica da parte dei partiti, anche se, spesso, solo a parole. In passato, Luigi Di Maio, uno dei fondatori del Movimento 5 stelle, quando il suo gruppo era ancora all’opposizione dichiarò: “Fuori i raccomandati dei partiti dalla Rai” in risposta del quale il giornalista e scrittore Carlo Verdelli, nel suo libro Roma, scriveva: ““loro sì che hanno liberato il servizio pubblico: dagli altri”!

A Mamma Rai, alla sua antenna e ai suoi trasmettitori in bianco e nero, e poi a colori, si sono avvicendati, da sempre, tutti i partiti dell’arco costituzionale a partire dalla nascita della Televisione negli anni 50/60. La Democrazia Cristiana, all’epoca partito di maggioranza, fu la prima a issare la bandiera sul pennone più alto della TV fino agli anni della prima riforma del 1975/76. Nel periodo del Centro Sinistra, anno 1962, si aggiunsero prima i socialisti di Nenni, poi i socialdemocratici di Tanassi e quindi dei repubblicani. Infine, per non scontentare nessuno e avere un proprio “uomo” dentro l’emittente pubblica, Mamma Rai ha fatto salire sul suo cavallo i Liberali di Malagodi e persino qualche bandierina dei missini di Giorgio Almirante, per arrivare trionfanti al traguardo finale con la Lega di Umberto Bossi e il Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo. Per molti italiani dei primi anni 60, La Rai pubblica ha rappresentato un’ancora di salvezza necessaria ai cittadini per emanciparsi, conoscere la lingua italiana, altre città e altre culture che nella vita di molti di noi non avevano mai conosciuto.

La Rai, lo diciamo da sempre, deve essere affidata solo a professionisti riconosciuti e non a giornalisti “messaggeri” di questo o quel politico. Occorre libertà di pensiero e, soprattutto, una legge che liberi finalmente la Rai dai partiti approvando in Parlamento una nuova Governance al servizio esclusivamente dei cittadini. E’ un atto dovuto, anche per non dare alibi, in futuro, a chi decide di dire addio al servizio pubblico della Rai.

Giuseppe Careri