La vicenda Calenda, il centro, e l’agenda Draghi – di Giancarlo Infante

La vicenda Calenda, il centro, e l’agenda Draghi – di Giancarlo Infante

(pubblicato su www.politicainsieme.com)

La vicenda Calenda ci dà l’occasione anche per precisare la linea che da anni stiamo seguendo e che potrebbe, finalmente, vedere la nascita di una posizione altra rispetto al centrodestra e al centrosinistra. Siamo consapevoli che ciò dovrebbe avvenire nelle condizioni peggiori a causa di un sistema elettorale che favorisce il contrario di quello che oggi sarebbe necessario. Continuiamo a dire che non abbiamo bisogno d’impoverire  il dibattito tra due soli poli. Coalizioni meramente elettorali, esclusivamente impegnate nella ricerca anche della più piccola porzione dei votanti con l’ingente costo di mettere assieme tutto e il contrario di tutto.

Non è affatto vero che si “vince” solo se si fa parte di un caravanserraglio. Bisogna intendersi sul quel “si vince” e  bilanciarlo con la serietà con cui ci si presenta dinanzi al corpo elettorale. Noi restiamo convinti della necessità di fare il primo passo, per quanto esso possa essere piccolo, per l’avvio del superamento del sistema bipolare che ha aggravato il peso della partitocrazia la quale occupa tutti gli spazi istituzionali con la logica di una spartizione spietata e selvaggia e del tutto estranea ad ogni valutazione della competenza e della qualità del servizio offerto. Anche la Rai è stata ridotta ad una serie di feudi , come oggi ci appare in maniera esplicita e vergognosa nel corso di questa campagna elettorale.

Guardando al metodo utilizzato della destra e della sinistra possiamo proprio dire “questa o quella per me pari sono” senza alcun timore si apparire qualunquista. Entrambe concorrono a smentire ogni principio della democrazia sostanziale che dovrebbe vedere ruotare tutto attorno ad un’idea di Paese su cui gli italiani potrebbero confrontarsi.

La destra promette che chissà cosa farà. Attese già mirabolanti. E in questo non manca il ritorno di Silvio Berlusconi. Quella della sua prima fase di trent’anni fa quando ci promise un milione di posti di lavoro e, poi, sottoscrisse il “contratto con gli italiani” e, poi ancora, ci fece balenare le tre “I”: Inglese, Internet, Impresa. Ne resta solamente quell’inglese maccheronico che usiamo solo noi italiani che oramai impazza su tutte le emittenti e, ahimé, anche in leggi e disposizioni pubbliche, oltre che sui manifesti pubblicitari.

Un discorso a parte meriterebbe Giorgia Meloni che continua a dimenticare come un eventuale suo Governo  si troverebbe la strada già tracciata da quello di Mario Draghi e dagli accordi stipulati con l’Unione europea per il Pnrr. Si troverebbe, nei fatti, a gestire tutta la politica che ha contrastato nel corso dell’ultimo anno e mezzo sapendo che quella, e solo quella, può applicare ed implementare. L’Agenda Draghi resterà nei tempi a venire, e a lungo, il Convitato di pietra. Ne vedremo, insomma, delle belle. Soprattutto se l’inconsapevolezza continuasse ad animare quelli già presi dall’ebrezza della vittoria certa.

Io personalmente credo che Enrico Letta abbia sbagliato molto. Non c’è stato di necessità che esenti dalla chiarezza e dalle scelte lungimiranti. Anzi! Che il rapporto con i 5 Stelle fosse male impostato è bastato poco a capirlo e l’intestardirsi a trasformarlo, addirittura, in una vera e propria alleanza è stato un errore di prospettiva ancora più grave. Al fondo delle scelte di Letta sta la cosiddetta, infausta, vocazione maggioritaria del Pd incapace ad uscire dagli schemi del secolo scorso e a capire che in una società come la nostra, tra l’altro piena di contraddizioni, non serve più a nulla uno schema politico piramidale e bisogna avere il coraggio di coltivare la rete accettando di misurarsi con la sua viscosità e con la durezza dei nodi che la formano. Ignorare la complessità del corpo sociale e quel fitto reticolo di pensieri, sentimenti, stati d’animo e aspirazioni che lo animano è il principale “peccato” che la struttura di potere dei democratici fa commettere da troppo tempo  ai  leader del Pd.

Emblematico il rapporto con i cattolici. Giocato tutto su di un crudo “do ut des” i cui risultati saranno anche quelli positivi del sostegno a tanta attività sociale e caritatevole, ma con il costo d’ignorarne l’ampiezza del sentire. In particolare, per quel che riguarda il ruolo della Persona, che per loro non è la sola dimensione dell’individuo, e della famiglia, non riducibile solamente al formale unirsi di due persone sotto un profilo legale ed economico, ma che investe una quantità enorme di sentimenti e di propensioni, a partire da quello alla natalità. Cosa per cui  i democratici hanno fatto veramente poco. Ma a ben guardare molto di tutto ciò è frutto della mentalità bipolare che anche il Pd ha coltivato e sostenuto. E con ciò facendo, trovando più conveniente trasformarsi in un partito radicale di massa, ha finito per spingere stuoli di cattolici nell’astensionismo o nella braccia della destra.

I punti principali su cui si devono valutare i posizionamenti in vista delle prossime elezioni riguardano necessariamente l’Agenda Draghi, lo ripeto ancora una volta, magari aggiungendoci un tasso in più di solidarietà e d’inclusione, e l’avvio di una presenza nuova che cominci a scardinare un sistema politico di cui l’Italia, se vuole tornare a crescere e ad essere un paese decoroso, deve liberarsi.

Tra poche ore, vedremo quali saranno gli schieramenti definitivi. Chi crede in un autentico processo di rigenerazione dovrebbe utilizzare anche il più piccolo spiraglio per partecipare in modo alternativo a questa destra e a questo centrosinistra. Tante posizioni distanti possono essere superate lavorando attorno a pochi punti e accettando anche delle differenze su taluni aspetti (noi con Calenda avremmo avuto comunque molto da discutere), ma sapendo che, oggi, la questione di fondo per il bene del Paese è quello di fare in modo di creare le premesse per l’uscita dal pantano in cui è sfociato l’ultimo trentennio.

Giancarlo Infante