Regno Unito: sei anni di bilancio (negativo) della Brexit

Regno Unito: sei anni di bilancio (negativo) della Brexit

The Guardian si pone la domanda: ‘Cosa abbiamo fatto?’. Sei anni dopo, il Regno Unito e il costo della Brexit” (CLICCA QUI). Il quotidiano londinese riporta i commenti di alcuni imprenditori che lamentano i danni ricevuti dalla decisione di abbandonare l’Europa e presenta il quadro preoccupante per i britannici delle conseguenze economiche che la Brexit comporta e comporterà.

L’impressione al momento della decisione di uscire dall’Unione – scrive il giornale- era che non ci sarebbero stati svantaggi. Avremmo prosperato al di fuori della burocrazia europea che stava strangolando le nostre aziende con le sue norme. Nel corso della campagna elettorale, gli enormi vantaggi del mercato unico – il libero scambio transfrontaliero, e l’applicazione di standard comuni – non sono mai stati messi in evidenza da che voleva la Brexit e neppure adeguatamente da chi invece in Europa voleva rimanere.

Il Guardian riporta la previsione dell’OCSE  che il Regno Unito registrerà la crescita più bassa all’interno del gruppo dei  paesi del G20, ad eccezione della Russia la cui economia è prosciugata dalla guerra contro l’Ucraina.

L’Office for Budget Responsibility afferma che la Brexit avrà un effetto a lungo termine nel ridurre il PIL del Regno Unito di un pesante 4%,  stima invariata dall’inizio del 2020. Il Financial Times afferma che un tale calo equivale a 100 miliardi di sterline di produzione persa e a 40 miliardi di sterline in meno per le entrate annuali del Tesoro. Il Regno Unito è ora dietro a tutte le altre nazioni del G7 nel ritmo della sua ripresa dalla pandemia, con le esportazioni delle piccole imprese britanniche nell’UE in forte calo.

Jonathan Haskel, membro del comitato per la politica monetaria della Banca d’Inghilterra, composto da nove membri, ha affermato che la Brexit stava “scollegando il Regno Unito dai suoi principali partner commerciali” in un chiaro esempio di deglobalizzazione. Un esperto dell’Imperial College sui modi per migliorare la produttività, nel 2019 Haskel ha avvertito che gli investimenti delle imprese britanniche sarebbero probabilmente indeboliti per diversi anni a causa dell’incertezza legata alla Brexit.

I dati del Center for European Reform mostrano che il voto sulla Brexit ha già depresso la crescita economica. Il “think tank” indipendente ha affermato che alla fine dello scorso anno l’economia era in calo del 5% –  31 miliardi di sterline – rispetto al livello cui sarebbero stato  se il Regno Unito fosse rimasto nell’UE. Di fronte a tutto questo, i più convinti sostenitori della Brexit non ammettono che la Brexit sia stata un errore, ma affermano che non è stata ancora fatta funzionare.

Nella parte sud-occidentale molti agricoltori sostengono che le promesse sulla Brexit siano state tradite, al punto che -scrive The Guardian- si diffonde il senso dell’avvio di una rivolta rurale.

L’industria della pesca – cui era stata promessa una nuova prospettiva di vita fuori dall’UE – è sull’orlo della crisi, con l’aumento dei costi del carburante che rende quasi antieconomico l’attività di pesca, soprattutto perché l’esportazione nell’UE è ora molto più gravosa che in precedenza. I componenti dell’equipaggio di un peschereccio ora guadagnano meno di  3 sterline nonostante il pesce sia a prezzi record.

La scorsa settimana l’amministratore delegato di EasyJet, Johan Lundgren, ha contraddetto le affermazioni del ministro dell’aviazione Robert Courts secondo cui “non è prevedibile” che la Brexit causerà carenze di personale. Lundgren ha ribattuto, infatti, che 8.000 domande di lavoro di cittadini dell’UE sono state respinte dalla sua azienda perché i candidati non avevano il permesso di lavorare nel Regno Unito: “Abbiamo dovuto rifiutare un numero enorme di cittadini dell’UE a causa della Brexit. Prima della pandemia avremmo rifiutato del 2-2,5% per questioni di nazionalità. Ora il 35-40%”.

Lo stato di guerra permanente che il governo di Johnson mantiene con l’UE – accusandola dei problemi causati dallo stesso accordo sulla Brexit che ha negoziato – sta peggiorando le cose. The Guardian fa un riferimento alla scienza del Regno Unito sostenendo che quando il Regno Unito era nell’UE, i britannici hanno svolto un ruolo di primo piano nel programma Horizon che finanziava progetti di ricerca in tutta Europa:” Abbiamo fornito più ricercatori guida di qualsiasi altra nazione europea e abbiamo ricevuto il secondo finanziamento più grande di qualsiasi paese membro”.

CV