Salvare Di Maio

Salvare Di Maio

Quando il ciclismo su pista andava ancora di gran moda, a tutti anni ‘60 – a Milano sull’anello in legno del mitico Vigorelli – una delle specialità che si correvano era quella degli “stayer”. Una moto molto particolare, concepita apposta per la pista, era equipaggiata di un rullo posteriore cui il ciclista avvicinava la ruota della bici, così da godere di un efficace traino. Si potrebbe regalarne una al Sindaco di Milano che frequenta Di Maio – pare da qualche tempo prima della scissione dei 5 Stelle – e potrebbe fargli da “stayer” nella corsa elettorale. Sempre che il Nostro poi sappia tenere la ruota, che non è una cosa semplicissima… Insomma “Salvate il soldato Di Maio..”.

Il Ministro degli Esteri sembra essere oggi, prima che un caso politico, un caso umano. L’hanno compreso bene a Piazza del Nazareno dove, con un occasionale colpo di genio, dovendo fare di necessità virtù, hanno pensato come si potessero prendere due piccioni con una fava. Ecco finalmente – devono essersi detti nel gruppo dirigente del PD – cosa farne dei sindaci…! Ne facciamo uno scudo umano per Di Maio…! Ed è nata l’idea di una sorta di lista civica nazionale che – per certi aspetti, sfidando l’ossimoro – prenda a balia il mite Di Maio. Il quale, da quando è comparso sulla scena, ne ha fatte e ne ha dette più di Bertoldo….eppure la sua parte l’ha fatta… Si tratta di sapere quale e perché.

In politica una delle cose peggiori è arrivare al “tackle” fuori tempo. Può succedere in due modi: o con troppo anticipo o in ritardo. Nel primo caso si rischia la caviglia dell’ avversario, nel secondo caso la propria. Qualche commentatore azzarda l’ipotesi che Di Maio non sia del tutto – e, ben inteso, involontariamente – immune da qualche responsabilità nell’ avvio del percorso che ha condotto alla nefasta caduta del governo. Forse Di Maio era più avanti di tutti e non si è accontentato di proteggere Draghi dalle insidie dei suoi. A tal fine, con oltre sessanta parlamentari, avrebbe, forse, più efficacemente condotto la sua battaglia restando nel partito. Ha forse pensato, invece, di giocare, d’anticipo ed intestarsi una sorta di operazione “Draghi forever”, proiettata oltre il ‘23, setacciando subito il campo per allineare i “draghiani” DOC, ben prima che altri si illudessero di poter mettere il cappello su Palazzo Chigi.

Senonché – eterogenesi dei fini – come un novello Ulisse, non ha fatto il conto con il sacco dei venti che i suoi compagni hanno aperto scatenando una tempesta che ha impedito un approdo  ormai in vista e che sarebbe stato raggiunto, se non avesse ceduto all’ impazienza ed al piacere del protagonismo.